Voglio andare a rappare in campagna | Rolling Stone Italia
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Voglio andare a rappare in campagna

Viaggio nel country rap, sottocultura hip-hop piena di sogni e di contraddizioni.

Voglio andare a rappare in campagna

È un sabato di fine settembre, e le tenebre sono scese sul Moccasin Creek Off-Road Park, nella campagna della Georgia sud-est. Nonostante il termometro sfiori i 40 gradi, più di 5000 persone sono arrivate al parco per campeggiare, bere birra, guidare quad e dune buggy e ascoltare il flusso di hip-hop del Sud chiamato country-rap. L’evento è la sesta edizione del Lactember Fest, così chiamato in onore dei Lacs, gli headliner, che in questo momento stanno esaltando la folla. Clay Sharpe, un colosso con cappellino degli Atlanta Falcons e gilet, si scambia barre con il suo compagno Brian King, magro come un giunco in t-shirt nera, che sorseggia una Bud Light. Mentre la band ripete un lick sporco di chitarra sopra un beat semplice, Sharpe affonda con il pezzo d’apertura, Keep It Redneck: “I’m a thoroughbred redneck down-home rapper/And a lot of y’all folks still call me a cracker”.

Concerti del genere, in mud parks disseminati nel Sud degli Stati Uniti, sono la linfa vitale del country rap. La musica, a volte chiamata hick-hop, è di base l’ibrido promesso dal nome stesso: rap cantato quasi esclusivamente da maschi bianchi del Sud. Le canzoni celebrano i pick-up pimpati, il bere, guidare nel fango e altre virtù della cosiddetta vita redneck, e i testi che celebrano la bandiera Confederata e il Secondo emendamento non sono così rari. «Questa è la gente senza voce, il popolo Walmart», dice Sharpe, con un linguaggio non diverso da quello delle analisi post-elezioni del 2016. «Non è gente che si fa sentire molto, ma quando c’è bisogno alza la testa».

Star del country-rap come Lacs, Colt Ford, Big Smo e Upchurch sono parte di una crescente sottocultura hip-hop. Due album dei Lacs sono entrati nella Top Five nelle classifiche rap e country di Billboard. Ford ha venduto più di 1,5 milioni di dischi. Video per canzoni come Country Boy Fresh dei Lacs e Kickin’ It in Tennessee hanno superato le 10 milioni di visualizzazioni. Tutto questo senza aiuto, o quasi, da parte di radio o altri media tradizionali.

Le origini del country rap possono essere fatte risalire a Bubba Sparxx, originario della Georgia, che nel suo esordio del 2003, Deliverance, prodotto da Timbaland, ha mixato racconti di vita vissuta con beats da dirty south. Se Sparxxx ha dato vita al country rap, Ford, un ex collaboratore di Sparxxx, con la sua etichetta Average Joes Entertainment ha il merito di avere fatto crescere il genere. «[Bubba] era un rapper di campagna», dice Ford. «Io sono un ragazzo di campagna che sa rappare». Nel 2008 è stato scritturato per suonare al suo primo parco di fango nella Carolina del Sud. Al posto delle poche centinaia di fan che era solito trovare nei club è stato accolto da quasi 5000 persone. Tre anni dopo, Jason Aldean ha portato una cover di Ford, Dirt Road Anthem, in vetta alle classifiche country.

I rapper country sono cresciuti ascoltando artisti come Tupac e N.W.A., oltre a un sacco di Southern rap. «Da queste parti la gente ascolta quello che ascoltano tutti: Young Dolph, Blac Youngsta, Lil Yachty», dice Sparxxx. La maggior parte dei rapper country in origine ha fatto musica che rifletteva quello stile. Ford ha iniziato con il nome di X-Man, sputando una sorta di gangsta-rap alla Ice Cube con una maschera sul palco. «Per come sono cresciuto, non conoscevo nulla di quella roba», dice. «Pensavo: “Se qualcuno mi toglie la maschera, va a finire che mi ammazzano». Alla fine, ha capito che si trovava più a suo agio a rappare basandosi sulle proprie esperienze.

In questo momento, quello il cui futuro appare più roseo è Upchurch, artista con un talento per le rime e sfrontato dal punto di vista delle idee politiche. Fino a un paio di anni fa, quando la sua carriera è esplosa, Upchurch tirava su cartongessi e tosava prati nel Tennessee rurale. Ora è una star dei social media, con oltre 2,5 milioni di follower su Facebook e 500mila iscritti su YouTube.

Posta video quasi tutti i giorni, in cui dice la sua su gli ultimi avvenimenti, prende di mira i cosiddetti giustizieri sociali e litiga con i suoi detrattori. Una canzone, Bloodshed, uscita la scorsa estate all’indomani delle violente manifestazioni di nazionalisti bianchi a Charlottesville, invoca l’unità mentre proclama il genere di retorica che rende difficile l’unità: “American flags, Confederate flags, Nazis with swastikas/Hate groups throwing piss because they’re mad at a monument”.

Ai Lactember Fest non sono popolari i berretti con la scritta “Make America Great Again” e altro merchandise pro-Trump – fare festa, più che la politica, sembra unire il pubblico. Dalle autoradio si sentono uscire canzoni di Chance the Rapper e Young Thug. Girando per l’area del festival, incontro un teenager nero a bordo di un quad insieme al suo amico bianco. Quando gli chiedo cosa l’ha portato al festival, sorride e mi dice: “La musica, le macchine, le birre, le ragazze”.

Le bandiere confederate sono una visione comune al Lactember Fest. I fans le sfoggiano per tutto il weekend, e gli stessi Lacs le celebrano nella loro canzone Let Your Country Hang Out. Skinny DeVille, di un gruppo hip-hop nero chiamato Nappy Roots, descrive uno show in cui hanno suonato insieme a Lacs in Michigan come “delirio confederato”. «Non abbiamo mai guardato quella bandiera nel modo in cui viene guardata oggi», dice Sharpe dei Lacs, seduto nel suo tour bus. «Per noi è una merda, perché per colpa di gente che ha fatto cose sbagliate in nome di questa bandiera, non ci facciamo una bella figura. Per noi tutto quello che significa è “Siamo del Sud. Sappiamo da dove veniamo”».

Resta il fatto che tutto questo sventolare la bandiera Confederata sia disturbante – e sembri particolarmente fuori luogo dopo eventi come Charlottesville. Thomas Sapp (a.k.a. Teacher Preacher), uno dei pochi country rapper di colore, dice: «Io non espongo la bandiera ribelle perché sono birazziale. Se penso che rappresenti il razzismo?» si chiede. «Certo, per alcuni. Ma le persone con cui ho avuto a che fare nel mondo del country rap non mi hanno mai trattato diversamente da chiunque altro».

Struggle Jennings, un altro country rapper ex spacciatore di droga (che è anche il nipote del cantautore Waylon Jennings, morto nel 2002) dice che da ragazzo, a Nashville, la bandiera ribelle «non faceva parte dei nostri valori». «Amo il mio paese, amo il Sud, vado a pesca e a caccia, ma non sono uno zotico. Non faccio hick-hop». Persino i Lacs stanno iniziando a mettere in discussione l’estetica Confederata: «Crea una barriera, questo è certo», dice Sharpe. Ma ammette anche che i loro fan potrebbero accusarli di essere dei venduti, se si allontanassero dalla bandiera.

Tutte queste contraddizioni sono preoccupanti per un veterano come Sparxxx, che è stato eletto a padrino dell’odierno country rap. «Il mio obiettivo è sempre stato quello di creare un ponte tra le persone», dice. «Non ho mai detto: “La bandiera è nostra, la festa è nostra”. Oggi mi viene da dire: “Voialtri stronzi non avete fatto molta attenzione, vero?”».