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Non c’è nient’altro nella musica di oggi che suona come ‘Lux’ di Rosalía

Il quarto album della popstar catalana è un’opera trasformativa, intensa e massimalista come la vita stessa. La recensione

Foto: YouTube

Per promuovere Lux, Rosalía ha fatto una diretta TikTok in auto, mentre sfreccia per le strade bagnate di Madrid nel cuore della notte, sparando a tutto volume Le nozze di Figaro di Mozart e salutando i fan lungo la strada verso Plaza Callao. Un momento del genere di solito sarebbe banale, quasi irrilevante, eppure quei pochi secondi – una popstar al volante che attraversa incroci incasinati con una delle composizioni più immortali della musica come colonna sonora – racchiudono perfettamente l’etica e lo spirito del suo nuovo e magistrale album.

Chiariamo subito una cosa: Lux suona come nient’altro nella musica di oggi. È un disco che nessun’altra popstar avrebbe potuto fare. Rosalía è ormai l’agente del caos più provocatorio del pop, dopo aver pubblicato progetti radicali come El mal querer, in cui giocava con le tradizioni del flamenco e i linguaggi del pop, e Motomami, un’esplorazione della femminilità attraverso una produzione tagliente e ritmi reggaeton. Lux è ancora più sorprendente: pieno di storia e frutto degli studi che le permettono di intrecciare musica classica, riferimenti operistici e ben 14 lingue diverse in un insieme meraviglioso e lacerante, che ha il sapore di un’opera d’arte senza tempo.

Come in tutto ciò che fa Rosalía, anche Lux è già circondato da polemiche e discussioni. Il primo singolo, Berghain, uno spettacolo barocco costruito su un organo martellante, coro drammatico, voci operistiche in tedesco e camei di Björk e Yves Tumor, ha diviso il pubblico della musica classica: molti si sono affrettati a liquidare l’esperimento di Rosalía come kitsch. Ma Rosalía non è mai stata una purista, il suo obiettivo è sempre stato catturare un’emozione usando qualunque strumento avesse a disposizione. E di strumenti ne ha parecchi: è una musicista che ha studiato al conservatorio – ha studiato canto flamenco al Catalonia College of Music (ESMUC) di Barcellona, che ammette solitamente solo uno studente all’anno – con una formazione che va da Chopin a Ella Fitzgerald. Ha anche un’anima ribelle e parte del fascino irriverente di Lux sta proprio in questo shock: Rosalía attinge dai maestri, pur restando lontanissima da un album classico. È Mozart con l’attitudine da baddie, Bach con una canna in mano.

L’album funziona perché ogni canzone è pensata a fondo, legata a domande profonde su cosa stiamo davvero facendo qui. Rosalía affronta il dolore e la perdita, la rabbia e il lutto, il sesso e il desiderio, l’amore e la devozione, nel tentativo di capire meglio chi è, come ama e quali forze spirituali la muovono. Fin dall’inizio, con gli accordi drammatici di pianoforte che aprono Sexo, Violencia, y Llantas, cerca il proprio posto in questo mondo e in quello che viene dopo: “Che bello sarebbe vivere fra i due mondi”, canta. “Prima amerò il mondo / poi amerò Dio”.

Lux è diviso in quattro sezioni, o movimenti, nei quali Rosalía corre alla ricerca di sé e di Dio in un mondo caotico. Nella struggente orchestrazione d’archi di Reliquia riflette su tutto ciò che ha perso – la fede, il sorriso, un amico – viaggiando di paese in paese fino a capire di essere una persona che ama dando tutto, nonostante il dolore provato: “Ma il mio cuore non è mai stato mio / lo do sempre via / prendi un pezzo di me / tienilo per quando non ci sarò”.

In Focu ’ranni Rosalía affronta la rabbia e le promesse infrante (il brano allude a un matrimonio che non si è mai celebrato) prima di dichiarare: “Appartengo solo a me stessa e alla mia libertà”. In La perla, invece, abbatte idoli e prende di mira un uomo narcisista (“un rubacuori nazionale, terrorista emotivo, disastro di livello mondiale”) insieme alla cantante di musica mexicana Yahritza. Ma i momenti più toccanti sono quelli che contengono rivelazioni personali come Divinize, probabilmente l’apice del disco. Su un tappeto di archi scintillanti e una produzione imponente, Rosalía passa dal catalano all’inglese e si mette completamente a nudo: “Feriscimi e ingoierò il mio orgoglio / so che sono nata per divinizzare”.

Il finale è mesto: Rosalía immagina la propria bara, adornata di magnolie. “Vengo dalle stelle, ma oggi torno polvere per tornare a loro” canta con un leggero eco che avvolge la voce come un’aureola. A quel punto Lux si è chiuso, il sipario è calato e all’ascoltatore non resta che restare in silenzio per ritrovarsi dentro un’opera trasformativa, intensa e massimalista come la vita stessa.

Da Rolling Stone US.

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