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Pop Smoke, Dua Lipa e l’arte del duetto postumo

Che ci fa la cantante di ‘Future Nostalgia’ nel secondo album del rapper scomparso nel 2020? È una bestemmia? E chi decide che cos’è accettabile fare dopo la morte di un artista? Il dibattito è aperto

Foto press

Non troverete la frase “Non puoi dire Pop senza dire Smoke” nei cartigli dei cioccolatini. Sta su Demeanor, collaborazione postuma del rapper Pop Smoke con Dua Lipa tratta dal secondo album di lui, Faith. La popstar non che è una degli ospiti del disco, forse la più sorprendente. E se la cava egregiamente, sembra quasi impossessata dallo spirito del rapper.

Demeanor è per metà festa e per metà minaccia. Pop Smoke afferma non solo di voler vivere, ma di farlo alla grande. “Ascolta, non è vita con 11 dollari all’ora”, rappa su una base sinistra che sfocia in un funk. Dua Lipa dice “il mio atteggiamento è più tosto del tuo” a metà fra cantato e parlato, per poi lanciarsi in un verso breve, seducente e assertivo e in quel bridge che mette i brividi: “Non puoi dire Pop senza dire Smoke / perciò riempi i polmoni, i miei diamanti ti faranno soffocare”.

Il pezzo ci sta, eccome, ma quand’è stata annunciata la tracklist molto hanno storto il naso. «Dua Lipa su un disco di Pop Smoke. Non dite sul serio», ha twittato qualcuno. «Come fa Pop Smoke a riposare in pace se mettete Dua Lipa nel suo disco?», ha chiesto un altro. Immagino non abbiano visto il video in cui Pop e i suoi amici ascoltano One Kiss di Dua Lipa in auto.

Faith ha dato origine a un dibattito un po’ più serio di questi tweet non solo sull’appeal, ma anche sull’opportunità di pubblicare musica postuma. Solitamente i fan stanno dalla parte delle famiglie degli artisti scomparsi e si fanno domande sulle intenzioni di chi gestisce i diritti della musica. Si preoccupano anche dell’integrità delle opere prodotte senza la guida di chi le ha create. Domande simili sono sorte ai tempi delle pubblicazioni postume di Notorious B.I.G e di Tupac tra la fine dei ’90 e l’inizio dei 2000, e più di recente con Lil Peep, Mac Miller, DMX. Forse noi ascoltatori dovremmo cominciare chiedendoci quel che sappiamo e non sappiamo.

Sappiamo ad esempio che prima della morte Pop Smoke era destinato a diventare una stella del rap game. Il boss della sua etichetta Steven Victor ne vide il potenziale esplosivo nel giro di poche ore, il giorno in cui l’ha conosciuto. Nel 2019 Nicki Minaj ha cantato nel remix di Welcome to the Party: era già una hit, è diventata una bomba. Nel 2020 Dior, bonus track del debutto postumo doppio platino Shoot for the Stars, Aim for the Moon, è diventato l’inno non ufficiale delle rivolte negli Stati Uniti.

Un’altra cosa che sappiamo è che Pop Smoke è sì diventato una star del rap, ma avrebbe potuto farcela tranquillamente anche nel pop. Secondo Victor, voleva diventare una superstar. Voleva vincere un Grammy. Voleva il successo mainstream e la fama. E anche se da una vecchia storia di Instagram emerge che su Demeanor il suo ex manager Rico Beats voleva Bruno Mars, sappiamo che Pop Smoke ha apprezzato la musica di Dua Lipa, anche se magari solo per un breve stante.

E quindi sì, la voce incorporea di Pop sul tipico suono rétro di Dua Lipa può sembrare stridente, ma solo le persone più vicine al rapper sanno di preciso quale sarebbe stata la volontà del rapper. Non sappiamo quali collaboratori Pop Smoke avrebbe cercato se fosse ancora vivo, quali rischi avrebbe corso, quali strade avrebbe percorso. Né sappiamo come si sarebbe evoluta la sua visione. Non lo sappiamo e mai lo sapremo. E questa una delle tante tragedie derivanti dalla sua morte.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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