Classicissima Taylor: quante storie nella seconda parte di ‘Tortured Poets’ | Rolling Stone Italia
Penna d’oca

Classicissima Taylor: quante storie nella seconda parte di ‘Tortured Poets’

Wendy che si stanca di aspettare Peter, la carcerata che la gente vuole morta, la fidanzata del tossico e gli altri personaggi delle 15 canzoni pubblicate da Swift poche ore dopo le prime 16. Nella ‘Anthology’ ci sono meno autobiografia e synth, più storytelling e pianoforte

Classicissima Taylor: quante storie nella seconda parte di ‘Tortured Poets’

Taylor Swift

Foto: Beth Garrabrant

L’ultima volta che Taylor Swift ha pubblicato un disco di inediti è stato ai tempi di Midnights. Tre ore dopo averlo lanciato ha sorpreso tutti presentando una 3 A.M. Edition contenente nuove canzoni. A quanto pare, tre ore tra un disco e l’altro devono esserle parse poche e così due ore dopo aver pubblicato The Tortured Poets Department ha rivelato che si tratta in realtà di un doppio e ha aggiunto altre 15 canzoni portando il totale a 31 (esatto, è un 13 a cifre invertite). Evidentemente crede fino in fondo al verso “ti amo, mi sta rovinando la vita”.

Un po’ come Midnights 3 A.M., anche la seconda metà di Tortured Poets, sottotitolata The Anthology, è più acustica, più delicata, più da penna d’oca, più da Aaron Dessner. Se avete preferito 3 A.M. al Midnights originale per via di The Great War o Bigger Than the Whole Sky, è probabile che la seconda parte dell’Anthology vi piaccia più della prima. Sono quasi tutte ballate pianistiche soft, senza la produzione synth pop della prima parte, con vari richiami invece alla bellezza di Folklore/Evermore. Sono canzoni più tormentate. Più poetiche. Peter, Cassandra e The Prophecy sono tra le migliori mai prodotte da Swift e Dessner.

La parte 2 non avrà un titolo, almeno per ora, ma ha una sua personalità distinta. Persino i pezzi prodotti da Antonoff suonano alla Dessner, e quelli di Dessner suonano alla Antonoff (una delle cose belle di questo trio è che i due produttori non si pestano mai i piedi). Anche qui, Swift tira fuori la sua parte più spigolosa, come non aveva mai fatto in precedenza, tant’è che la cosa più simile a un flirt è fra questi versi di I Hate It Here: “Dimmi qualcosa di terribile, come se fossi un poeta intrappolato nel corpo di uno che lavora nella finanza”.

Le quattro bonus track (contenute nei formati fisici) compongono quasi una suite – sono, tipo, il fermalibri della seconda parte. The Black Dog, The Manuscript, The Albatross e The Bolter sono scarni racconti al pianoforte su donne in qualche modo folli. Sono tutte alla ricerca di un qualche tipo di vendetta, sia che il mondo le consideri ideali romantici (The Manuscript), oggetti sessuali (The Bolter), maledizioni (The Albatross) o quasi-stalker cui gli amici farebbero bene a confiscare il telefono per la notte (The Black Dog).

Quello di The Prophecy è un personaggio-chiave di Tortured Poets, la donna che ha aspettato troppo a lungo che i suoi sogni si avverino, fino a che la giovinezza non è svanita (come direbbe il tortured poet William Butler Yeats, “un troppo lungo sacrificio può fare pietra del cuore”). “Una donna inferiore avrebbe perso la speranza”, canta Swift. La protagonista è stata in ginocchio per così tanto tempo, pregando per la liberazione, che si sente maledetta. Sta in The Prophecy lo spirito più feroce dell’album, è furia compressa: “Una donna superiore rimane impassibile / Ma io ululo alla luna come un lupo / E sembro instabile / Riunendo la congrega intorno al tavolo della maga”.

Da The Prophecy si passa a Cassandra, dal mito omerico della profetessa, figlia maledetta del re di Troia che ha il potere di vedere nel futuro, ma resta inascoltata. La Cassandra di Swift è chiusa in cella mentre una folla di moralisti fuori la vuole morta: “Quando viene scagliata la prima pietra, urlano, è furia e rivolta nelle strade, quando dicono ‘bruciate la puttana’ lo fanno urlando, quando la verità vien fuori, c’è invece silenzio”.

Chloe or Sam or Sophia or Marcus è l’altra faccia di Maroon, solo che stavolta la storia d’amore sul pavimento col rosé del coinquilino ha un finale triste. Lei sta con un tossicodipendente – “Avevi bisogno di me, ma ancor di più avevi bisogno della droga” – e non riesce a liberarsi. Molto tempo dopo che lui se n’è andato, la perseguita la domanda su cosa avrebbe potuto fare di diverso. E si chiede: “Se vendessi il mio appartamento e tu avessi dei figli con una star di internet, il tuo ricordo svanirebbe da questo granata scarlatto?”.

Peter è uno dei pezzoni del disco. Swift torna alla storia di Peter Pan, il ragazzo perduto, e di Wendy, che ha aspettato troppo a lungo che crescesse. Swift aveva già scritto di questo Peter in Cardigan. Lui lasciava Wendy e lei cercava di cambiare il finale anche dopo la fine della storia. Ora Wendy si sta arrendendo: “Hai detto che saresti venuto a prendermi, ma avevi 25 anni / Quelle fantasie sono scadute / Perse nel capitolo ‘Ragazzi perduti’ della vita / Perdonami Peter, sappi che ci ho provato”. Wendy non cerca più di cambiare il finale, ma si chiede quando potrà finalmente avere inizio la sua storia.

So High School è la Hits Different del disco, un pezzo leggero di power pop con una chitarra jangle. Lei ha una cotta per un nuovo ragazzo. “Bevo quello che pensi e sono strafatta per aver fumato i tuoi scherzi”: che frase. È un viaggio nel tempo fino agli anni dell’adolescenza, coi due che guardano American Pie e i fratelli di lui giocano a Grand Theft Auto. È il tipo di scena da liceali in cui lei non si sente a suo agio. “Obbligo o verità, gioco della bottiglia, tu sai come si fa, io invece conosco Aristotele”.

Le due parti di Tortured Poets sono effettivamente diverse, la prima è più affilata e cattiva, contiene i pezzi più diretti sulla fine delle relazioni, le sfumature più divertenti. Ma sono comunque due metà della stessa dichiarazione, accomunate dal disincanto adulto post rottura. Come molti trentenni, i poeti tormentati di Taylor si sentono persi in un futuro che non riconoscono e che non somiglia per niente a quello che per vent’anni si sono aspettati di vedere. In questi anni ’20, non è un tema che uno s’aspetterebbe da una popstar.

E sì, è un po’ scortese da parte di Swift pubblicare altri 60 minuti di musica quando la gente sta ancora cercando di riprendersi da un album uscito da appena due ore. Ma per citare di nuovo Yeats, ecco la domanda che potrebbe riassumere buona parte della carriera di Taylor Swift: quand’è che i poeti hanno promesso sicurezza? Nel suo caso, mai.

Da Rolling Stone US.

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