Col suo mix di lingue e stili, Lux di Rosalía ha reso sfumati molti confini che esistono nella musica. È un’opera trasformativa, compiuta, dagli arrangiamenti complessi e se è così, è anche grazie ai talenti che la cantante e i produttori Noah Goldstein e Dylan Wiggins hanno coinvolto nel realizzarla. Il direttore d’orchestra islandese Daníel Bjarnason è stato chiamato a dirigere la London Symphony Orchestra, che è presente in ogni brano, e a ricoprire il ruolo di produttore esecutivo. È uno che in passato ha lavorato con i Sigur Rós, oltre ad avere debuttato nel 2010 con Processions. Le orchestrazioni sono state affidate a Kyle Daniel Gordon, che s’è fatto un nome grazie alle colonne sonore di Oppenheimer e Bridgerton. Tra gli interpreti che affiancano la spagnola ci sono Yahritza della band Yahritza y su Esencia e la portoghese Carminho, oltre naturalmente a Björk e Yves Tumor. Abbiamo chiesto ad alcuni di loro di parlarci del disco (a questo link la nostra recensione).
Daníel Bjarnason (direttore d’orchestra)
«Mi ha sorpreso scoprire che l’orchestra era fondamentale in tutte le canzoni. Non il solito abbellimento, ma una parte integrante dei pezzi. E poi l’audacia con cui l’ha usata… Un buon esempio è offerto naturalmente da Berghain dove prima ci sono degli archi intricati e sfrontati e poi l’orchestra rallenta. Significa che si è disposti a prendersi dei rischi e che non si ha paura di mostrare i muscoli. Quando si parla di dischi pop con l’orchestra di solito si pensa a qualcosa di diverso da Lux».
«Avevano un’idea di quel che desideravano, ma era ancora grezza. E una volta in studio Rosalía e Noah sono stati aperti a tutte le possibilità e disposti a sperimentare con suoni e tessiture. Rosalía è stata coinvolta in ogni singola nota che è stata suonata, è un’artista curiosa, aperta, con una visione chiara di quel che vuole e non vuole. Artisti del genere sono i migliori con cui collaborare».
«Gli archi in Reliquia suonano meravigliosamente bene. Sono soddisfatto di com’è venuta, molte parti orchestrali sono magnifiche. Mio Cristo piange diamanti è forse la mia preferita dell’album, almeno al momento. Amo il crescendo orchestrale di quel pezzo e di Magnolias. Il bello del disco è che non cerca di essere quel che non è. Va in tante direzioni diverse, ma sempre usando il cuore, per così dire. Al centro di ogni canzone ci sono il testo, le voci, l’espressività. Tutto il resto è al loro servizio. Rosalía è riuscita a usare il suono dell’orchestra sinfonica in modo diverso da come lo si fa nel pop. No, queste non sono semplici canzoni pop».
Kyle Daniel Gordon (concertatore)
«Mi hanno contattato dalla London Symphony Orchestra, dicevano che Rosalía cercava qualcuno che facesse le orchestrazioni. Nel giro di un’ora mi hanno invitato nel loro studio qui a Los Angeles, dove ho incontrato Rose, Noah Goldstein e gli altri. Avevano delle bozze orchestrali, mi sono fatto un’idea di quel che volevano. Ad esempio, Berghain aveva una natura operistica fin dal principio. Mi ricordava il Requiem di Mozart o il Don Giovanni, quei pezzi operistici di fine Settecento. Visto che volevo emulare quel suono ho limitato l’orchestrazione a ciò che sarebbe stato possibile suonare alla fine del Settecento».
«Uno dei miei passaggi preferiti è in Porcelana. Per una linea di basso abbiamo usato un clarinetto contrabbasso, che è un clarinetto lungo quasi due metri e mezzo. Ho detto a Noah che ci serviva organizzare una session solo per i legni e che ci serviva un clarinetto contrabbasso. Sono stato con loro in studio e li ho visti innamorarsi dei suoni dell’orchestra. Non c’è stato bisogno di un 808, abbiamo usato il clarinetto contrabbasso o la tuba. È stato un sogno avere la possibilità di creare arte per l’arte. E il risultato è diventato incredibilmente popolare. Cos’altro puoi desiderare?».
Yahritza (‘La perla’)
«È successo all’improvviso. Un giorno appena sveglio ho trovato un messaggio del manager. Diceva che Rosalía voleva collaborare con noi. Ero talmente felice che sono corso nella stanza di mio fratello Mando e abbiamo iniziato a saltare dalla gioia. Quando poi ho sentito il pezzo sono rimasto a bocca aperta. La produzione era pazzesca e non parliamo del testo, roba che fa venire voglia di cantarlo al mondo. Sono parole di verità e quindi sapevo che tante persone ci si sarebbero ritrovate. La produzione, i testi, l’emozione: tutto l’album è un capolavoro assoluto. Se c’è una cosa che amo della voce di Rosalía è che riesce a portati in mondi diversi e a farti provare un’ampia gamma di emozioni. Roba mozzafiato. E poi è pazzesco che un’artista come lei abbia notato il gruppo di una piccola città come il nostro, è la prova che tutto è possibile se tieni duro. Le saremo per sempre grati».
Carminho (‘Memória’)
«Ho scritto Memória per il mio disco e gliel’ho mandata per capire se voleva collaborare. La sua risposta mi è sembrata significativa: “Quant’è importante questa canzone per il tuo progetto?”. Le ho spiegato che era molto importante e lei mi ha detto che l’avrebbe voluta per il suo disco. Abbiamo parlato del significato e del ruolo che avrebbe avuto nell’album e a quel punto ho deciso. È stato un onore che la volesse tenere. Poco dopo mi ha chiesto se volevo cantarla con lei».
«Nella canzone c’è una persona che dice: “Ti ricordi di me? Sai da dove vengo? Mi conosci?”. Man mano che la canzone va avanti, si capisce che quella persona in realtà sta parlando con sé stessa: mi conosco ancora? Sono cambiata? Chi ero e chi sono? Per me è un messaggio potente e si inserisce bene nella storia che Rosalía racconta nel disco, nel suo viaggio».
«Nel fado si usa prendere una melodia tradizionale e scriverci sopra un testo nuovo. Quella che sentite in Memória è una composizione tradizionale di Armando Machado. Mettendola nel disco Rosalía ha fatto conoscere il fado a tanta gente ed è importante. E poi la canta benissimo».











