Tra passato e futuro dell'elettronica, si è concluso Movement | Rolling Stone Italia
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Tra passato e futuro dell’elettronica, si è concluso Movement

Record di presenze per il festival sotto la Mole Antonelliana: 35mila in quattro giorni per Ellen Allien, Chris Liebing, Timo Maas

Una delle serate di Movement, foto stampa

Una delle serate di Movement, foto stampa

Più di un festival techno, ma un vero e proprio inno alla musica elettronica e alla città in cui è nata, Detroit. Si è chiuso con un record di presenze – oltre 35mila in quattro giorni – l’edizione 2014 del Movement. Mentre già si prepara a festeggiare il decimo anno di vita, l’evento dance ha portato sul palco di Torino le stelle internazionali del panorama musicale, affiancando loro artisti italiani emergenti, nati sotto la Mole Antonelliana e non, per una festa lunga una settimana e culminata la notte di Halloween con il grande show al Lingotto.

Dietro la consolle della main room, nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Ad aprire la serata la lunga sessione a sei mani del trio BLTS – Better Lost Than Stupid, formato da Martin Buttrich, Matthias Tanzmann e Davide Squillace, per continuare con la berlinese Ellen Allien – ormai habitué della kermesse – che con il suo stile unico e difficile da definire mescola pop, house, break beat e techno. Con un dj set energico durato oltre due ore, Chris Liebing, uno dei pionieri tedeschi più amati in Italia, ha lanciato l’italianissimo Joseph Capriati, che a 27 anni non solo è la vera rivelazione di questa edizione ma anche uno degli astri nascenti della nuova techno.

Cinque in tutto i palchi allestiti al Lingotto. Tra i più apprezzati senza dubbio il Detroit Stage, che ha visto protagonisti gli statunitensi Rick Wilhite e Moodymann, impegnati in due sessioni con forti influenze house e in un inedito back-to-back in cui hanno condiviso i dischi per lasciare poi spazio a Juan Atkins. Una sessione dal ritmo funky quella del padre della techno, che martedì 28 ottobre ha incantato il Conservatorio Giuseppe Verdi insieme a un altro pezzo da novanta, il produttore Moritz Von Oswald, e il loro ultimo album dalle sonorità hi-tech jazz Borderland. Atkins ha alzato i ritmi e preparato il campo per Jeff Mills, che ha chiuso la nottata con un set in vecchio stile e l’attesissimo successo The Bells, eseguito con l’inseparabile Roland 909.

E, ancora, in sala Gialla, a scaldare la pista ci hanno pensato Timo Maas, storico produttore che come un alchimista mescola con elementi “rubati” all’R&B e all’Hip Hop, Skream con le sue influenze dubstep e i ritmi veloci del duo Karenn Sheworks, unico live set della serata.

Alle sonorità groove di uno dei padrini indiscussi dell’house, Kerry Chandler, il compito di concludere, sabato 1 novembre al Loud, il Festival che sempre di più negli ultimi anni ha cercato di coinvolgere tutta Torino e i suoi artisti locali, fondendo il passato e il futuro dell’elettronica, progetti più ricercati e un’offerta pop che abbraccia un pubblico più ampio.