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Achille Lauro si è vestito come Bowie per parlarci di sessualità

Il completo di Sanremo 2020 ricalca quello indossato dall'inglese nel 1973 nel video di ‘Life on Mars?’ e dice qualcosa sul nostro presente e sulla "mascolinità non tossica"

Foto: Luca D'Amelio

Ma chi si crede di essere, David Bowie? L’hanno scritto in tanti, boomer all’anagrafe e nella testa, dopo aver visto Achille Lauro strizzato nella tutina di Gucci dentro cui ha cantato Me ne frego a Sanremo. E lui ieri sera li ha trollati salendo sul palco vestito davvero come Bowie, per la precisione quello del 1973. L’ha spiegata così: “Ziggy Stardust, uno dei tanti alter ego di David Bowie. Anima ribelle, simbolo di assoluta libertà artistica, espressiva, sessuale e di una mascolinità non tossica”.

L’enfasi è su libertà sessuale e mascolinità non tossica. Se c’è una cosa che accomuna le due apparizioni di Lauro a Sanremo 2020 è il tentativo di portare un’idea di mascolinità meno tradizionale e più fluida al pubblico del festival, quello che s’alza in piedi ad applaudire l’inedito di Al Bano & Romina, quello che strattona Fiorello quando transita in platea sperando in un selfie, quello che s’emoziona di fronte alla marmellata di nonna Leotta. Ce n’è un gran bisogno, a giudicare dalle reazioni cripto-omofobe alla sua prima esibizione.

Lauro ce ne aveva parlato un anno fa, citando come esempio la madre e dicendo che voleva essere contagiato dalla femminilità: “Mi sono allontanato da un ambiente maschilista e culturalmente povero, quello delle periferie. Era l’esempio di come non volevo diventare. A casa mia, invece, avevo l’esempio del Bene fatto donna”. Non è scontato per uno che viene dalla trap, dove col rimario ti consegnano un manuale di virilità scritto da un attore porno nel 1970.

Foto: Luca D’Amelio

D’accordo, la parrucca e il trucco eccessivo visti a Sanremo fanno un po’ Tale e quale Show, ma il vestito di Gucci indossato da Lauro ha un significato preciso. È una storia che inizia nel 1973 quando al fotografo Mick Rock venne affidato il compito di girare un video per Life on Mars?. Venne girato nel backstage di Earl’s Court il 12 maggio. Bowie era una presenza ambigua coi suoi capelli arancioni, il trucco blu elettrico degli occhi e il completo disegnato da Freddie Burretti e ispirato ai modelli di tailleur pantalone da donna. Era un’affermazione forte in un periodo in cui, ha scritto Camille Paglia, dopo “la fine del carnevale dionisiaco degli anni ’60” nella cultura popolare “cominciava a diffondersi un’atmosfera decadente e apocalittica”.

“L’idea” ha spiegato Mick Rock a proposito del video “era creare una specie di flash temporale. Volevo creare qualcosa che facesse pensare a un dipinto”. Bowie parlò di effetto pop art. Il trucco di Pierre Laniche e il completo di Burretti servivano per mettere in scena un teatro dell’identità sessuale incerta e Lauro non è il primo a rievocarlo. Nel 2003 Kate Moss ha indossato il completo in un servizio per l’edizione inglese di Vogue. Nel 2006 Frida Giannini ha disegnato per Gucci abiti ispirati allo stile di Life on Mars poiché “Bowie era un’icona in termini di influenza e innovazione estrema”.

Ieri sera Lauro ha fatto un’altra cosa: ha fatto un passo indietro. Ha interpretato Gli uomini non cambiano portata al successo da Mia Martini dal punto di vista femminile e ha ceduto un bel pezzo di palco e d’attenzione ad Annalisa, una scelta saggia sia dal punto di vista simbolico, sia da quello artistico. Quella è una canzone che va interpretata in un certo modo e se non impari a conoscere i tuoi limiti rischi di fare la fine di Elettra Lamborghini e Myss Keta che cercano di intonare Non succederà più. Se il vestito di Bowie ha fatto più impressione del quasi-bacio di Elettra e Myss è perché era inserito in una performance più centrata, più equilibrata, più pensata.

Ovviamente Achille Lauro non è David Bowie e l’Italia del 2020 non è il Regno Unito del 1973. Ma il solo fatto che Lauro ci provi, che inventi personaggi e cerchi modo di cambiare un pezzo di pop di questo Paese spinge a tifare per lui. O forse il verbo giusto per indicare quel che fa non è ‘inventare’. David Bowie non era fedele ad alcuno stile e ne creava di nuovi unendo in modo eclettico e sorprendente riferimenti molto diversi l’uno dall’altro. Il risultato era originale e unico. Achille Lauro vive in un’epoca in cui quasi tutto è stato detto, visto, inventato. Il futuro è insondabile e il passato è a disposizione con innumerevoli riferimenti culturali pronti per essere riciclati. Nessuno pretende che Lauro sia un David Bowie e nemmeno il Renato Zero degli anni migliori. Finora ha dimostrato la sua unicità senza inventare nulla, facendo shopping di citazioni dal grande supermercato del pop. Ieri sera ne ha pescata una dallo scaffale giusto.

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