Qual è la migliore pagina Instagram? E perché proprio Jazz Photo Archives? | Rolling Stone Italia
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Qual è la migliore pagina Instagram? E perché proprio Jazz Photo Archives?

Più che una pagina, è un archivio preziosissimo che restituisce testimonianze non tanto degli episodi più altisonanti, quanto piuttosto dei frammenti di vita quotidiana attorno e dentro la storia da cui il jazz (soprattutto newyorkese) ha trovato terreno fertile e si è nutrito

Qual è la migliore pagina Instagram? E perché proprio Jazz Photo Archives?

Donald Byrd suona nella metro di NYC

Foto: profilo Instagram @jazzphotoarchives

Il senso di questo articolo in realtà è contenuto nel suo stesso titolo. Basterebbe dar retta alla headline e aprire l’app che con ogni probabilità è tra quelle usate per più tempo al giorno (non mentiamoci) e constatare personalmente.

A dirla tutta nemmeno vuole essere un articolo, perché vedere una foto di Ray Charles che gioca a scacchi su un autobus negli anni ’50 è già di per sé qualcosa di strabiliante che parla per sé.

Insomma, questo sconfinato archivio fotografico, Jazz Photo Archives, ideato dal V-Note Collective di Brooklyn e gestito da Aalyaah Cole, documenta scene neanche troppo iconiche delle più grandi leggende del jazz americano: Ornette Coleman, Theolonious Monk, Miles Davis, Louis Armstrong, fino ad arrivare anche a nomi tutelari del soul come James Brown.

E sta proprio qui il vero valore della pagina, cioè nel restituire testimonianze non tanto degli episodi più altisonanti, quanto piuttosto dei frammenti di vita quotidiana attorno e dentro la storia da cui il jazz (soprattutto newyorkese) ha trovato terreno fertile e si è nutrito. Jazz Photo Archives, così come la sua pagina gemella, The Jazz Library, restituisce istantanee di vita della comunità nera della Big Apple, in tempi e luoghi che a noi europei sono giunti prevalentemente come costumi di scena in film datati.

Qui, ciò che di cui ci è concesso godere sono le inestimabili briciole di storia dell’America moderna, di strada, non quella scintillante dei loft dell’Upper East Side. Sono i comunissimi, usurati, spesso sudici locali da ballo, ristoranti e bar del Bronx, di Brooklyn o del Queens. Sono ragazze che ballano via gli affanni di un sistema che è stato sin dagli inizi a favore dei ricchi. Si vedono poliziotti palesemente corrotti che sorridono sornioni davanti alla macchina fotografica, o addirittura carcerati immortalati con la classica divisa a strisce bianche e nere, in uno dei rarissimi di momenti di svago accompagnato da una chitarra sgangherata.

Dicevamo? Ah, sì. Non è un articolo, ma un invito spassionato a seguire uno degli archivi meglio curati, malinconici e altrimenti destinati all’oblio di un momento importante della storia della musica contemporanea. Così come delle vite di tantissime persone che non hanno un nome, ma che diventano protagoniste grazie a qualche scatto rubato in momenti d’intimità assoluta.