Princess Nokia non è un’icona da femminismo instagrammabile | Rolling Stone Italia
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Princess Nokia non è un’icona da femminismo instagrammabile

Nel suo ultimo album ‘Girls’, la rapper trasforma la brutalità in poesia e l’orrore in resurrezione, proclamandosi spirito guida di una generazione di ragazze incazzate. La recensione

Princess Nokia non è un’icona da femminismo instagrammabile

Princess Nokia

Foto: un dettaglio della copertina di 'Blue Velvet'

C’è una nuova energia che sta cambiando il modo in cui le donne abitano la scena musicale contemporanea. Non parla d’amore, ma di sopravvivenza. Le icone del pop hanno smesso di voler piacere e hanno iniziato a trasformarsi in vere e proprie villain. Charli XCX ha fatto saltare in aria la figura della good girl con la sua rivoluzione brat, Anna ha elevato l’archetipo della baddie a manifesto estetico, mentre Doechii urla e ringhia come se ogni verso fosse una catarsi collettiva. È un esercito di streghe contemporanee che ballano sui detriti patriarcali, e tra loro, Princess Nokia si proclama sacerdotessa che ne officia il rito.

Con Girls, la rapper nuyoricana consegna il suo disco più maturo, oscuro e potente. Abbandona ogni residuo di diplomazia e si reincarna in una dea punk del caos calmo. Dodici tracce in cui il sangue diventa linguaggio, la violenza metodo, la rabbia forza generatrice. È un album che non consola, non guarisce: apre ferite per farle respirare.

La copertina è già una dichiarazione: biancheria candida macchiata di rosso, maglietta scarlatta con la scritta Girls sopra uno swoosh che ricorda quello della Coca-Cola. Un’immagine che fonde sacro e profano, sessuale e politico, simbolo di un fluido vitale che non sporca ma consacra. «Essere una ragazza è un lungo film dell’orrore» dice Princess Nokia, e in Girls trasforma l’horror in un passaggio iniziatico in dodici atti, dove la femminilità è dolore, potere e resurrezione, un gesto di autodeificazione. Non c’è vittimismo, ma lucidità. È la brutalità calma di chi ha imparato a colpire solo quando serve.

Princess Nokia - Drop Dead Gorgeous (Official Music Video)

La voce di Princess Nokia attraversa il disco come una lama: recita, grida, sospira. In Drop Dead Gorgeous spara una delle frasi più spietate e misandriche del rap contemporaneo – “Men suck, and they’re only getting worse” (gli uomini fanno schifo e stanno solo peggiorando) – con l’ironia tagliente di chi non cerca vendetta ma liberazione. In Blue Velvet, invece, prende in prestito l’immaginario di David Lynch e lo trasforma in un poema sul mostruoso femminile: “Girlhood is a spectrum, pretty is destruction” (essere una ragazza è uno spettro di possibilità, la bellezza è distruzione). È qui che Princess Nokia trova la chiave della sua poetica, la bellezza come atto distruttivo, la grazia come forma di prigionia.

Musicalmente, Girls è un mosaico viscerale fatto di synth gotici, drum machine industriali, echi di trap e gospel sfigurati. C’è la furia delle Bikini Kill e la sensualità spettrale di FKA Twigs, ma filtrate da una mente urbana, queer, spirituale. Ci sono momenti di pura ferocia (Period Blood, Medusa), alternati a parentesi di estasi sensuale (Pink Bronco, Beach Babe). La produzione è minimale e sinistra, come se ogni suono fosse un frammento di un corpo antropomorfo. L’effetto è ipnotico, un equilibrio tra sacralità e disobbedienza.

Ma ciò che distingue Girls dagli altri dischi d’impronta femminista contemporanei è il suo rapporto con la violenza; esplicta, testuale ma mai viscerale. Princess Nokia non la teme, non la demonizza, la usa. La sua non è furia cieca, ma meditata – l’ira che nasce quando capisci che non devi più giustificarti. Non è l’urlo isterico che la società ridicolizza, ma una violenza calibrata, meditativa, un fuoco che scalda ma non brucia. È lucidità incendiaria, un linguaggio che scava nella mente per liberare energie creative.

Quando Princess Nokia dice di «voler dare alle donne il coraggio di decentrarsi dagli uomini e di essere egoiste», non parla di narcisismo, ma di autodifesa psichica. Ma non quella patinata dei manuali di self-care. È amore come resistenza, come disciplina, come atto politico. Nel mondo di Girls, l’egoismo è una pratica rivoluzionaria. Essere “egoiste” significa smettere di sacrificarsi sull’altare della dolcezza, rinunciare al ruolo di madre universale, rifiutare la pedagogia affettiva che ci è stata insegnata. Significa scegliere sé stesse come priorità rivoluzionaria.

Princess Nokia - Period Blood (Official Lyric Video)

In Period Blood, forse il brano più emblematico, trasforma il tabù delle mestruazioni in una sinfonia di orgoglio e assenza, in una versione decomposta di WAP di Cardi B e Megan Thee Stallion. Ma la differenza è radicale, dove il pop sessualizza, Princess Nokia sacralizza. Il sangue non eccita, purifica. «Mi sono uccisa nel 2024 e sono rinata», ha raccontato a Impact Mag. E in quella rinascita c’è tutto il senso di questo disco; la morte del sé addomesticato per far spazio a un io ferino, etereo, indomabile.

Princess Nokia si muove sul confine tra confessione e performance, tra bruja e rapper. Come una sciamana urbana, trasforma la materia del dolore in linguaggio rituale. La sua voce è strumento di lotta, la sua fisicità è medium artistico. E in un mondo saturo di empowerment prefabbricato, lei riporta il femminile alla sua essenza: sangue, carne, parola.

«Le persone dicono: “Sei cambiata”. E io rispondo: dio, lo spero». Con questa frase, Princess Nokia sigilla il disco come atto di metamorfosi. La sua forza sta proprio qui: nel rifiuto di separare la liricità dalla ferocia, nella capacità di far convivere l’ancestrale con il digitale, il furore con la grazia.

Princess Nokia non cerca di piacere. Non vuole essere la musa del femminismo, né la sua icona instagrammabile. È una figura tragica e luminosa, la sua musica non vuole consolare, ma liberare. E se la rabbia può generare, Girls è la prova vivente che dall’ira può nascere la più alta forma d’amore: quello per sé stesse.

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