Vecchi ma buoni: la discografia di Syd Barrett | Rolling Stone Italia
News Musica

Vecchi ma buoni: la discografia di Syd Barrett

Ristampata su vinile tutta la produzione solista dell’ex leader dei Pink Floyd, talento immenso e sfortunato. Ce ne parla Enrico Brizzi*

La ristampa in vinile di Barrett, registrato agli Abbey Road Studios nel 1970 (produttore: David Gilmour)

La ristampa in vinile di Barrett, registrato agli Abbey Road Studios nel 1970 (produttore: David Gilmour)

La storia di Roger “Syd” Barrett è quella di uno studente d’arte di Cambridge geniale e tormentato, appassionato consumatore di LSD, chitarrista visionario e leggendario fondatore dei Pink Floyd.
Dopo gli imprevisti e debordanti esiti di The Pipers at the Gates of Dawn, lo schizofrenico Syd si dimostrò incapace di reggere il palco come di lavorare in studio, così che i compagni Waters, Mason e Wright proseguirono la loro cavalcata verso la fama planetaria sostituendolo con David Gilmour.

Barrett reagì a modo suo: continuò a intessere fervidi dialoghi con gli alieni, prese ad aggirarsi nudo anche lontano dalle amate spiagge di Formentera, svuotò casa dell’inessenziale per dipingere il pavimento a strisce arancio e viola.
 Nonostante la schizofrenia galoppante, la sua vena creativa non si era ancora prosciugata: nel 1969 i Floyd e Robert Wyatt lo aiutarono nelle estenuanti e frammentarie session di registrazione di un album solista, The Madcap Laughs, il cui sound spazia dal folk a un personalissimo punk ante litteram.

Pochi mesi dopo, sull’onda del relativo successo del singolo Octopus, Gilmour e Wright rientrarono con lui negli studi di Abbey Road per aiutarlo a portare a termine la meno soddisfacente – a detta dello stesso interessato – opera seconda, Barrett, che presenta in copertina una inquietante composizione di insetti, opera dello stesso Syd: si spazia dalle canzoni d’amore stralunate (Baby Lemonade, I Never Lied to You) al blues, da suoni “swinging London” alla psichedelia sfrenata, ma va detto che l’autore si limitò a registrarne dei demo, mentre il vero lavoro di produzione ricadde sulle spalle di Gilmour e, ancora una volta, le registrazioni furono tormentate al punto di protrarsi per parecchi mesi.

Ormai la follia si era impadronita senza rimedio di Syd, trasformando un artista bizzarro, ma ancora acclamato, in un infrequentabile dropout; il tour si limitò a un unico concerto, interrotto dopo pochi brani. Le ristampe targate Rhino dei due album e di Opel, raccolta di outtake dell’epoca, rendono merito al suo talento sfortunato e danno conto degli ultimi tentativi dei vecchi soci di mantenerlo in contatto con la (cosiddetta) realtà.

*Enrico Brizzi. Scrittore che amiamo. Da Jack Frusciante è uscito dal gruppo (1994) a Lorenzo Pellegrini e le donne (2012). Su Rolling Stone tiene la rubrica Vecchi ma buoni. Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre di Rolling Stone

rolling-appstorerolling-googleplay

Altre notizie su:  Pink Floyd Syd Barrett