Vasco Rossi è tornato a parlare del suo legame con il teatro. Lo ha fatto in un’intervista a Repubblica (la firma è di Luca Valtorta) uscita oggi, in cui ripercorre alcune parti della sua adolescenza, anche legate alla recitazione.
Un mese fa Rossi ha annunciato la partenza di un corso di teatro sperimentale nella sua Zocca. Il teatro, si legge nella presentazione, è stata «un’esperienza per lui, ai tempi giovanissimo, fondamentale, utile a formarsi culturalmente, artisticamente e politicamente. Una pratica che gli è servita nella vita, innanzitutto per uscire da quella timidezza che, spesso, può essere di impedimento a un’espressione libera. Il desiderio di Vasco, allora, è di trasmettere la sua esperienza offrendo un percorso di Teatro sperimentale, ai giovani del suo paese, e non solo, a quanti hanno bisogno di conoscersi e realizzarsi secondo le proprie attitudini. Nella speranza che sia loro utile così come lo è stato per lui da giovanissimo».
Nella nuova intervista Vasco spiega come ha iniziato la sua esperienza teatrale, quasi rivoluzionaria in un posto come Zocca. È successo a un recita di Natale, che ha dato a un certo attore di nome Alvarez la possibilità di tenere un laboratorio per preparare gli studenti ad andare in scena. È stato lui a spiegare ai ragazzi che, per fare teatro, per prima cosa bisogna urlare: «Ci mettiamo nel salone e Alvarez va dal primo che vede e gli dice: “Urla!”. Quello lo guarda come un matto e allora lui gli fa: “Te ne puoi andare”, poi va dal secondo e così via, finché arriva da me. Io a quel punto penso proprio di scappare via… e invece, senza rendermene conto, urlo».
È quell’urlo, insieme alle tecniche di respirazione del teatro, anche relativi alla voce, che ha aiutato Vasco ad avvicinarsi alla musica e alla scrittura in modo più consapevole e personale, a essere «più potente “dentro”, a conoscere di più me stesso, a imparare a capire le mie fragilità. Imparare che potevo esprimerle senza paura è stata una delle cose più importanti per me: è quello che poi è diventato il mio modo di scrivere le canzoni. Infatti, ho cominciato a scrivere delle canzoni davvero mie proprio in quel periodo lì». Non per nulla ricorda ancora quell’urlo come fondamentale: «Ho urlato più forte che potevo e sono rimasti tutti a bocca aperta».
E, visto che negli esercizi di teatro sperimentale di Alvarez era compresa anche la stesura di testi propri e poi la loro messa in scena, Vasco ne cita uno nell’intervista: “Mi sono fatto un bozzolo della mia solitudine amara, un bozzolo d’oro e di cristallo. Per starci bene. E di liquido fetale mi circondo… galleggio… e respiro delle mie branchie diventate di amarezza folle e sublime”.
«La cosa incredibile è che dopo quarant’anni e più io mi sono sentito proprio così. Dopo tutto quello che ho fatto nei primi anni della mia storia, mi sono costruito davvero un bozzolo d’oro e di cristallo, per starci bene: la cosiddetta gabbia dorata: era come se l’avessi previsto, perché al tempo in cui l’ho scritto non c’era motivo».












