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Ora che avete riscoperto Kate Bush potete ascoltare ‘The Dreaming’

Compie quarant’anni uno degli album più strani e coraggiosi dell'inglese, un salto da un aereo senza paracadute. Dal Vecna della brutta musica ci si salva anche con questo disco

Foto: Steve Rapport/Getty Images

La storia della musica e dello spettacolo è sempre stata caratterizzata da improvvise riscoperte che in qualche modo annullano il mito della novità, dell’attualità o della musica giovane. È successo con i Sex Pistols che coverizzavano Eddie Cochran, è successo con Roy Orbison diventato un mito degli anni ’90 con la sua Oh, Pretty Woman nonostante fosse stata pubblicata nel 1964, e la lista è lunga. Questa volta è toccato a Kate Bush, che si è ritrovata improvvisamente al primo posto nelle classifiche con un brano del 1985: sappiamo tutti di cosa si tratta, ovvero Running Up That Hill, un vecchio successo tratto dall’album Hounds of Love che viene usato nella quarta stagione di Stranger Things un po’ per tutta la serie, ma soprattutto in una delle scene madri, quando l’ascolto del brano salva letteralmente la vita a Max che sta soccombendo al mostruoso Vecna.

Da una parte, in un mondo in cui la musica invecchia nel giro di una settimana, la cosa ha dell’inverosimile; dall’altra non ci stupiamo in quanto il brano rappresenta un picco di avanguardia digitale che gli ha permesso di arrivare fino ad oggi come se fosse registrato ieri. La cosa più incredibile semmai è che l’album di Kate Bush che ha aperto la strada a certe innovazioni è ancora oscuro ai più e come da copione nessuno della produzione della serie ha pensato di uscire dai canoni e di usarne i brani: stiamo parlando di The Dreaming, a tutt’oggi bestia tanto rispettata quanto scomoda. All’epoca della sua uscita, il 1982, fu trattato dalla critica come se fosse una specie di scherzo, come un eccesso di megalomania, come un’esagerazione plateale. Il pubblico lo accolse tiepidamente poiché, anche se raggiunse il terzo posto in classifica nel Regno Unito, le vendite calarono molto presto a picco.

In verità è stato un decisivo strappo della Bush dal confort di un certo avant pop raffinato gettandosi a corpo libero nella follia di un futuro caotico ed estremo, una terapia d’urto che se all’inizio non sembrava dare alcun frutto è stata invece la base per il perfetto bilanciamento di forze tra pop e sperimentazione in Hounds of Love. Ma soprattutto è stato d’ispirazione per gente come Björk e Big Boi, e anche per insospettabili come i Depeche Mode (sentite i respiri ritmici stile canti di gola Inuit campionati in Personal Jesus e poi ci dite) e i Placebo. Questo perché in quell’anno la Bush decide di prodursi da sola affidandosi alla tecnologia più avanzata dell’epoca. Pubblicato pochi giorni dopo Peter Gabriel 4, ha mancato solo per un pelo il primato di disco più Fairlight oriented di sempre. Gabriel e la Bush saranno d’altra parte artisticamente legatissimi tanto che si regaleranno ospitate reciproche e Gabriel sarà uno dei primi a usare il microfono senza fili inventato dalla Bush.

Rinchiusa nel suo studio Kate Bush si butta a pesce sul macchinario creato da Peter Vogel tirando fuori tutti i suoi fantasmi, le sue fantasie recondite, i suoi deliri, lasciando agli strumentisti solo determinati spazi da colorare, ribaltando la forma canzone come un calzino e rendendola quasi un’opera cubista. Un paragone calzante potrebbero essere le aeropitture futuriste di Barbara Biglieri, che si lanciava dal paracadute per dipingere il paesaggio nel momento della caduta. The Dreaming è esattamente un lancio nel vuoto, ma senza paracadute. Ovviamente ogni lancio da un aereo ha bisogno di un pilota: in questo caso Bush sceglie l’ingegnere del suono Nick Launay, reduce dalla produzione del controverso Flowers of Romance dei PIL, per la capacità di creare suoni inauditi e crudi.

Bush arriva al mattino carica d’idee chiedendogli cose tipo «possiamo trasformare le batterie in cannoni»? E considerata la grande somiglianza nell’arrangiamento delle batterie (senza piatti e guidate da un altro macchinario onnipresente, la drum machine Linn), inizialmente la scelta doveva cadere su Hugh Padgham che aveva lavorato con Gabriel, ma non era disponibile. Questo fu determinante perché l’album senza di lui ha un altissimo tasso sperimentale altrimenti impossibile (Padgham era già stato preso dai Genesis di Abacab, che di innovativo ha forse solo il titolo).

A differenza di molto sound anni ’80 del periodo, Kate decide di non essere minimale ma al contrario buttarsi sul massimalismo: tantissime sovrapposizioni vocali anche deformate, anche in reverse, poliritmi, con lungimirante azzeramento della strumentazione rock, un tornado di suoni, di effettistica e di particelle musicali che vengono prese, tagliate e montate dal Fairlight come se si trattasse della pellicola di un film i cui fotogrammi sono sparsi sul pavimento e cui tocca dare coerenza riassemblandoli a naso. E poi, laddove Gabriel si appropriava di suoni etnici campionati da cassette, qui c’è invece l’utilizzo di strumenti folk come la cornamusa irlandese e il didgeridoo a puntellare le fondamenta digitali create dal Fairlight, il tutto applicato a una specie di delirio estatico multigenere (si va da cantati che ricordano la musica giapponese a tempi in levare gitani, ma tutto filtrato dalla Bush senza che ci sia un diretto rifermento culturale) sorretto da un onnipresente basso fretless, come se a un certo punto Kate avesse deciso di prendere in parte il testimone degli appena disciolti Japan di Mick Karn (che non a caso più avanti suonerà il suo suadente fretless proprio per Heads We’re Dancing contenuta in The Sensual World).

Altra caratteristica del disco è di essere stato concepito lentamente rispetto allo standard: la Bush si rende conto che la produzione musicale moderna sta condizionando automaticamente gli artisti a sfornare un disco all’anno, garantendo così solo quantità e non qualità. Ci mette quindi due anni a mettere tutto a punto, lasciando decantare i pezzi anche a causa un blocco creativo che la colpisce durante la lavorazione, anche perché i temi dei brani sono sfaccettati e all’apparenza incoerenti. Ma quando si sogna – per l’appunto – tutto è coerente, ragion per cui la nostra beniamina spazia dalle citazioni campionate ai film gialli e dai libri di Stephen King (nello specifico Shining) agli aborigeni australiani, alla guerra in Vietnam, alla riflessione psicologica sulla frustrazione esistenziale e sulla consapevolezza di avere un lato oscuro. Non ultimo l’omaggio all’illusionista Houdini (il cui simbolo ritorna nella foto di copertina che ritrae la Bush con una chiave in bocca come Bess, la moglie del mago, che la passa idealmente al defunto marito nel tentativo di comunicare con il suo spirito con un codice solo da loro conosciuto).

Ecco, l’illusione forse è proprio il concept dell’album, il messaggio subliminale del disco è composto di una serie di criptomessaggi comprensibili solo agli iniziati. E in effetti la Bush è riuscita a illudere molti critici di aver capito il suo gioco. Alcuni giornalisti sottolineavano infatti che il disco fosse concepito come un modo di tornare a un nuovo tipo di progressive rock; la realtà è che invece The Dreaming di prog non ha nulla, anzi semmai è il suo annichilimento per saturazione di elementi. Più che altro, appunto, sarà il punto di partenza per la scena HD elettronica degli ultimi anni, soprattutto nella versione “cantautorale” con a capo Holly Herndon, Katie Gately o Kaitlyn Aurelia Smith, in cui il formato canzone è continuamente frammentato e in trasformazione come fosse una trasmissione di dati sonori rapidissimi da mondi interiori sconosciuti.

La musica contenuta in The Dreaming è insomma puro linguaggio, ma l’EMI, lontana da licenze poetiche, storse il naso per i molti soldi spesi nella realizzazione, criticando il prodotto come non commerciale come se questo fosse una colpa. Dietro a quest’atteggiamento di sabotaggio psicologico c’è la stigmatizzazione ai danni di una donna indipendente che si prende carico delle proprie idee musicali senza deleghe agli uomini, quando invece i colleghi che in quel periodo spingevano nella sua stessa direzione venivano elogiati o quantomeno giustificati (Peter Gabriel in primis).

Anche la scelta dei singoli fu in qualche modo imposta, poiché The Dreaming va ascoltato come un unico imponente mosaico in cui le tessere non possono essere separate. Il risultato fu che solo Sat in Your Lap arrivò al fondo della top 10 inglese, mentre gli altri singoli funzionarono a stento, spingendo la casa discografica a stringere la cinghia. A quel punto il colpo di scena: la Bush si costruì il suo studio casalingo, abbattendo i costi e sfornando Hounds of Love, lasciando tutti di stucco e dimostrando che aveva ragione. Non era lei a essere troppo avanti, ma il mondo della musica a essere fermo: oggi più che mai il coraggio dimostrato in The Dreaming sia di lezione per chi vuole salvarsi dai Vecna del circuito discografico.

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