La sacre scritture della religione cristiana sono molto queer. Lo dice Sufjan Stevens in un’intervista a Vulture in occasione del decennale di Carrie & Lowell, uno dei suoi album più amati, uscito nel 2015. La conversazione, condotta da Craig Jenkins, si sofferma su temi come la religione e la spiritualità, la morte, il dolore e la perdita: sia per la tragica storia che accompagna Stevens, sia per una recente diagnosi, avvenuta nel 2023, riguardante la sindrome di Guillain-Barré, malattia autoimmune fulminante che provoca sintomi quali dolori persistenti e debolezza muscolare.
«Ciò che è religioso è molto sensuale. È erotico. Prendi per esempio l’arte cattolica attraverso i secoli, l’arte barocca. È davvero fatta di carne, è sensuale, è piena di corpi nudi. Ho sempre abbracciato quel lato. Ho sempre sentito che la mia relazione con Dio avesse una natura molto sensuale, molto intima. I sacramenti lo sono, significa interagire con Dio in un modo fisico. Letteralmente, durante l’Eucaristia mangi il corpo e bevi il sangue di Dio. Non c’è nulla di più erotico di quello. Se sei un vampiro, per esempio, be’, è il coronamento di ogni esperienza erotica».
Questa la risposta data dall’artista incalzato sulla sensualità tanto spirituale quanto fisica di alcune sue canzoni, come John My Beloved, To Be Alone With You e Javelin (To Have and to Hold). Il quale ha poi continuato: «La Bibbia è davvero gay. Sono tutti uomini. Ecco dove arrivi quando vivi nel patriarcato per così tanto tempo. Gesù era single, non si sposò mai. E i discepoli erano tutti maschi…».
Stevens ha poi raccontato di essere in una fase di recupero e tranquillità dopo un periodo difficile della sua vita. «Sono stati due anni di merda, ma sto bene». Oltre alla diagnosi medica, Stevens fa riferimento anche alla perdita del compagno, Evans Richardson IV, venuto a mancare nell’aprile di quello stesso anno. L’artista aveva condiviso la notizia attraverso una dedica nel suo decimo album in studio, Javelin. «Per molte ragioni, sono diventato il ragazzo-immagine della morte nella musica. Non è stato intenzionale. Vivere è avere paura di morire».