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Perché i musicisti vendono i loro cataloghi?


Bob Dylan, Neil Young e altri artisti hanno ceduto i diritti delle loro canzoni per cifre milionarie. Perché proprio adesso? Chi li compra? E che cosa significa per l’industria discografica?

Perché i musicisti vendono i loro cataloghi?

Stevie Nicks, Bob Dylan, Shakira

Foto: Robb Cohen/Invision/AP Images; Chris Pizzello/AP Images; Greg Allen/Invision/AP Images

Fra i trend musicali emersi nell’anno della pandemia, la compravendita a prezzi spaventosi dei cataloghi delle vecchie canzoni è quello apparentemente inspiegabile. Gli artisti non possono andare in tour, eppure il valore delle loro opere non è mai stato così alto. Che cosa sta succedendo? Ecco tutti i fattori che hanno influenzato l’attuale boom di acquisizioni e gli artisti, produttori e autori che ne stanno approfittando.

Che cosa si vende di preciso?

Gruppi come Hipgnosis Songs Fund e Primary Wave stanno sconvolgendo l’industria. Generalmente, i diritti d’edizione restano proprietà di editori e autori, mentre quelli sulle registrazioni sono di etichette discografiche e performer. Negli ultimi, mesi, però, queste due aziende hanno acquistato tali diritti relativamente ad artisti come Fleetwood Mac, Neil Young, Shakira, John Lennon, Dire Straits. Grazie a queste operazioni, i gruppi guadagnano dalle royalties, dai contratti con i brand e da altri accordi di cui altrimenti avrebbero beneficiato i musicisti.

Hipgnosis è quotata in borsa a Londra e si finanzia facendo debito. Primary Wave è sostenuta da investitori istituzionali, tra cui BlackRock, che mettono il loro denaro a disposizione del fondo. Entrambi i gruppi hanno beneficiato di investimenti d’ogni tipo: il valore degli asset musicali è stabile nel tempo, se non addirittura in crescita, nonostante questo sia un periodo particolarmente turbolento per i mercati (la ragione è semplice: tutti stanno acquistando e ascoltando musica in streaming). Come ha detto Merck Mercuriadis, fondatore e CEO di Hipnosis: «Una mossa folle di Donald Trump influenzava il prezzo dell’oro o del petrolio, non le canzoni. È un bene che viene consumato costantemente».

In più, in questo periodo ottenere denaro in prestito è particolarmente semplice grazie ai tassi d’interesse bassi. Secondo gli esperti, la fragilità economica creata dalla pandemia li manterrà a questi livelli fino al 2023.

C’è un altro fatto: i giganti tradizionali dell’industria, ovvero le etichette discografiche, non hanno intenzione di lasciare i loro asset a Hipgnosis senza combattere. È per questo che alla fine del 2020 Universal Music Group ha pagato quasi 400 milioni di dollari per acquistare il catalogo di Bob Dylan.

Perché gli artisti sono interessati?

Il coronavirus è uno dei fattori principali. Niente tour significa niente incassi, e anche artisti storici come David Crosby devono trovare fonti di guadagno alternative. Ci sono anche altri motivi che portano vecchie icone della controcultura come Neil Young e Bob Dylan, che non hanno necessariamente bisogno di liquidi, a vendere i diritti delle loro canzoni. Eccoli.

I benefici fiscali

Negli Stati Uniti sta per chiudersi una finestra fiscale vantaggiosa. Joe Biden prevede di modificare le imposte sulle plusvalenze allineandole alle imposte sui redditi per incassi superiori al milione di dollari. Questo significa un aumento della tassazione dal 20% al 37%, per chi guadagna di più. Prendiamo Bob Dylan, che ha venduto il suo catalogo per 400 milioni: con le tasse al 20% deve 80 milioni al governo; al 37%, la cifra aumenterebbe di ben 65 milioni.

C’è un altro elemento: perché un artista dovrebbe vendere i diritti delle sue canzoni al posti di incassare quella cifra (diciamo 400 milioni) grazie alle royalties che arriveranno nel corso degli anni? Se lo facessero, appartenendo loro alla fascia di reddito più alta (sicuramente Dylan ne parte), dovrebbero pagare il 37% di tasse ogni anno. Vendere i diritti e incassare un unico assegno milionario tassato al 20% sembra la scelta più prudente.

Circostanze personali

Non vogliamo avventurarci troppo nelle faccende personali delle leggende della musica, ma alcune cose sono note a tutti: Bob Dylan ha quasi 80 anni e sei figli e sta sicuramente pensando alla sua eredità. Un assegno di 400 milioni è più facile da dividere rispetto ai diritti di copyright. Shakira, invece, è da due anni al centro di un caso d’evasione fiscale in Spagna, e il governo locale chiede la restituzione di 16 milioni di dollari. Non sappiamo se tutto questo abbia davvero influenzato le scelte degli artisti, ma è utile ricordare che anche le superstar hanno a che fare con problemi familiari e amministrativi.

L’incertezza sul proprio valore di mercato nel futuro

Secondo un recente report di Hipgnosis, l’azienda paga ad artisti e autori in una sola volta un multiplodi quanto guadagnano ogni anno con le royalties. Più è grande la star, più questo fattore aumenta. Per fare un esempio, pare che Universal abbia pagato 25 volte quello che il catalogo di Dylan frutta ogni anno.

Anticipare i guadagni delle royalties libera gli artisti da più di un’incertezza. Innanzitutto, l’aumento delle entrate dello streaming sta rallentando nei mercati più maturi come Stati Uniti e Regno Unito. Quanto può crescere ancora l’industria discografica? Poi: cosa succederebbe se nei prossimi 20 anni nascesse una nuova innovazione tecnologica pericolosa per gli artisti, come sono stati Napster e Limewire? E ancora: su Spotify appaiono 40 mila nuove canzoni al giorno e ogni anno esplodono nuove megahit (pensate a Old Town Road), cosa succede ai vecchi classici? Come può un veterano di oggi essere sicuro che sarà ancora popolare nel 2031? Di fronte a un pagamento unico e garantito, qualunque artista si farebbe queste domande.

Le acquisizioni in ordine cronologico

Nel 2018, Hipgnosis Fund, la società d’investimenti di Merck Mercuriadis, ha chiuso le prime acquisizioni con The D-Ream e l’autore Poo Bear, che ha firmato brani come What Do You Mean? di Justin Bieber e la versione inglese di Despacito. Nello stesso anno, Primary Wave ha speso 50 milioni di dollari per acquistare i diritti del catalogo di Bob Marley.

Nel 2019, Hipgnosis ha acquistato i diritti di autori come Johnta Austin (che ha scritto per Mary J. Blige e Mariah Carey) e Sean Garett (Beyoncé, Usher, Ciara). Ha anche preso il catalogo di Timbaland, che comprendeva sei dischi di Missy Elliott e cinque di Justin Timberlake. Primary Wave ha risposto con il 50% dei diritti della musica di Whitney Houston e con il catalogo pre-1964 di Ray Charles.

Nel 2020, Hipgnosis ha iniziato a fare sul serio. Ha acquistato in rapida successione i diritti di Richie Sambora dei Bon Jovi, Tom DeLonge dei Blink-182, i co-fondatori dei Blondie, Mark Ronson, Jack Antonoff, Rick James e Barry Manilow. In più, ci sono anche le 33 mila canzoni di Kobalt Music Copyrights, che ha acquistato a novembre, tra cui quelle di Skrillex, 50 Cent, Nelly e Christina Perri.

Concord Music Group ha invece comprato i diritti del catalogo degli Imagine Dragons, pare per una somma a nove cifre. Calvin Harris ha venduto il suo a Vine Alternative Investments, mentre i diritti di Taylor Swift sono stati ceduti a Shamrock Capital (non dalla cantante, ma da Scooter Braun, che ha concluso l’operazione senza la sua autorizzazione).

A novembre, i Killers hanno venduto il catalogo a Eldridge, un’azienda di investimenti del Connecticut, guidata da Todd Boehly.

A dicembre, Stevie Nicks ha venduto gran parte dei suoi diritti a Primary Wave con un accordo stimato di circa 100 milioni di dollari. Pochi giorni dopo è arrivato il turno di Bob Dylan, che ha ceduto il suo catalogo – tra cui il primo album della Band e la hit The Weight – a Universal Music Publishing Group per circa 400 milioni di dollari.

Neil Young ha dato inizio al 2021 vendendo a Hipgnosis metà dei diritti di copyright delle 1180 canzoni del suo catalogo. Nello stesso periodo, il fondo ha acquistato i diritti d’edizione di Lindsey Bickingham e Shakira, oltre alle royalties dal produttore Jimmy Iovine.

Per non restare indietro rispetto ai colleghi dei Fleetwood Mac, pochi giorni fa Mick Fleetwood ha venduto i suoi diritti a BMG (attenzione: gli accordi stipulati da Nicks e Buckingham riguardano i diritti d’edizione, mentre Fleetwood ha venduto quelli sulle registrazioni; il livello di controllo creativo e le royalties degli stream saranno quindi differenti).

Questa settimana, Ryan Tedder degli OneRepublic, autore che ha lavorato con Adele e Beyoncé, ha venduto il suo catalogo a KKR, un’azienda d’investimento con un portafoglio notevole. L’accordo è particolarmente significativo proprio per la natura dell’acquirente: è l’inizio di una nuova fase, quella in cui entrano in gioco i giganti di Wall Street.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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