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Andy Rourke è stato uno dei bassisti più sottovalutati di sempre?

Morrissey lo considerava poco più di un turnista, ma il suo modo di suonare, ricco ma pieno di grazia, è stato fondamentale per forgiare il sound degli Smiths, e non solo

Foto: Steve Parsons/PA Images via Getty Images

Qualche anno fa su Reddit è partita una discussione dal titolo che si spiega da solo: “Andy Rourke is the most underrated bassist in history and I think about this a lot”, Andy Rourke è il più bassista più sottovalutato di sempre e ci penso spesso. Nella discussione tutti concordano (si suppone tutti fan degli Smiths essendo la discussione nel subred r/thesmiths) e qualcuno polemizza, ovviamente, con un’affermazione che Morrissey una volta ha dato definendo Andy Rourke un turnista. Lo stesso Morrissey, quando gli Smiths hanno dovuto allontanare Andy Rourke per la sua inaffidabilità dovuta all’uso di eroina, non ha trovato modo migliore che non lasciargli un foglietto sul tergicristallo della sua macchina: «Andy, hai abbandonato gli Smiths. Addio e buona fortuna».

Al di là dei vizi di forma di Morrissey, Andy Rourke è stato davvero un bassista straordinario. Potremmo discutere giorni del luogo comune per cui il bravo bassista è quello che non si sente, ma è altrettanto vero che se gli Smiths sono stati quel gruppo perfetto che in cinque anni ha cambiato per sempre la storia della musica, oltre al talento chitarristico fuori dal comune di Johnny Marr e lo stile così peculiare di scrivere e cantare di Morrissey, è stato anche per la solidità e la grazia della sezione ritmica. E il basso di Andy Rourke, in questo, era un attore di primo livello (ironia della sorte: Morrissey chiamerà poi proprio Rourke per suonare il basso nel suo Bona Drag).

In queste ore che seguono l’annuncio della sua morte a 59 anni a causa di un cancro al pancreas (un annuncio molto sobrio ma sentito di Johnny Marr, che lo scrive su Twitter chiedendo rispetto della privacy della famiglia di Rourke), in molti stanno giustamente rendendo omaggio condividendo alcune delle canzoni degli Smiths dove si sente la maestosità della linea di basso. Su tutte svetta Barbarism Begins at Home da Meat Is Murder del 1985. Ma ogni canzone, anche quella apparentemente più semplice, ha una linea di basso che in qualche modo gioca con la ritmica in maniera assolutamente peculiare, andando in controtempo, riempiendo gli spazi lasciati dalla chitarra di Marr, unendo funk e punk, soul, r’n’b e rock’n’roll.

C’era una profondità, una grazia, una ricchezza ma anche una potenza nelle linee di basso di Andy Rourke, che potevano essere solo e soltanto sue. Non a caso, anni dopo, hanno iniziato a considerarlo uno dei grandi bassisti inglesi degli anni ’80 insieme – ovviamente – a Peter Hook dei Joy Division/New Order, Mani degli Stone Roses (con questi due Rourke formerà nel 2010 un supergruppo di bassisti chiamato appunto Freebass) e Simon Gallup dei Cure.

Pensate a Back to the Old House, da Hatful of Hollow del 1984. Il basso di Rourke riesce a creare una tensione emotiva fortissima con solo due note dominanti e costruendo variazioni di stile che rendono i passaggi tra una strofa e l’altra ricchi di sfumature. Oppure il lavoro in Girlfriend in a Coma (da Strangeways, Here We Come del 1987) in cui il suo accento up-beat crea una ritmica molto “stomp” che crea la contraddizione primaria del rapporto tra la musica e i testi degli Smiths. Ma anche il modo in cui in costruisce le fondamenta per permettere a Johnny Marr di suonare una delle più scintillanti tra le sue melodie jangly nella chitarra di Cemetry Gates (da The Queen Is Dead del 1986). Oppure, e qui mi fermo, il modo in cui quei due strumenti dialogano in quella che forse – e sottolineo il forse – è la canzone musicalmente più complessa e affascinante dell’intero canzoniere degli Smiths, e cioè The Headmaster Ritual, sempre da Meat Is Murder. Ascoltatela concentrandovi sulla ricchezza della traccia di basso e sarete davanti a qualcosa di stupefacente per come cattura l’umore di quello che Morrissey sta cantando e costruisce in modo perfetto il rapporto con lo spazio sonoro tra pause, accelerazioni e lavoro sui cambi di ritmica.

Per Johnny Marr, oltre che miglior amico, Andy Rourke era il miglior compagno musicale possibile. La persona con cui ha sempre voluto suonare e con cui tornava a suonare appena c’era l’occasione. Spesso, infatti, Rourke nell’ultimo periodo saliva sul palco insieme a Marr per un medley di canzoni degli Smiths. Trovate tutto su YouTube e sono momenti bellissimi dove, tra l’altro, si nota che con tutti i problemi di salute e di tossicodipendenza che ha avuto, Rourke restava un bassista clamoroso. Il rapporto tra i due nato sui banchi di scuola a 11 anni, è sempre stato fondato sulla musica e la possibilità di diventare «i migliori musicisti che potevamo». Inoltre, racconta Marr, Rourke nasce come chitarrista ma «è stato quando ha preso il basso in mano che ha trovato la sua vocazione, che ha permesso al suo talento di sbocciare».

Se negli ultimi anni il basso ha smesso di essere considerato un ripiego per i musicisti e ha assunto la centralità che giustamente deve avere (provate a togliere il bassista da qualsiasi band che dal vivo vi ha fatto emozionare: mancherà sicuramente qualcosa di fondamentale e niente sarà più come prima) molto passa anche dal lavoro oscuro, riservato e spesso messo in secondo piano – almeno in tempo reale – che ha fatto Andy Rourke.

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