One World: Together at Home non è stato il Live Aid della pandemia | Rolling Stone Italia
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One World: Together at Home non è stato il Live Aid della pandemia

L'evento di Global Citizen e Lady Gaga non ci ha ricordato il doppio concerto del 1985, ma un Musica Che Unisce con artisti migliori. Che tristezza, però: la musica dal vivo oggi è una diretta Instagram di massa

One World: Together at Home non è stato il Live Aid della pandemia

Foto: Getty Images

Jennifer Lopez canta People di Barbra Streisand seduta davanti a un albero e due candele. Due mesi fa, all’inizio di febbraio, dominava il palco del Super Bowl accompagnata da una dozzina di ballerini. Basta mettere di fianco queste due immagini per capire lo scarto tra il mondo di prima e il mondo di adesso, un mondo in cui un gigantesco evento mediatico non può essere altro che una playlist di video pre-registrati dall’isolamento a cui siamo tutti costretti dal coronavirus. È questo, probabilmente, quello che resterà di One World: Together at Home, il concerto virtuale in diretta mondiale organizzato da Global Citizen per essere vicino a chi sta lottando in prima linea contro il coronavirus. Non le performance, tutte condizionate dai mezzi del momento, ma la voglia di esserci, di darsi un po’ agli altri in un momento folle e spaventoso.

Presentato da Jimmy Kimmel, Stephen Colbert e Jimmy Fallon, e con una scaletta curata da Lady Gaga, il “Live Aid della pandemia” ha riunito bei nomi della musica mondiale – da Paul McCartney a Billie Eilish, passando per i Rolling Stones, Lizzo, Eddie Vedder e Andrea Bocelli – tutti impegnati in performance nelle loro case per supportare chi è in prima linea contro il virus e dare conforto a chi è in isolamento.

Il format della serata era chiaro già nel pre-evento di qualche ora prima: esibizioni brevi (solo una canzone alla volta per artista), niente interviste, messaggi un po’ retorici sull’importanza degli “eroi dimenticati” degli ospedali, qualche piccola clip che racconta come il virus ha colpito zone diverse del mondo. Ogni tanto appare anche l’Italia, a volte con i video dei balconi, altre con gli interventi di medici e infermieri.

Alle 2 del mattino prende la parola Lady Gaga: «Ho a cuore tutti gli infermieri, i medici, gli operatori sanitari, penso a loro tutti i giorni. Quello che voglio fare stasera, se posso, è farvi sorridere», dice, poi suona una bella versione di Smile seduta al pianoforte. Tutti proporranno performance molto simili. Poche hit, tanti classici del passato e molte canzoni a tema. Stevie Wonder suona un brano di Bill Withers e la sua Love’s In Need Of Love Today; Paul McCartney parla della mamma infermiera, chiede ai leader di «rafforzare i sistemi sanitari di tutto il mondo, così che questa crisi non possa ripetersi» e fa Lady Madonna ripreso in verticale da un telefono poggiato sul pianoforte.

Il ritmo è serratissimo, forse un po’ caotico, ma non c’era altro modo per tenere le fila della serata. È così che in un attimo sentiamo un pezzo di Kacey Musgraves –Rainbow, una ballatona –, poi vediamo Elton John che fa I’m Still Standing in giardino, con il pianoforte al centro di un piccolo campo da basket, Jimmy Fallon con i Roots, Camila Cabello e Shawn Mendes insieme per What a Wonderful World.

La diretta italiana, affidata a Ema Stokholma e Fabio Canino in diretta dal Teatro delle Vittorie, alterna l’inutile al fastidioso, un timido inseguimento del commento pop a base di “quant’è bello quel salotto?”, “Ma che ci faceva quello lì in giardino?”, “Lei, eh, elegantissima!”, “Lizzo è un inno alla Nutella” con un paio di gaffe e qualche caduta di stile.

Arriva Beyoncé, che come molti artisti urban preferisce non suonare ma limitarsi a dire qualche parola. Anche lei è molto istituzionale, un po’ retorica: ringrazia i medici e chi lavora nell’industria alimentare, ricorda quanto il virus stia colpendo duramente le comunità afroamericane, poi si congeda. Dopo di lei Eddie Vedder, che suona una sommessa River Cross – dall’ultimo album dei Pearl Jam –, poi un altro messaggio a medici e lavoratori di LL Cool J, e Lizzo che canta A Change Is Gonna Come accompagnata da una base.

Subito dopo arriva l’unico momento iconico della serata: i Rolling Stones – «le vecchie pazze», dicono dallo studio italiano – suonano You Can’t Always Get What You Want in smart working dai rispettivi salotti. La performance non è proprio straordinaria – qualche fuori tempo, Charlie Watts che sorride mentre fa finta di suonare la batteria –, ma è la cosa più simile a una band che vedremo per tutta la serata, e rende felici.

È il turno di altri messaggi istituzionali – Laura Bush e Michelle Obama, Bill e Melinda Gates, Oprah –, poi arriva JLo e Kimmel fa una scenetta in cui paga la pizza a domicilio con un rotolo di carta igienica. La serata continua sullo stesso ritmo, alternando micro-concerti a video dichiarazioni fotocopiate una con l’altra: Billie Joe Armstrong suona Wake Me Up When September Ends, Idris e Sabrina Elba lanciano un messaggio di solidarietà ai medici in prima linea; Billie Eilish fa Sunny insieme a Finneas, Stephen Colbert parla del padre; Taylor Swift fa Soon You’ll Get Better al pianoforte, Pharrell legge il suo messaggio. Arriviamo così al finale: Jimmy Fallon chiede Tiger King, Jimmy Kimmel chiede Tiger King che canta Eye of the Tiger, invece arrivano Andrea Bocelli, Celine Dion, John Legend e Lady Gaga che, accompagnati dal pianoforte di Lang Lang, fanno The Prayer.

Più che il Live Aid, la serata ricorda una diretta Instagram di massa, o l’evento italiano Musica che unisce. Le performance sono curiose, alcune anche commoventi, ma esauriscono i loro effetti in un attimo. Sono effimere, veloci, un po’ cupe. Perché anche se fa sorridere vedere Paul McCartney confinato alle nostre stesse quattro mura, ricordare che oggi la musica dal vivo può essere solo questo mette tristezza. La campagna One World: Together at Home ha raccolto 128 milioni di dollari di donazioni, e in fondo di tutta la serata ricorderemo solo questo. Per la musica dal vivo, purtroppo, c’è da aspettare ancora.