‘Patria y vida’ è l’inno delle proteste a Cuba | Rolling Stone Italia
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‘Patria y vida’ è l’inno delle proteste a Cuba

Storia della canzone che fa da colonna sonora alle manifestazioni antigovernative. Non è più «patria o morte» come ai tempi della rivoluzione, ma «patria e vita». E intanto uno degli autori è finito in carcere

Un’ondata di proteste di dimensioni storiche è in corso a Cuba da domenica scorsa. Centinaia di persone sono scese in piazza in diverse città dell’isola per manifestare contro le difficoltà economiche e la carenza di cibo e vaccini in quelle che sono già diventate le più massicce proteste antigovernative a Cuba da decenni a questa parte. Alcuni video girati sui social mostrano cubani che marciano al grido di “libertà” e scandiscono un altro slogan: “Patria y vida!”, patria e vita, un riferimento a una canzone omonima che è diventata l’inno delle proteste nel Paese.

Il brano, uscito lo scorso febbraio, ha 6 milioni di visualizzazioni su YouTube. Gli autori sono gli artisti cubani Yotuel Romero, Descemer Bueno, Maykel Osorbo, Eliécer “el Funky” Márquez e il duo reggaeton Gente de Zona. Il testo prende di mira direttamente il governo comunista di Cuba: “Basta bugie. Il mio popolo chiede la libertà, non altre dottrine. Non gridiamo più, ‘patria o morte’, ma ‘patria e vita’, e cominciamo a costruire quello che sognavamo, quello che ci hanno distrutto”. Il titolo Patria y vida si riferisce al motto “patria o muerte”, “patria o morte”, associato alla rivoluzione cubana di Fidel Castro degli anni ’50. 

Il motto originale è dipinto ancora oggi su un sacco di edifici a L’Avana. Un tempo era uno slogan di emancipazione che incitava i cubani a combattere fino alla morte per la loro patria. È simile al tema dell’inno nazionale cubano, La bayamesa, in cui c’è un verso che dice “morire per la patria è vivere”. In Patria y vida gli artisti lo capovolgono e proclamano che vogliono sì la patria, ma anche vivere. 

«L’idea era quella di scrivere una canzone che fosse un inno», spiega al telefono a Rolling Stone Romero. «Nella canzone diciamo: è finita, basta, le persone vogliono un cambiamento».

La collaborazione è andata in porto in modo naturale. Romero era amico di Alexander Delgado e Randy Malcom, i membri del gruppo Gente de Zona, che conosceva fin da quando stavano a L’Avana. Delgado e Malcom sono stati contattati da Romero per collaborare a un remix. Una volta in studio, hanno deciso che volevano fare una canzone nuova, da zero, per parlare di quella che Delgado chiama «la realtà di Cuba».

Romero e i Gente de Zona oggi vivono a Miami, mentre Osorbo e El Funky stanno ancora a Cuba: per loro parlare tanto apertamente contro il governo del Paese è un rischio. I due rapper hanno registrato le loro strofe in segreto e le hanno mandate ai tre artisti che hanno mixato il brano a Miami. «Coinvolgerli è stata la chiave, perché sono rapper e persone che si oppongono alla dittatura e che vivono a Cuba», afferma Delgado. E Malcom aggiunge: «Sono artisti disposti a dare la vita per il loro Paese».

Osorbo è stato arrestato dalle autorità cubane dopo la pubblicazione della canzone. Il giornale filo-governativo Cubadebate l’ha accusato di «aggressione, disordini ed evasione dalla custodia». È stato in carcere per più di 40 giorni.

Il suo arresto è stato uno dei modi in cui il governo cubano ha cercato di evitare il successo a Patria y vida. Poco dopo la pubblicazione della canzone sono usciti articoli che la denunciavano scrivendo che era «piena d’odio» e persino un brano di risposta che difendeva lo slogan originale. Nessuno di questi sforzi è stato in grado di impedire al messaggio di Patria y vida di diffondersi. «I cubani che mi scrivono sono commossi dalla canzone. È diventata come uno scudo in mezzo alle difficoltà che stanno vivendo. Per me è una benedizione», afferma Romero. 

Romero ha amici e familiari che gli dicono cosa sta succedendo al momento nel Paese, nonostante gli sforzi del governo di censurare e reprimere le manifestazioni. «La situazione è molto tesa», afferma, «ci sono molta incertezza e paura per la reazione della dittatura. Hanno staccato internet per impedire al mondo di vedere cosa sta succedendo, ma in un modo o nell’altro stiamo ricevendo messaggi di persone che cercano di condividere quello che succede. Noi, gli artisti che stanno fuori dal Paese, stiamo cercando di dar loro voce».

Secondo Delgado e Malcom le proteste stanno diventando sempre più violente e le restrizioni a internet rendono difficili le comunicazioni. «I giovani rischiano tutto uscendo per strada dove volano proiettili e manganelli», afferma Delgado. Lui e Malcom sono stati banditi da Cuba dopo l’uscita della canzone e non possono più tornare nel Paese. 

Dall’inizio delle manifestazioni ci sono state decine di arresti. A Miami sono state organizzate marce di solidarietà in cui si mette a tutto volume Patria y vida. Mentre la canzone sta attirando l’attenzione di mezzo mondo, Romero spera che possa rappresentare un modo per cambiare le cose a Cuba. «Vorrei che questa fosse l’ultima canzone scritta per incitare alla liberazione di Cuba, e che le prossime possano parlare di tornare a Cuba e rivedere i propri cari».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US