A Blanco non basta nemmeno Mina | Rolling Stone Italia
Un innamorato di successo

A Blanco non basta nemmeno Mina

L'artista bresciano, urlatore 2.0 della Gen Z, sta diventando grande e non si accontenta nemmeno di un disco in cui canta con la numero uno. Perché vuole di più: lasciare qualcosa che resti nel tempo

A Blanco non basta nemmeno Mina

Blanco

Foto: Chilldays

Li hanno dipinti come tossici, disinteressati, violenti. Li hanno additati per i tatuaggi (da criminali) e i vestiti (troppo sensuali, troppo fluidi), per l’uso dei social e del linguaggio, per i comportamenti sopra le righe (che vuoi che sia prendere a calci due fiori a vent’anni). Poi per i testi (troppo volgari), le composizioni (troppo banali), l’Auto-Tune (che porterebbe a cantare «cani e porci», come ha dichiarato Laura Pausini). Eppure, nonostante questo plotone giudicante di vecchiume, gli artisti della Gen Z hanno preso sulle spalle il mercato della musica italiana a colpi di click, stream, TikTok, gettando le basi per quello che potrebbe esserne il futuro.

Blanco, Madame, Måneskin – per citare i nomi più in vista della Generazione Z – hanno sempre risposto nel modo più eclatante alle critiche: macinando ascolti. Più attorno si criticava l’approccio dei più giovani, più loro rispondevano, brano dopo brano, convincendo sempre più ampi settori di ascoltatori diventando, a breve tempo, una maggioranza. E così Sanremo (dove non solo si partecipa, ma si domina), l’Eurovision, il mercato sì, ma anche quello estero. Nella musica tutto si muove veloce e forse, spesso, molte cose si danno per scontate mentre avvengono. Ma basterebbe un ascolto ai nuovi lavori di Blanco e Madame, ad esempio, per percepire il cambio di mentalità che c’è alla base di questi dischi. Certo, i giovanilismi rimangono, e a vent’anni sono legittimi e sani, ma c’è una nuova ambizione di fare qualcosa che possa avere un peso storico oltre al numero degli stream.

Dopo una serie di presentazioni a Firenze, Napoli e Roma, oggi è uscito Innamorato, il secondo disco di Blanco dopo lo straordinario successo di Blu celeste. In Innamorato, Blanco urla di sentimenti giganti (sempre con quella foga sfrenata del giovane che percepisce tutto come imminente), ma anela alle piccole cose. Grida “mi porti le emozioni all’apice”, ma – come racconta in conferenza stampa – sogna «di poter far la spesa senza nessuno che mi faccia video». Scalcia mentre canta “cosa mi scorre nelle vene, adrenalina pura / ho il cuore di gomma ma pompa che non sento più la paura”, ma racconta che vorrebbe vivere normalmente, che odia il gossip, soffre la popolarità e disprezza le dinamiche televisive, specialmente i talent. In fondo, quello che vuole è ciò che ogni ragazzo della sua età sogna: essere innamorato e festeggiare la vita con gli amici. E Innamorato, alla fine, non è che questo. «Il successo ha uno e un solo vantaggio», afferma in conferenza stampa. I soldi? «No, assolutamente. Anzi è molto più magico quando i soldi non li hai. L’unico vantaggio è che più persone possono ascoltare la tua musica: solo questo».

Il disco sarà probabilmente un altro grande successo per Blanco, che però, stranamente, lo racconta quasi con delusione. Dovrebbe esserne orgoglioso e entusiasta, avere i sentimenti fuori controllo come nelle sue canzoni, e invece alla presentazione ne parla con freddezza, a tratti con rammarico, battendo con insistenza su di un concetto. «È un disco transitorio», ripete, epiteto solitamente utilizzato a posteriori per definire un lavoro che non ha funzionato o non ha rispecchiato le volontà dell’artista. Ma pensandoci bene, tutto torna: Blanco – come ogni ventenne, o meglio, come giustamente dovrebbe essere ogni ventenne – è vagamente deluso perché ha ancora sogni irraggiungibili con cui scontrarsi e uscire perdente (essendo il sogno, di per sé, irrealizzabile e utopico), nonostante da oramai un paio di anni viaggi tra i primi della classe. Innamorato è un disco transitorio solo perché, come l’innamoramento in sé, Blanco sa che può puntare a qualcosa di più grande, che possa durare «più di sei mesi», termine massimo che lui stesso usa per definire la durata di una relazione, ma anche la massima ambizione di longevità di un disco in Italia oggi.

E allora anche un secondo disco (ricordiamoci che il ragazzo è praticamente ancora un novellino in tutto questo) in cui c’è una collaborazione con sua maestà Mina (non proprio una che si presta con facilità a collaborazioni) è, in un certo senso, non-ancora-abbastanza. È transitorio, come l’innamoramento e la giovinezza. Per un urlatore dei sentimenti come lui, che vorrebbe la luna e le stelle e tutte le costellazioni visibili e oltre, è davvero ancora troppo poco. «Volevo fare qualcosa di più grande», ripete quasi sconsolato, incapace di accettare completamente il fatto che anche lui, nonostante i Sanremo, l’Eurovision, gli stadi (Olimpico e San Siro, che arriveranno quest’estate) a soli 20 anni appena compiuti debba attendere e sottostare a concetti adulti come il tempo, la crescita, l’esperienza. E il motore di Innamorato, alla fine, è questa sana ed energetica frustrazione.

Nelle 12 tracce dell’album Blanco scalcia, urla, grida, piange, ama e quando si placa lo fa solo per rilanciare con più foga questa corsa all’impossibile. Innamorato è la perfetta colonna sonora del teenager in cui le emozioni non possono – e non devono – avere filtro, dove tutto-deve-essere-vissuto e i ritornelli sono più che mai all’italiana, orecchiabili e balbuzienti (quanto piacciono a Blanco i tu-tu-tu, i da-da-da, i pa-pa-pa). Dal vivo, durante il piccolo showcase per non più che un centinaio di persone tenuto per il release party del disco a Roma, e ben lontano dalle domande dei giornalisti (sulle rose, su Sanremo, sulle droghe), appare finalmente emozionato per questo lavoro, ripartendo proprio dalle cose più semplici. Continua a ringraziare gli amici (tra il pubblico c’è anche il suo compagno di brividi Mahmood), il suo team (in particolare il sodale Michelangelo, fedele producer che ha curato tutte le produzioni di Innamorato) e la sua ragazza («ero in studio a New York con Michelangelo e in un pomeriggio abbiamo scritto la title track, un po’ mi mancava l’Italia, un po’ mi mancava lei»). Durante la performance si permette anche di ruttare al microfono per chiosare: «Siamo tra amici, no?».

Innamorato non è, diciamolo, nulla di trascendentale, né tantomeno un rilancio ambizioso come quello intrapreso da Madame con L’amore, ma è un lavoro consistente che introduce i caratteri più classici della canzone italiana all’interno dell’estetica sonora dell’artista. Blanco non è quindi un rapper, un trapper, o un cantautore. Non è nemmeno un cantante classico, né qualcosa di estremamente moderno. È bensì un ibrido di tutto questo, la soluzione fluida della Gen Z alle iper-categorizzazioni che l’hanno preceduta. Gli urlatori sono una cosa d’altri tempi, certo, ma Blanco ne inaugura una versione 2.0, tradotta per la Gen Z, con la legittimazione ufficiale di Mina.

Da un lato abbiamo quindi Madame con un ambizioso disco sull’amore («Ha fatto qualcosa che rimarrà», commenta l’artista bresciano) e dall’altro Blanco e il suo essere innamorato della vita. Entrambi raccontano una voglia sempre più insistente della Gen Z di lasciare il segno, un’eredità o, nelle parole di Blanco, di «fare qualcosa di credibile». Storicizzarsi. E che i due principali artisti della nuova generazione abbiano finalmente inteso che la musica non è priva di peso, ma è qualcosa che rimane ben oltre il momento in cui appaiono nelle playlist, qualcosa che fa parte di un contesto più ampio, di una storia (la Storia), di un archivio, è rassicurante. Significa che qualcosa sta cambiando. E in meglio. I ragazzi si stanno facendo grandi, e questa è una buona notizia.

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