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Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni della prima serata

Achille Lauro fra sesso e oratorio, la canzone-Frankenstein di Morandi, il duetto da 'Brividi' di Mahmood e Blanco, il 'Gioca jouer' della Rappresentante di Lista: il meglio e il peggio dei primi 12 concorrenti

Foto: Daniele Venturelli/Getty Images

Achille Lauro fra sesso e oratorio, la canzone-Frankenstein di Morandi, il cinema sonoro di Ranieri, il duetto da Brividi di Mahmood e Blanco. Ma anche la giostra di Ana Mena e il Gioca jouer apocalittico della Rappresentante di Lista. Ecco le pagelle delle canzoni della prima serata di Sanremo 2022. Amadeus aveva detto che il primo cantante si sarebbe esibito cinque minuti dopo la sigla. Ha mantenuto la promessa.

Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir “Domenica” Voto: 6

Non sdraiato a terra come i Doors, ma con pantaloni di pelle e a petto nudo come Jim Morrison, come Iggy Pop. Lauro prende Rolls Royce e la porta a messa a Harlem. Canta del giorno della settimana in cui ci sentiamo liberi e facciamo finalmente quel che ci pare. Ci mette dentro un po’ di sesso e un po’ di oratorio. Alla fine esagera e si battezza da solo.

Yuman “Ora e qui” Voto: 4

La via italiana al soul nove volte su dieci è una strada senza uscita. Ora e qui non fa eccezione. Sanremo Giovani nove volte su dieci è una tassa da pagare. Ora e qui non fa eccezione. Ma lui è giovane, ha un bel timbro, non ha colpe. Come direbbe Rag’n’Bone Man, he’s only Yuman, after all.

Noemi “Ti amo non lo so dire” Voto: 7

Bianca come la sposa cadavere, ma vestita in modo decisamente più chic, attacca e pensi: ecco la solita Noemi. E invece parte un ritornello bello ritmato che potrebbe andare molto bene al Festival e in radio. Lei canta come sa e cioè bene, tanto più che il pezzo non sembra facilissimo da interpretare. Su Ti amo non lo so dire hanno messo le mani due nomi forti del “nuovo” pop, Mahmood e Dardust, e un po’ si sente.

Gianni Morandi “Apri tutte le porte” Voto: 7

Giacca Armani, accolto come un superospite, Morandi stasera si butta con una canzone-Frankenstein che pare costruita mettendo assieme pezzi di anni ’60. Facile immaginarla interpretata in lingua italiana, ma con accento americano da Wilson Pickett, che guarda un po’ partecipò a Sanremo alla fine degli anni ’60. Apri tutte le porte, sì, della macchina del tempo.

La Rappresentante di Lista “Ciao ciao” Voto: 5,5

È un nuovo standard di Sanremo: la canzone ballabile e divertente, ma col tema contemporaneo. Qui ci forniscono anche le istruzioni su come ballarla: con le gambe, con il culo, con gli occhi, con la fessa (no, la fessa non c’è, ma c’era sulla copertina di My Mamma). «In tiro per la fine del mondo», Veronica è un po’ Rettore vintage (per la strofa), un po’ Paris Hilton (per la coroncina in testa), un po’ Cecchetto (per le istruzioni modello Gioca jouer). Peccato per la performance così così: voce e musica non lasciano il segno.

Michele Bravi “Inverno dei fiori” Voto: 3

Il Troye Sivan che ci possiamo permettere porta all’Ariston il fantasma dei Sanremi passati. È il pop che pensavamo di esserci messi alle spalle. Parafrasando Camus, nel bel mezzo dell’Inverno dei fiori, abbiamo scoperto che vi è in noi un’invincibile estate (e comunque non la voglia di risentire questa canzone).

Massimo Ranieri “Lettera di là dal mare” Voto: 8

Un film d’altri tempi: il tema musicale cantabile, l’interpretazione super classica, la storia di un viaggio sull’oceano che rimanda alla traversata che Ranieri fece a bordo del transatlantico Cristoforo Colombo quando andò in America in tour a soli 13 anni. Che gli puoi dire a uno così?

Mahmood e Blanco “Brividi” Voto: 9

La via contemporanea e mahmoodiana alla canzone da Brividi, su cui è allineato anche Blanco, che ha già tirato fuori il suo lato sensibile in Blu celeste. Nelle storie Instagram fanno i pazzi, con Blanco che si nasconde nudo in un carrello del room service e il cameriere ignaro che lo porta via. Poi salgono sul palco e tirano fuori una cosa così.

Ana Mena “Duecentomila ore” Voto: 3

Che ce ne facciamo di Ciao 2021 quando c’è Ana Mena che porta tutti in una balera immaginaria dove gli stereotipi della canzone ballano allegramente? Duecentomila ore? Anche meno, Ana Mena.

Rkomi “Insuperabile” Voto: 7,5

Pantaloni e giacca in pelle nera da motociclista cazzuto, la storia di un amore pericoloso raccontato attraverso la metafora delle auto sportive, una chitarra elettrica alla Personal Jesus già sentita che però ci sta. Non è una performance esplosiva, potrebbe diventarlo.

Dargen D’Amico “Dove si balla” Voto: 5

«Sei stato un po’ perfido a mettermi dopo i Måneskin», dice ad Amadeus prima di cantare. Il problema è un altro: Dargen cerca di portarla a casa col tunz tunz e un ritornello da tormentone talmente paraculo che te lo puoi immaginare cantato da uno stadio intero. Sa fare di meglio.

Giusy Ferreri “Miele” Voto: 2

La canzone vintage e il grammofono versione Takagi & Ketra. Giusy Ferreri fa la chanteuse di un filmetto con Audrey Tautou, ma la performance è sfilacciata e poi che senso ha questo teatrino? Male di Miele.

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