È stato molto contento Rakim di sentirsi dedicare una delle rime più devastanti dell’anno finora, ovviamente opera di Kendrick Lamar: “Let’s be clear, hip hop died again / Half of my profits may go to Rakim”. Il rapper vecchia scuola però non è l’unico: sono felici anche tutti i fan dei fratelli Thornton, aka Pusha T e Malice, aka Clipse, che sono tornati con un album eccezionale sotto ogni punto di vista, Let God Sort Em Out, a 16 anni dall’ultimo Til the Casket Drops (e il conseguente scioglimento del duo).
Tra gli ospiti del disco svetta appunto Kendrick, che in Chains & Whips scatena la sua ira funesta sul sistema che ci rende schiavi del denaro, ma quando, appunto, dice “Beat the system with chains and whips” c’è però la doppia allusione: catene e fruste nello slang possono anche voler dire collane e macchine. PS: a suonare la chitarra nel pezzo è Lenny Kravitz.
E pensare che Kendrick all’inizio voleva rappare anche sulla sinuosa So Be It, che sfrutta il campione di un vecchio pezzo saudita di Talal Maddah. Poi, però, tutto preso dalla lavorazione del suo album GNX, è riuscito a scrivere “solo” la strofa di Chains. Tra l’altro, proprio tra le barre di So Be It, Pusha lancia veleno su Travis Scott, che lo aveva fatto incazzare non poco quando nel 2023 aveva fatto ascoltare a Pusha e Pharrell una versione del singolo Meltdown che ometteva la strofa in cui Drake prende per il culo Pharrell. Poi il pezzo è uscito completo di strofa e da lì diciamo non corre buon sangue.
Rimaniamo comunque dalla parte di Williams che, oltretutto, in So Be It, è giusto farci caso, contrasta la melma anti-islamista che sta infestando il mondo occidentale. Sarà la Parigi cosmopolita ad avergli fatto bene? Di certo il tipo spinge da sempre il futuro, cercando di firmare beat e strumentali il più incatalogabili possibile, dal minimalismo alieno di All Things Considered (dove pure canta robotico) alla cinematografica E.B.I.T.D.A., dal beat sghembo e nudo di Inglorious Bastards al soul bombato di steroidi a bassa frequenza omnidirezionale di So Far Ahead.
In ogni caso, a Pharrell “Skateboard P” Williams va soprattutto il merito di questa grande reunion. Il direttore creativo di Louis Vuitton si è ricordato di essere anche uno dei più grandi produttori del nuovo millennio, quindi ha fatto installare dei sontuosi studi di registrazione negli headquarter della casa di moda parigina e ci ha invitato un po’ di gente a registrare insieme ai due fratelli che lui stesso scoprì e produsse per primo, nei remoti ’90.
Tra questi amici c’è anche un Tyler, The Creator in formissima (P.O.V.), sempre pronto a zompare da un topic come la sua nuova Ferrari F40 ma anche “the curse of the zeros”, cioè la maledizione degli zeri, dell’avidità. Sembra in effetti un tema molto ricorrente, quasi da sensi di colpa cristiani dopo una vita, quella dei Clipse, passata a spacciare (e consumare) quantità barocche di cocaina. Da questa piaga poi Malice, fratello minore e meno famoso di Pusha T, era uscito in una maniera un po’ alla Paolo Brosio: cambiando piamente il nome in No Malice e dandosi al rap cristiano.
Col tempo per fortuna molti di questi angoli religiosi sono stati smussati, cosa che ha facilitato anche la reunion. Eppure, il disco si chiama pur sempre come un passo biblico tratto dalla seconda lettera a Timoteo. Tuttavia, tutta la follia che si è manifestata nel big game del rap americano degli ultimi anni, da Kanye che impazzisce e diventa nazista, Drake che fa la figura del ciuccio mettendosi contro K-Dot Lamar, o anche solo il fatto che la moda stia “rubando” nomi preziosissimi alla scena, ci suggerisce una lettura diversa dell’intero senso di Let God Sort Em Out.
È come se in un gioco a eliminazione, come appunto il massacro di Béziers del 1209 dove uno dei comandanti della crociata pronunciò la famosa frase «uccideteli tutti, Dio riconosce i suoi», qui il rap, cioè il Dio di cui i nostri sono i profeti, alla fine abbia scelto quelli degni della salvezza eterna. Per tutti gli altri, non si vedono prospettive rosee.















