Green Day, la recensione di ‘Saviors’ | Rolling Stone Italia
“Headbanging come nel 1981”

“Non voglio essere un morto che cammina”: la recensione di ‘Saviors’ dei Green Day

“Punk band matura” è un ossimoro che il trio esorcizza alternando serietà e sarcasmo, rock diretto e pezzi melodici, testi impegnati e sciocchi

“Non voglio essere un morto che cammina”: la recensione di ‘Saviors’ dei Green Day

Billie Joe Armstrong dal vivo coi Green Day

Foto: Bryan Steffy/Getty Images

Trent’anni fa Billie Joe Armstrong cantava sarcastico “welcome to paradise”, benvenuti in paradiso. Ora, a 51 anni, canta “welcome to my problems”, benvenuti nei miei problemi. Lo fa in Dilemma, uno dei pezzi del quattordicesimo album dei Green Day Saviors che deve molto al rock anni ’50 e ai Ramones. “Ero sobrio, ora sono di nuovo ubriaco”, si dispera nel ritornello. “Sono nei guai e di nuovo innamorato, non voglio essere un morto che cammina”. È una delle canzoni migliori dell’album e, per dirla con le parole di un altro trio pop-punk, “credo che crescere sia questo”.

“Punk band matura” è l’ossimoro supremo, in campo musicale. Ma i Green Day, proprio come i Clash, hanno capito tempo fa che per sopravvivere nel mainstream non dovevano fissarsi troppo sul punk e attingere invece a influenze più larghe, facendo al tempo stesso satira sul mondo. È un approccio che ha trasformato il trio della Bay Area nella più grande punk band di tutti i tempi e l’alternanza di serietà e sarcasmo di Armstrong, abbinata a pezzi orecchiabili, rende Saviors un ritorno (più o meno) alla forma ottimale per il gruppo che nel 2020 si era spinto fin troppo in territori pop con Father of All Motherfuckers.

Le melodie su di giri sono da sempre il loro forte e 1981 è davvero buona con un ritornello che dice “Lei farà headbanging come se fossimo nel 1981”, anche se il testo di Armstrong, che parla di fare slam dance bagnati da una pioggia acida, è decisamente sconclusionato (del resto, è sempre stato bravo a valorizzare testi puerili con sequenze di accordi intelligenti). E Coma City e Corvette Summer sono grandi canzoni di rock puro e semplice.

I testi di Armstrong si dividono in tre categorie: quelli sulla crescita (Dilemma, la canzoncina acustica in stile dad rock Father to a Son); quelli sciocchi che non dicono nulla (One Eyed Bastard è un rock da picciotti alla Soprano, con un ritornello che fa “Bada-bing, bada-bing”); e naturalmente quelli a sfondo sociale. Alcuni sono divertenti: la satira sui conservatori di The American Dream Is Killing Me, l’orgogliosa bisessualità di Bobby Sox, la frecciata agli “stronzi nello spazio” che mandano in bancarotta il pianeta di Coma City. Ma Armstrong manca il bersaglio in Lacing in the ’20s, quando canta con un po’ troppa leggerezza della strage consumatasi nel 2021 in un King Soopers del Colorado.

In ogni caso, i Green Day hanno sempre preferito ridere di un mondo in fiamme e non si sono mai dati all’attivismo in senso stretto. È l’atteggiamento che ne ha fatto dei sopravvissuti di quel pericolosissimo mestiere che è il punk-rock, e loro lo sanno bene. “Tutti sono famosi, stupidi e contagiosi”, cantano tirando in ballo i Nirvana nella canzone che chiude l’album, Fancy Sauce. “Moriremo tutti giovani, un giorno”, canta Armstrong. Ma di Saviors colpisce soprattutto il fatto che i Green Day sono in molte cose migliorati con l’età.

Da Rolling Stone US.

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