Siamo stati al concerto di Milano dei The Arcs. La musica vince la paura | Rolling Stone Italia
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Siamo stati al concerto di Milano dei The Arcs. La musica vince la paura

Abbiamo provato a scaldare i nostri cuori con la musica del nuovo progetto di Dan Auerbach che sul palco resta sempre senza atteggiamenti, riservato ed intenso, immerso nel flusso

Siamo stati al concerto di Milano dei The Arcs. La musica vince la paura

The Arcs, il concerto di Milano: la musica vince la paura

La musica vince sulla paura. Uscire di casa e andare ad un concerto, in un freddo lunedì sera, non ha mai avuto un significato così importante. Un piccolo gesto di resistenza, la nostra testimonianza, l’unica cosa che possiamo fare per ricordare i ragazzi del Bataclan in questa follia di potere, soldi e fanatismo, manovrata altrove ma di cui paghiamo noi le conseguenze. Dan Auerbach lo sa.

Ha parlato subito, a caldo, dopo la strage di Parigi: «Potevamo esserci noi al posto degli Eagles of Death Metal». Suonava a Le Trianon, altro locale storico della Parigi indie e multiculturale, 1500 posti a quattro isolati dal Bataclan, insieme alla sua nuova band, The Arcs, il progetto parallelo che ha creato con gli amici di sempre (Leon Michels, Richard Swift, Homer Steinwess e Nick Movshon) con l’unico scopo di divertirsi.

È stata una settimana folle, incredibilmente emotiva

 

Esattamente come hanno fatto Jesse Hughes e Josh Homme con gli Eagles of Death Metal: la lettura più surreale, bizzarra e coinvolgente del rock’n’roll, puro divertimento e voglia di stare insieme sotto una cassa e un muro di chitarre, lontanissimo dalla malvagità senza senso e dagli interessi che governano il mondo fuori dalle nostre sale da concerto, dove per due ore noi vogliamo essere tutti uguali e tutti felici. Forse è giusto che sia toccato proprio a Dan Auerbach, che è riuscito ad identificare un sentimento diffuso parlando di “rimorso del sopravvissuto” riprendere il discorso e tornare a scaldare i nostri cuori con la musica.

un progetto che è nato già grande

«È stata una settimana folle, incredibilmente emotiva. È molto importante che voi siate qui stasera, grazie» ha detto dal palco dell’Alcatraz di Milano. Ha aspettato la fine per dirlo, nel momento giusto, senza retorica e dopo aver lasciato scorrere un fiume caldo e rassicurante di musica. Quando i The Arcs cominciano a suonare non c’è soluzione di continuità con l’ipnotico soul di Sam Cooke e della Stax che esce dalle casse del locale prima di loro. Dan Auerbach guida con la sua voce antica una band che ha trovato subito la sua identità e si muove compatta, un progetto che è nato già grande perché è basato sull’intesa immediata tra musicisti che parlano la stessa lingua del sud degli Stati Uniti: «Bloccato per sempre in Mississippi, perché il Mississippi è rimasto dentro di me. Non voglio vedere altre città, solo alberi di magnolia per favore» come canta Dan nella prima strofa di Velvet Ditch.

TheArcs

Sullo sfondo di uno schermo che proietta forme psichedeliche in movimento (del resto, Dan ha sempre raccontato che uno dei primi concerti che ha mai visto in vita sua sono stati i Grateful Dead a Cleveland), i The Arcs suonano il loro album di esordio Yours, Dreamily che è uscito a settembre del 2015 ma sembra esistere da sempre e come dice qualcuno tra il pubblico dell’Alcatraz è un disco che vorresti durasse per sempre. È il flusso, le Muddy Waters del fiume Mississippi in cui Dan Auerbach è andato ad immergersi fin da ragazzo con suo padre, che lo faceva salire in macchina e lo portava giù da Akron, Ohio, sulle tracce del bluesman Junior Kimbrough.

Senza atteggiamenti, riservato ed intenso, immerso nel flusso

Un immaginario onirico e bruciato dal sole che si riflette nei titoli e nell’atmosfera cinematografica delle canzoni (Put a flower in your pocket, Pistol Made of Bones, Chain of Love) e nella struttura bizzarra della band che Dan ha messo in piedi, con due batteristi (a volte anche due bassi) per creare più groove e l’improbabile trio di coriste mariachi di New York Mariachi Flor de Toloache ad accompagnarlo. Pezzi come Cold Companion, The Arc e Stay in My Corner dei The Arcs sono già dei classici, come il modo di stare sul palco di Dan Auerbach. Senza atteggiamenti, riservato ed intenso, immerso nel flusso. Che da questa notte ha ricominciato a scorrere, più forte di ogni paura.

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