Quando i Beach Boys diventarono adulti: guida al nuovo box set ‘Feel Flows’ | Rolling Stone Italia
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Quando i Beach Boys diventarono adulti: guida al nuovo box set ‘Feel Flows’

La raccolta si concentra sul periodo cruciale che va dal '69 al '71: col pop e il surf alle spalle, i californiani sono costretti a trovare una "voce" più matura. Ecco i 10 pezzi più pregiati

Quando i Beach Boys diventarono adulti: guida al nuovo box set ‘Feel Flows’

I Beach Boys nel 1969

Foto: RB/Redferns via Getty Images

All’inizio degli anni ’70 i Beach Boys avevano molte cose da dimostrare. Il grande successo pop era alle spalle e persino trionfi artistici come Pet Sounds e Wild Honey si erano rivelati flop commerciali. I boys of summer si avvicinavano ai 30 anni d’età, erano diventati papà barbuti alle prese con matrimoni, divorzi e i tempi che cambiavano. Quando si sono rimessi al lavoro nello studio di Brian Wilson, nella sua casa di Bellagio Road a Bel Air, faticavano a trovare un posto in un mondo nuovo che li aveva relegati al ruolo di band per nostalgici. E invece sono riusciti a trovare una voce adulta con Sunflower e Surf’s Up, due capolavori che rappresentano dei picchi creativi della loro carriera.

Il nuovo box set Feel Flows – The Sunflower and Surf’s Up Sessions 1969-1971 che uscirà il 30 luglio ci permette di rivivere quel momento importante della loro storia. Rolling Stone l’ha ascoltato in anteprima, ed è pieno di rivelazioni: racconta la storia della rinascita del gruppo in cinque dischi che comprendono inediti e tesori dell’epoca di Bellagio Road. In una nuova intervista contenuta nella raccolta, Bruce Johnston dice che quello è il miglior periodo che hanno passato insieme. «Tutti volevano crescere, ma erano ancora giovani, usavano lo studio come un club per soli uomini dove portare le loro canzoni».

Brian Wilson era super creativo dopo un lungo periodo passato senza scrivere. I Beach Boys, però, erano diventati un gruppo con sei autori alle prese con trasformazioni personali e culturali. Quando Brian non riusciva ad alzarsi dal letto, li sentiva suonare al piano di sotto. «Ascoltare musica risuonare a casa mia tutto il giorno è stato di grande ispirazione», dice.

Sunflower era il loro Abbey Road, un disco di un ottimismo adulto guadagnato a fatica; Surf’s Up era un Let It Be, più scuro ed elegiaco, vedi la lugubre ’Til I Die scritta da Brian. Sunflower è stato pubblicato il 31 agosto 1970, Surf’s Up quasi un anno dopo. Il fatto che siano entrambi usciti alla fine dell’estate, un momento apparentemente sbagliato per i Beach Boys, era invece simbolico, significativo della maturità e profondità che avevano trovato. Entrambi i dischi, infatti, parlavano di come andare avanti dopo la fine del surf, ecco perché funzionano ancora oggi.

Prodotto da Mark Linett e Alan Boyd, Feel Flows contiene le rimasterizzazioni definitive dei due dischi, più outtake, nuovi mix, dialoghi in studio, tracce vocali e strumentali e performance dal vivo, per un totale di 135 tracce, di cui 108 inedite. Nel box set c’è anche un libro di 48 pagine con foto e un saggio di Howie Edelson basato su nuove interviste con tutti i membri della band ancora in vita. Feel Flows verrà pubblicato anche in versione ridotta, su due CD o quattro LP. Nel materiale inedito ci sono canzoni molto importanti e mai ascoltate fino a oggi: il sogno bucolico di Mike Love Big Sur; i trip soul di Dennis Wilson Hawaiian Dream e Behold the Night; le demo al pianoforte di Awake e Won’t You Tell Me registrate da Brian Wilson.

Grazie al box set possiamo anche ascoltare i Beach Boys mentre scoprono un nuovo spirito collaborativo. Dennis, fino a quel momento relegato al ruolo di surfer, rocker e animale da festa, si stava trasformando in un vero autore. In Sunflower prende il centro della scena con Slip On Through e Forever (in quel periodo ha anche partecipato al film Two-Lane Blacktop, classico indie del regista Monte Hellman, scomparso lo scorso aprile; per Wilson e James Taylor resterà l’unica apparizione cinematografica, ma insieme l’hanno reso un noir indimenticabile). Dennis accumulava canzoni per il suo disco solista e a giudicare dalle selezioni di Feel Flows il risultato sarebbe stato grandioso. Sfortunatamente, non è riuscito a finirlo. L’unico disco che è riuscito a concludere in vita è stato Pacific Ocean Blue del 1977.

Anche Bruce Johnston, Al Jardine e Carl Wilson si stavano trasformando in autori. Come facevano a decidere su che canzoni lavorare? Come dice Dennis, vinceva «chiunque colpisse più duro, urlasse più forte e avesse in mano la bozza migliore».

A Bellagio Road, però, i Beach Boys hanno anche lavorato collettivamente come mai fino a quel momento (o dopo), recuperando canzoni che Brian non riusciva a finire, soprattutto Surf’s Up. Aveva presentato il brano in uno speciale televisivo del 1967 di Leonard Bernstein, da solo al pianoforte, ma ci sono voluti anni per finire la versione in studio. I Beach Boys affrontavano temi come la mortalità, la morte degli ideali giovanili, l’ambiente, la guerra del Vietnam, la meditazione trascendentale. Nella raccolta ci sono anche stranezze come Seasons of the Sun (prodotta da Terry Jacks, che qualche anno dopo ne farà una hit) e uno strambo strumentale, una parodia di You Never Give Me Your Money dei Beatles.

Sunflower è stato un insuccesso commerciale, ma ironia della sorte, il più cupo Surf’s Up è stato il maggiore successo del gruppo dal 1967, probabilmente aiutato dal titolo. Entrambi i dischi sono diventati classici sottovalutati della storia della band, ma negli ultimi anni hanno finalmente riconquistato il posto che spetta loro. Ecco i 10 momenti più rivelatori del box set.

Big Sur

L’ode folk di Mike Love alla natura della West Coast, ai suoi canyon e alle sue sequoie, alle conchiglie e i cervi. Big Sur non era mai uscita in versione originale, ma è riapparsa nel disco del 1973 Holland come parte di California Saga (Big Sur). Love l’ha scritta durante una fuga in California nel mezzo di un divorzio. «Avevo questa vecchia chitarra, una Martin», dice. «Così ho scritto una poesia su quello che provavo lì».

Behold the Night

Il talento di Dennis Wilson è emerso prepotentemente durante le session a Bellagio Road. All’improvviso scriveva una canzone dopo l’altra e la band non riusciva a stargli dietro. Finalmente sobrio e in salute (almeno per i suoi standard), ha scritto questa splendida ballata per harpsichord sorta di gemella di Forever dove canta: “Non fraintendermi / Io voglio amare”. Behold the Night è un grande pezzo di un grande autore, è difficile credere che sia rimasto inedito per tanti anni.

‘Til I Die

’Til I Die, direttamente da Surf’s Up, è ancora oggi una delle canzoni più potenti della band, l’elegia di Brian alla sua gioventù perduta. In Feel Flows c’è la demo strumentale per pianoforte e anche una straordinaria versione estesa con un testo diverso e una lunga introduzione di vibrafono.

Medley: All of My Love / Ecology

Un’altra bomba di Dennis mai pubblicata e probabilmente destinata ad essere inclusa nel disco solista che non ha mai chiuso. Feel Flows è pieno di suoi tesori dimenticati. Questo brano corale del 1971 mostra quanto aveva imparato da Brian, e lo stesso si può dire di Hawaiian Dream e Old Movie (Cuddle Up) (quest’ultimo è stato rielaborato per Carl and the Passions – So Tough). In tutti e tre i pezzi c’è un collaboratore: Daryl Dragon, che è arrivato nella Top 40 col progetto Captain and Tennille.

Awake

È la versione solista di Brian di una ballata del rocker Floyd Tucker. Tra i fan più hardcore, Awake è conosciuta nella versione registrata dal gruppo della moglie di Brian Wilson, American Spring, e da lui prodotta. Questa, però, è ancora più amabile.

Won’t You Tell Me

Una demo per voce e organo di una ballata ufficialmente accreditata a Murry, il famigerato padre dei Wilson (uscì come lato B di una band per cui faceva da manager, i Sunrays). Ma secondo quanto racconta Brian, «non credo di averla scritta con mio padre, credo di averlo fatto da solo». Nella demo si sente anche la voce di Murry, che dice: «È la vostra migliore canzone da cinque anni!». In tutta risposta Brian scoppia a ridere.

Back Home

Una fantasia escapista estiva ambientata in una fattoria, registrata più avanti per lo sfortunato disco del 1976 15 Big Ones. Questa versione è più essenziale e intima, con Alan Jardine e Brian Wilson al lavoro per trovare le parti vocali. C’è anche una toccante registrazione live del 1976 dove Brian suona in modo ruvido ed entusiasta.

Long Promised Road (Live, 1972)

Carl era orgoglioso di questo pezzo e la versione live del 1972 è dedicata a lui. Come dice Brian: «Incarnava lo spirito dei Beach Boys. La sua voce mi ha guarito mentre passavo brutti momenti, mi ha aiutato molto».

Add Some Music to Your Day

Una versione alternativa di uno dei pezzi migliori di Sunflower. È un esempio perfetto dello spirito collaborativo dell’era di Bellagio Road. Qui tutte le voci del gruppo si uniscono per dire: «La musica è la mia anima».

Surf’s Up (Live, 1973)

Questa versione live, un vero tour de force, è introdotta da un impassibile Mike Love: «Se qualcuno fosse interessato, questa canzone è stata scritta da Brian Wilson e dal suo amico Van Dyke Parks», dice al pubblico. «Brian l’ha suonata una volta in tv, uno speciale di Leonard Bernstein, e Leonard Bernstein ha detto che era una delle migliori canzoni rock di sempre». Poi Carl inizia a cantare, e dimostra che è effettivamente così.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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