Il nuovo disco di Kesha è un bel casino (in senso buono) | Rolling Stone Italia
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Il nuovo disco di Kesha è un bel casino (in senso buono)

Nel primo album da indipendente la popstar dimostra di non avere paura di niente, neanche di sperimentare col pop

Il nuovo disco di Kesha è un bel casino (in senso buono)

Kesha

Foto: Brendan Walter

È facile tifare per Kesha, il che rende l’ascolto del suo nuovo album intitolato con un punto (.), il suo primo da artista indipendente non a caso uscito il 4 luglio, un’esperienza interessante. Contiene momenti riflessivi, ma è per lo più un disco pop vivace in cui la cantante si diverte a tentare cose per vedere che cosa funziona, senza perdere l’entusiasmo quando i tentativi non sono, diciamo così, riuscitissimi.

Il disco comincia più o meno là dove finiva Gag Order del 2023, ultimo album uscito per la Kemosabe: la musica è volutamente informe, anche se via via si fa più a fuoco. “Libertà!”, urla Kesha in Freedom, che dopo la partenza lenta diventa una sorta di pezzo da discoteca gospel, con la popstar che canta che “le ragazze fuori di testa sono meglio a letto / Be’, io posso fare anche di meglio”.

Il gusto di Kesha per la sperimentazione pop esplode in un disco che arriva nel momento giusto, ovvero mentre l’hyperpop, il sottostile edonistico, appariscente e senza regole, si sta finalmente facendo strada nel mainstream dopo anni di fermento sotterraneo. Joyride è il primo singolo e mescola suoni di accordion norteño e cori possenti, mentre in Yippie-Ki-Yay Kesha è una specie di dj in un honly-tonk che canta con voce potente di “bere benzina pura” sopra a un beat che fa tremare la terra.

Verso la fine il tono si ammorbidisce. In Glow la voce si muove tra sintetizzatori a 8 bit, mentre in Cathedral Kesha canta che “Ogni secondo è un nuovo inizio / Sono morta all’inferno per poter ricominciare a vivere… Sono la cattedrale”. Una cattedrale pronta ad accogliere chiunque le abbia creduto.

Da Rolling Stone US.

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