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Cari artisti italiani, perché non fate come i Tool?

La band americana ha preferito annullare e non rimandare il tour per restituire i soldi dei biglietti a chi è in difficoltà. «Vincolare i soldi per mesi e mesi non è giusto». Nessun artista di casa nostra vuole fare altrettanto?

Foto: Aditya Chinchure/Unsplash

Quando sono entrati in vigore i provvedimenti per il contenimento del Covid-19 negli Stati Uniti, i Tool avevano appena iniziato il tour di Fear Inoculum. Come molti altri artisti, hanno pensato in principio di rimandare i concerti in autunno. Col passare dei mesi, hanno compreso come tutti che recuperare le date in ottobre o novembre sarebbe stato impossibile. A quel punto hanno fatto una scelta controcorrente, dettata da motivi etici: al posto di rimandare di un anno i concerti come stanno facendo altre band, obbligando i fan a usare i biglietti relativi al tour 2020 per gli show del 2021, hanno cancellato le date. La scelta permette loro di restituire i soldi agli acquirenti.

«Mentre lavoravamo per riprogrammare il tour, abbiamo letto i vostri messaggi», scrive la band sui social. «Parlavate di posti di lavoro persi, di malattia, di stress emotivo e finanziario. Avremmo potuto posticipare o riprogrammare le date al 2021, ma non pensiamo sia la cosa giusta dal punto di vista etico. A nostro avviso, vincolare i soldi dei fan per mesi e mesi, se non per un anno intero, è ingiusto. Ecco perché abbiamo preso la difficilissima decisione di cancellare il tour, in modo da dare un aiuto ai fan che ci hanno sostenuto per anni».

Se i Tool avessero riprogrammato il tour, i biglietti comprati nel 2020 sarebbero stati validi per il 2021, un fatto del tutto ragionevole e previsto dalle leggi sia americane che italiane. La band è voluta andare oltre quanto previsto dalla legge nella convinzione che non tutti i rapporti siano riconducibili a meccanismi di tipo economico o legale. Cancellando le date previste da marzo a giugno 2020, ora possono restituire quanto speso dai fan, permettendo loro di usare quei soldi come preferiscono, anche beninteso tenerli da parte per il tour 2021 della band.

Questo accade negli Stati Uniti dove la cancellazione di un concerto porta automaticamente alla restituzione in denaro di quanto speso dall’acquirente, a parte iniziative di organizzatori che, lasciando la sacrosanta libertà di scelta al consumatore, promuovono l’emissione di voucher tramite incentivi economici. In Italia la situazione è diversa. A fronte di spettacoli cancellati, il DPCM di metà marzo dà agli organizzatori la possibilità di emettere voucher di valore pari al prezzo del biglietto più i diritti di prevendita. Sono validi 18 mesi solo ed esclusivamente per i concerti organizzati dallo stesso promoter di quelli annullati, una decisione che ha creato grande scontento: perché devo andare a vedere Céline Dion se ho comprato un biglietto per Paul McCartney?

Nulla vieta agli artisti italiani di fare pressione sugli organizzatori affinché cancellino i tour e restituiscano i soldi dei biglietti. Anche i nostri artisti, insomma, sono nelle condizione di fare la scelta dei Tool. Perché nessuno lo fa? Si dirà: hanno rimandato i concerti per salvaguardare i lavoratori dello spettacolo. La verità è che la scelta di cancellare i tour non è affatto incompatibile con la decisione di fissare nuove date nel 2021, come del resto faranno i Tool, offrendo quindi lavoro ai cosiddetti invisibili dello spettacolo. Nel frattempo, però, chi ha acquistato un biglietto ha la possibilità di utilizzare i propri soldi come meglio crede. Solo i Tool si sono accorti dei fan che hanno perso il lavoro, che si sono ammalati, che si sono impoveriti?

La scelta fatta dai Tool non è facile, ma è dettata dall’idea che un artista intrattenga col pubblico un rapporto diverso da quello che lega un qualunque prestatore di servizi a un acquirente. L’idea, insomma, è che i fan sono consumatori speciali. Che si possono fare le cose giuste, benché difficili, per salvaguardare questo rapporto. Gli artisti italiani non perdono occasione per dire nelle interviste e sui social quanto devono al loro pubblico, quanto tengano alla loro fan base vezzeggiata con nomignoli vari, dagli eserciti dei fan alle famiglie allargate. È in un momento di difficoltà come questo che possono dimostrare che non sono solo parole. Che si possono fare scelte dure in nome di quel rapporto. Nessun altro pensa che «vincolare i soldi dei fan per mesi e mesi, se non per un anno intero, è ingiusto»? Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Cesare Cremonini, Emma, Ligabue, perché non fate come i Tool?

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