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Bruce Springsteen, la voce dell’America dimenticata compie 70 anni

Gli esordi, il successo di 'Born to Run' e la battaglia con la depressione: il nostro omaggio al musicista che per tutta la carriera ha cantato le storie degli ultimi, della parte meno affascinante degli Stati Uniti

Foto: Getty Images

La prima cosa che pensai dopo aver visto lo splendido Springsteen On Broadway fu che persino lui, quella sorta di supereroe della Marvel donato al rock, stesse iniziando ad arrancare. Non che Bruce mi fosse apparso poi così invecchiato, soprattutto se paragonato al novanta per cento delle persone della sua età. Piuttosto, mi era sembrato fragile, un aggettivo che mai avrei pensato di accostare all’autore di Born To Run.

Sì perché, per tutta la vita, avevo guardato a lui tanto come a un paladino della giustizia che come a un essere invincibile, un Bob Dylan con i bicipiti scolpiti capace di suonare per più di quattro ore di fila per un pubblico che ne condivideva appieno gli ideali. Proprio per questo, mi ero convinto che i problemi che affliggevano noi umani non potessero minimamente scalfirlo. Vederlo ingrigito a parlare della propria vita, del dolore legato al rapporto con suo padre e della depressione di cui aveva sofferto per anni, insomma, aveva avuto la capacità di destabilizzarmi. Eppure, più lo ascoltavo raccontare la propria vita su quel palco e più capivo che quelle ammissioni rappresentavano uno dei gesti di forza maggiori che gli avessi mai visto fare.

Pur essendo riuscito per quarant’anni a dare voce agli ultimi, agli uomini comuni e alla parte meno affascinante degli Stati Uniti, Bruce, infatti, non era mai riuscito a parlare di sé in quei termini, con quella consapevolezza. Aveva preferito continuare per la propria strada senza mai guardarsi indietro, senza mai guardare dentro di sé. Di essere nato per correre, Springsteen lo aveva capito molto presto. Una corsa sfrenata iniziata con i cambi continui di abitazione dell’infanzia e interrotti solo quando il padre Douglas aveva deciso di trasferirsi definitivamente in California. Esasperato dal suo rapporto con lui e da quella instabilità, Bruce aveva quindi deciso di rimanere nella sua East Coast.

Il bisogno di esprimersi in un luogo che considerava proprio, in cui sentiva di avere solide radici, lo spinse poi a frequentare la nascente scena di Asbury Park, località di villeggiatura del Jersey Shore nota per la sua vita notturna, fatta di sbronze e interminabili jam session di giovani musicisti del luogo. È proprio lì che nacque la prima incarnazione della E Street Band, il gruppo con cui Bruce sarebbe diventato uno dei simboli della nuova scena rock americana della seconda metà degli anni settanta. Dopo due album fortemente legati alle terre natie e accolti tiepidamente dal grande pubblico, le sue certezze cominciarono a vacillare: per sentirsi davvero libero di esprimersi, Bruce avrebbe dovuto compiere un atto simile a quello che l’aveva portato a staccarsi dai propri genitori pochi anni prima. Di colpo, l’amato New Jersey divenne un luogo da cui scappare, non solo simbolicamente. I moti interiori, uniti alla consapevolezza di essere già giunto ad un bivio decisivo per il proprio futuro, portarono alla nascita di Born To Run, vero manifesto d’intenti, nonché specchio fedele della voglia del giovane artista di andare incontro al mondo.

Se il focus della sua arte era rimasto sostanzialmente lo stesso degli esordi, i riferimenti alla sua terra cominciarono lentamente a diradarsi fino a sparire. Dopotutto, aveva lasciato la famiglia e la sua terra, ma aveva la E Street Band a rappresentare in qualche modo entrambe le cose. Nonostante il successo crescente, però, le inquietudini di Springsteen sembravano non cessare. La sensazione era che dopo aver dato alle stampe un album di enorme successo, Bruce avesse bisogno di dimostrare di non essersi venduto. Al bagno di folla di Born To Run fece quindi seguito un disco intimo e crudo come Darkness On The Edge Of The Town, ma fu solo dopo l’acclamato The River che l’artista mise in atto l’ultimo processo di allontanamento dalle proprie radici, registrando in solitudine Nebraska.

In questo senso, il successivo Born In The USA finì per rappresentare il colpo di grazia per la sua psiche: il successo oltre ogni misura, ottenuto anche grazie al sound più accattivante che fosse mai uscito dalla ritrovata E Street Band, lo rese una divinità, ma allo stesso tempo scisse definitivamente il suo animo. Senza sapere più chi fosse, Springsteen iniziò a brancolare nel buio, tra eccessi di vita mondana, matrimoni posticci, video in rotazione continua e un inevitabile crollo compositivo che rispecchiava appieno il suo stato d’animo. Fece la sua comparsa anche la depressione, male da cui il ramo paterno della famiglia era afflitto da generazioni. Bruce in qualche modo era riuscito nell’intento di fuggire completamente dal proprio passato, finendo per non sapere più chi fosse realmente.

Tuttavia, come nelle migliori storie rock ‘n’ roll, fu proprio in quel momento che l’autore di Glory Days cominciò a rinascere. Recuperati appieno i rapporti con la propria famiglia, Bruce recuperò anche la fiducia in se stesso, dopo anni in cui anche il suo status di songwriter aveva cominciato ad essere messo in dubbio. Nel 1995 si decise a richiamare i vecchi amici di un tempo per la creazione di qualche inedito da inserire nella sua prima raccolta. Qualche anno dopo, un’altra raccolta lo avrebbe riportato definitivamente a casa: tornato a vivere nel New Jersey e di nuovo in giro con l’E Street Band, Bruce era finalmente libero di fare ciò che voleva, sapendo di avere sempre un luogo sicuro cui fare ritorno. Come ammesso proprio sulla scena di Broadway, il ragazzo che era fuggito a gambe levate da casa aveva finito per abitare a pochi passi da dove era cresciuto, trovando il coraggio di ammetterlo a chi l’aveva amato di più: il proprio pubblico.

Proprio per questo oggi, a settant’anni, Bruce si può permettere il lusso di pubblicare un album “pop” come Western Stars e subito dopo di tornare in studio con la sua band per riprendere un discorso iniziato nei primi anni settanta. Apparendo molto più giovane di quando, armato di chitarra acustica e armonica, cercava di convincere quelli della Columbia di non essere il nuovo Bob Dylan.

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