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Vi raccontiamo la mostra di Patti Smith a Parma

Da Johnny Depp al letto di D'Annunzio: le foto della sacerdotessa saranno a Palazzo del Governatore fino a luglio. Qui trovate qualche scatto in anteprima

Secondo piano di Palazzo del Governatore a Parma, unica tappa italiana di Higher Learning, mostra di opere fotografiche di Patti Smith, stesso titolo del brano incluso nell’album Land del 2002. A farci da guida è Rita Zappador, manager della sacerdotessa del rock in Europa: «Patti è un personaggio ultraterreno legato a una forma metafisica che la contraddistingue in tutte le sue manifestazione artistiche, anche se poi è molto concretamente legata all’attualità e alla lotta per i diritti».

Il 3 maggio la Smith arriverà nella città ducale per ricevere dall’Università la laurea magistrale ad honorem in Lettere classiche e moderne e il giorno dopo, proprio dal Teatro Regio di Parma, partirà il suo tour italiano, Grateful, una dichiarazione d’amore nei confronti del nostro Paese e della nostra cultura. La cantautrice poi racconterà di persona i suoi lavori il 5 maggio.

Intanto però la sua anima di artista totale è già tutta qui, in quelle 120 opere scattate in bianco e nero durante viaggi per il mondo con una Polaroid di fine anni ’60 e stampate su gelatina d’argento in edizioni limitate. Un manifesto a favore dell’uso della fotografia nella sua accezione più classica, come strumento per documentare e fissare per sempre un istante, un momento ritrovato.

Ci sono i ritratti del marito Fred “Sonic” Smith (scomparso nel 1994) e dei figli, di amici come Johnny Depp e Ralph Fiennes, ma anche scatti di oggetti appartenuti a miti della letteratura: dalla macchina da scrivere di Herman Hesse al bastone di Virginia Woolf, alla pistola con cui Verlaine sparò a Rimbaud. Non solo. Patti Smith immortala su pellicola i letti in cui personaggi come D’Annunzio «hanno sognato e fatto l’amore» e le lapidi di altri grandi come Pasolini o Leopardi: «La morte per lei non è assenza ma continuazione degli affetti» precisa la nostra guida «Riprodurre i luoghi della pace eterna è fonte di consolazione».

Higher learning è un’evoluzione della mostra 18 stations già allestita a New York e Stoccolma, nata nel solco del libro di memorie M Train, ma con l’aggiunta di una nuovissima sezione italiana di foto che l’icona del rock ha scelto personalmente per l’occasione, come le immagini della Tomba di Virgilio a Napoli o del Duomo di Milano sfocato, per mostrarcelo attraverso i suoi occhi.

Tra le parti esclusive anche una library, con oltre un centinaio di titoli tra volumi e film che fanno parte dell’universo interiore della Smith, e un paio di vetrine di memorabilia: dalla macchina fotografica dell’artista a una tazzina da caffè «che adora», dalle pantofole di Benedetto XV che ama «perché era il Papa della pace» alla sciarpa donatole dal Dalai Lama sul palco di Glastonbury. «Patti non è religiosa ma la sua spiritualità si manifesta ovunque» spiega la Zappador.

E per entrare maggiormente nel clima la mostra è accompagnata da un’altra esposizione, The NY Scene – arte, cultura e nuove avanguardie anni ’70-’80, dedicata allo straordinario fermento della Grande Mela in quel periodo, che tanto ha inciso anche sull’esperienza di Patti Smith, con opere di Andy Warhol, Allen Ginsberg e Robert Mapplethorpe (tra i suoi primi grandi amici nella Big Apple), ma anche di Goldin, Galella, Makos e dell’italiano Gianfranco Gorgoni, grande esponente di quel filone della fotografia contemporanea dedicata all’arte stessa e agli artisti: «Ci si incontrava spesso in un locale vicino alla Factory di Warhol a bere una birra» racconta «Era così facile parlare con quei personaggi, oggi è tutto molto più complicato. Ricordo che mentre facevo degli scatti ad Andy, lui a sua volta mi registrava perché parlavo in italiano. C’era un bellissimo scambio: quella era la vera New York».

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