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Melanie Martinez è morta e si è reincarnata nella protagonista di una fiaba dark

‘Portals’ è un concept ispirato alla tecnica di regressione alle vite precedenti. Al centro, un personaggio che torna dal regno dei morti per cantare di cose umanissime

Foto: Jimmy Fontaine

Il dark pop di Melanie Martinez è sempre stato sottilmente ironico e allo stesso tempo emotivamente tosto. Nel concept del 2015 Cry Baby raccontava d’una ragazza che viene rapita e che riesce a uccidere il suo aguzzino. Grazie a K-12 del 2019, album e film, s’è costruita un seguito di fedelissimi dimostrando di essere un’artista di culto e non più la teenager di belle speranze che faceva alzare gli occhi al cielo a Christina Aguilera a The Voice.

A febbraio ci ha fatto capire che le cose sarebbero nuovamente cambiate pubblicando un breve video su Instagram. C’era scritta “RIP Cry Baby” su un fungo gigante circondato da candele. Stava celebrando in buona sostanza il funerale del vecchio personaggio lolitesco. Ora, con Portals, Martinez dice d’essere “tornata dal regno dei morti”.

Ecco la sua nuova musa: una creatura fatata dalla pelle rosa e con quattro occhi imprigionata in una realtà a metà fra la vita terrena e l’aldilà. Usa questo personaggio per cantare i suoi testi più introspettivi di sempre e produrre suoni per lei inediti che la portano lontana dalle consuete sonorità alt pop. «Tutte le canzoni dell’album sono basate sui libri sulla tecnica di regressione alle vite precedenti che leggo da anni», dice lei. «Il tutto camuffato con temi terreni affinché ci siano doppi/tripli significati, per creare una frequenza che possano capire anche gli esseri umani qui sulla terra». Qualcuno ha detto dischi concettuali ambiziosi? Ecco, in questo campo poche altre sono come lei.

La chitarrosa Void è una riflessione sulla mancanza d’autostima in cui Martinez mescola esperienze di vita reale e il personaggio fittizio creato per il disco: “Come un prete dietro al confessionale, mi giudico, inginocchiata su una grattugia di metallo”. Light Shower è di tutt’alto segno, col suo morbido strumming di chitarra e la produzione scarna. È diversa da quel che ci si aspetta da Martinez, con un testo che offre un’idea di amore insolitamente ottimista e senza complicazioni: “La rabbia, la tristezza, il rimpianto sono scomparsi”. Per i fan che rimpiangono l’era di Cry Baby ci sono pezzi come Spider Web, con la sua melodia di xilofono che rimanda alle origini di Martinez, e momenti dark come The Contortionist, con un suono come di ossa che si frantumano e tastiere che ricordano Nurse’s Office.

La «regressione alle vite precedenti» arriva in Nymphology, Moon Cycle ed Evil in cui la cantante rilegge le esperienze passate e in particolare la relazione con l’alt-rocker Oliver Tree. Quest’ultimo l’ha citata in vari testi e in un video ha usato un’attrice che le assomigliava. Martinez risponde in Moon Cycle con un testo di una crudezza sconcertante su un uomo che pretende di fare sesso con una donna durante il ciclo mestruale (“A forza di nuotare nel sangue è diventato anfibio”), più vari riferimenti alla musica di Tree. Il synth rock di Evil s’accompagna a un testo sprezzante: “Spero che tu scivoli sul sapone, che ti rompa la testa come un uovo, voglio vedere il tuorlo”. Oh oh.

In fondo al disco c’è Womb, metafora della rinascita dell’artista e del suo personaggio, a cui segue un loop che riprende la prima frase che si sente nell’album: “Life is death is life is death”. È la chiusura di un disco maturo e inventivo, in cui Martinez ricomincia da zero e affronta temi complessi. Il travestimento non è un modo per nascondersi dietro a un personaggio, ma per invitarci a entrare nel suo mondo.

Da Rolling Stone US.

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