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25 anni fa i Boards of Canada hanno inventato il passato

'Music Has The Right To Children', il loro disco d'esordio, usciva il 20 aprile 1998. Elettronica downtempo infarcita di field recording e sample di vecchie VHS capace di raccontare la nostalgia di un passato collettivo sbiadito e forse mai realmente accaduto

Foto: profilo Instagram della band

Atmosfere rarefatte, sonorità bucoliche e psichedelia, malinconia e gioia in un percorso lungo diciotto brani: la storia dei Boards Of Canada iniziava 25 anni esatti fa con Music Has The Right To Children, l’album di debutto dei fratelli Michael Sandison e Marcus Eoin. Tra rimandi all’infanzia nell’apatica periferia scozzese e ai lunghi viaggi intercontinentali con la famiglia negli anni Settanta, il loro esordio rimane ad oggi una tra le cose più affascinanti ed ambigue venute fuori dagli anni d’oro della IDM (la cosiddetta Intelligent Dance Music). Seppur risucchiati all’interno di quel calderone per aver firmato con Warp Records, la “techno intelligente” dei due differiva infatti parecchio da quella funambolica di altri nomi di punta dell’etichetta di Sheffield, come Aphex Twin, The Black Dog o Autechre. È per questa ragione, oltre al fatto di uscire proprio in quel determinato momento storico, che i Board Of Canada diventano cult, proponendo un’elettronica costantemente al confine tra spensieratezza e oscurità in cui coesistono la sensazione tattile di poter sfiorare fotografie sbiadite e la possibilità di percepire l’eco di suoni pop di un passato (apparentemente) mai realmente esistito.

Michael Sandison e Marcus Eoin crescono nei sobborghi di Edimburgo. Sono fratelli, figli di una famiglia di musicisti, seppur, in maniera coerente con la loro enigmatica figura, questa informazione rimane celata per diverso tempo. «Abbiamo vissuto insieme dalle parti di Inverness in Scozia, la nostra famiglia faceva parte della stessa comitiva di amici», dichiarano in una delle rare interviste rilasciate, in questo caso nel 2005 su Pitchfork, quando ancora la discordanza tra i due cognomi non era chiara. Solo più tardi chiarirono il loro reale rapporto, motivando questa ambiguità con l’intenzione di evitare scomodi confronti con altri fratelli-artisti della scena in quel periodo, come i più celebri (almeno per i tempi) Orbital di Phil e Paul Hartnoll.

Il nome del progetto, che si rifà a quello della National Film Board of Canada — casa di produzione e distribuzione pubblica di film, documentari e fiction alternative in Canada — è frutto di una breve parentesi nella provincia di Alberta, nel Canada occidentale, dove i due si ritrovano a causa all’impiego del padre, coinvolto nel business delle grandi costruzioni. Questo viaggio, unito alla passione di Michael e Marcus per la decontestualizzazione di ogni informazione temporale, gioca per i loro esordi un ruolo cruciale. Music Has The Right To Children ha di fatto molto a che fare con la dimensione dei ricordi, specie quelli d’infanzia: dalla copertina, che raffigura una famiglia con i volti completamente offuscati come in un sogno, con colori acidi a dominare ed il panorama di rocciose montagne di un luogo immaginario sullo sfondo, alle melodie colme di un sentimento di nostalgia capaci di trasportare chi ascolta in flashback sbiaditi di una giovinezza mai avuta. Parte dei brani furono prima registrati sotto forma di band, negli anni ‘80, per poi venir recuperati alla nascita dei Boards of Canada attraverso vecchie demo e registrazioni (quelle in studio con amici dell’adolescenza), creando un collage mistico di spezzoni di vecchie VHS rimaste per anni dentro cassetti impolverati, frammenti di spot radio e TV degli anni ‘70/’80 e sample registrati su nastro in presa diretta. E questo, di fatto, a rendere la produzione anacronistica e spiazzante.

Sean Booth degli Autechre è il primo a notarli, girando alla Skam Records di Manchester quelle che diventarono le prime uscite ufficiali dei Boards of Canada, gli EP Hi Scores (1997) e Aquarius (1998), che seguirono Twoism (1995), prodotto in tiratura limitatissima per Music70, etichetta creata dallo stesso duo per distribuire musica privatamente tra amici ed etichette, spesso sotto forma di audiocassette. Warp Records, notando una certa affinità con le idee di altri artisti del roster (in primis proprio gli Autechre), li firma curando in collaborazione con Skam l’uscita del loro primo album Music Has The Right To Children consegnandoli di fatto alla notorietà, nello scorcio di fine anni ’90 in cui le ultime battute dell’IDM abbracciano anche una certa visione pop, influenzando artisti come Radiohead e Björk.

L’estetica dominante nella musica elettronica dell’epoca stava infatti per diventare nitidamente digitale, freneticamente iper ritmica e futuristica, e l’unicità dei Boards of Canada era una risposta quasi provocatoria a ciò che succedeva intorno, al “suono di domani, oggi”: dalla drum’n’bass alla trance, dal gabber alla minimal techno. Ma è proprio qui che il duo scozzese si distanzia, puntando a qualcosa di completamente differente: Music Has The Right To Children ricorda i luoghi eterei scorti da My Bloody Valentine, Cocteau Twins o Tangerine Dream, cita l’estetica di Wendy Carlos e introduce un senso di inquietudine attraverso field recordings in cui compaiono schiamazzi lontani di bambini, finendo così per concepire una creatura così estranea al presente da riuscire a descrivere più da vicino il futuro. Sgranati scorci di colonne sonore per documentari, temi televisivi per programmi per l’infanzia e carillon dalle melodie inquietanti: è l’ingresso in una dimensione mai concretamente riconoscibile, in cui tutto sembra però stranamente familiare. A questo proposito, in un’altra rara intervista rilasciata alla rivista tedesca De:Bug nel 1998, Michael Sandison spiega l’equilibrio a metà tra il gioco e il linguaggio in codice del progetto affermando: «Il titolo (Music Has The Right To Children, nda) deriva da un libro di testo scolastico per lezioni di musica, degli anni ’70. Si intitola I bambini hanno diritto alla musica. Se si scambiano i termini bambini e musica, la frase assume una connotazione completamente diversa, e molto minacciosa».

Tra i beat oscuri di An Eagle in Your Mind e Sixtyten e gli schizofrenici taglia e cuci vocali nei sample di Telephasic Workshop e Aquarius, la cifra dell’album, a cavallo tra elettronica, downtempo e hip-hop, incarna parecchio del suo stesso (meta-subliminale) titolo: le ballate bucoliche (Wildlife Analysis, in apertura, e Roygbiv, a metà dell’ascolto), si alternano a canyon malinconici (The Color Of The Fire, Bocuma) in cui lo spettro del passato alterna luci e oscurità, come ci dicono le trasognati Olson e Open The Light. Poco prima dei titoli di coda, la lunga marcia trip-hop di Happy Cycling, compare anche un riferimento al cinema erotico: sotto un classico tappeto sonoro color pastello, One Very Important Thought riprende le parole della scena finale interpretata dall’attrice pornografica Lisa De Leeuw, nel film Brief Affair diretto da Ken Gibb nel 1982. «Non stiamo cercando di fare un accurato richiamo al passato, si tratta più che altro di inventarne uno che non è realmente accaduto», affermava il duo nel 2012 a Clash. Forse per prepararci alla fine del sogno degli anni ’90, forse per far rivivere il passato con l’idea (e gli strumenti) del futuro, ma nulla in Music Has The Right To Children è casuale, nonostante una buona parte del materiale che lo rese un vero album-rivelazione nel 1998 era qualcosa di resuscitato, che guardava (e si guardava) indietro, nel tempo.

I Boards of Canada in Music Has The Right To Children sembrano proporre un racconto psichedelico a metà tra l’utopia tecnologia dell’epoca e le paure recondite del progresso vissuto nella periferia degli anni ’70, tra le immagini dei paesaggi della fredda campagna scozzese e le scolorite memorie in foto dei viaggi di famiglia. Tutto questo mantenendo uno stile lontano da qualsiasi tendenza ma inconsciamente così riconoscibile, come appartenente ad una nostalgia collettiva. Nostalgia di qualcosa che abbiamo vissuto tutti, ma che non ricordiamo realmente quando. 25 anni dopo, ascoltare Music Has The Right To Children significa rivivere il racconto di una storia che ha spinto la musica elettronica ben al di fuori dei propri confini.

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