Police, 40 anni di ‘Reggatta de Blanc’ | Rolling Stone Italia
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Police, 40 anni di ‘Reggatta de Blanc’

Il 5 ottobre 1979 usciva il secondo album della band di Sting. Prima di riascoltarlo, rileggiamo la recensione originale di Rolling Stone

Police, 40 anni di ‘Reggatta de Blanc’

Un dettaglio della copertina di 'Reggatta de Blanc', il secondo album dei Police

Chi, ascoltando Outlandos d’Amour, ha accusato i Police di essersi appropriati della new wave, troverà in Reggatta de Blanc sufficienti elementi per pensare che l’abbiano fatto di nuovo. Il gruppo esibisce ancora una volta la stessa prepotenza furba e arrogante che ha rovinato il debutto.

“Le altre canzoni sono totali stronzate”, annuncia il batterista Stewart Copeland a proposito di On Any Other Day, brano che ha scritto come cronaca delle miserie della periferia. “Volevate un pezzo sdolcinato?”, chiede. “Eccolo”, risponde. Nel resto del disco, le voci reggae del bassista e frontman Sting suonano piatte e spocchiose, come se volessero elencare dei sentimenti piuttosto che incarnarli.

Com’è già successo con Outlandos d’Amour, però, tutte queste critiche sono annullate dalla pura energia della sezione ritmica. Reggatta de Blanc è talmente pieno di vita da farci sospettare che l’immagine da élite distaccata che si sono cuciti addosso i Police – simile a quella del mod interpretato da Sting in Quadrophenia – sia solo un’altra posa.

Non c’è niente, in questo LP, che sia orecchiabile come Roxanne, con le sue risatine e le armonizzazioni pop del ritornello, ma quasi tutte le composizioni sull’album vi resteranno comunque in testa. Costruendo e ripetendo melodie ritmate e scarne, Sting, Stewart Copeland e il chitarrista Andy Summers inventano pattern e creano correnti opposte come se fossero culturisti che si allenano uno di fianco all’altro.

Le canzoni, non importa se reggae o rock, non hanno quasi mai un finale. Al contrario, accumulano ritornelli, cambiano tempo e poi svaniscono. Ognuna di esse è perfezionata da una produzione distinta o da un trucchetto nell’arrangiamento: le voci effettate con il phaser in No Time This Time, il testo ritmato alla Bob Dylan di Subterranean Homesick Blues in It’s Alright With You, la struttura di Magic Bus degli Who infilata in Deathwish. Il reggae evocativo di The Bed’s Too Big Without You combina le sillabe secche e ululate di Sting con le frecciate ronzanti della chitarra di Summers per dare vita a un ritornello impossibile da non cantare.

Nel brano migliore di Reggatta de Blanc, Message in a Bottle, Summers inventa un giro di chitarra ripetitivo e sinuoso (presto in prestito da Don’t Fear the Reaper dei Blue Öyster Cult) che si avvolge attorno alla linea di basso. I veloci fill di charleston di Copeland rendono il brano ancora più urgente, mentre i gemiti reggae di Sting suonano come la sirena di un’ambulanza, una guida e un avvertimento. È la canzone perfetta per capire perché i Police sono più attraenti che offensivi.

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