Giovanni Succi e Davide Toffolo presentano “Il Giro” | Rolling Stone Italia
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Giovanni Succi e Davide Toffolo presentano “Il Giro”

In free download in esclusiva su Rolling Stone, il brano legato alla manifestazione sportiva. Con una copertina speciale

Giovanni Succi, già voce dei Bachi da Pietra, canta del Giro. Foto: Giulia Gatti

Giovanni Succi, già voce dei Bachi da Pietra, canta del Giro. Foto: Giulia Gatti

Alla vigilia della partenza del Giro d’Italia, Giovanni Succi (già voce dei Bachi da Pietra) presenta in esclusiva su Rolling Stone Italia il suo pezzo dedicato proprio alla corsa, Il Giro.

Per l’occasione, abbiamo parlato con il cantautore piemontese e Davide Toffolo, che ha illustrato la copertina del singolo. La traccia è in free download temporaneo.

Da dove è nata l’idea di scrivere un pezzo sul Giro?
Dall’esperienza, semplicemente. Non c’è niente di pensato a tavolino: avevo questa canzone pronta, su una giornata particolare, quella del passaggio del Giro d’Italia ad Alessandria ed è soltanto successo quello che ho scritto nella canzone. Non sono un patito di ciclismo ma è stata un’ondata di riminescenze che partivano dall’infanzia, da mio nonno. Lui era patito del Giro. E questa esperienza, di meno di un’ora, è diventata la scusa per parlare delle occasioni perdute, di tutte le volte che pensi di lanciarti e fare qualcosa e poi non risolvi niente.

È anche un momento di aggregazione, in provincia, spesso è l’evento del mese o dell’anno addirittura…
La foto che vedi qui sopra è scattata all’interno di un negozio di un ciclista a Nizza Monferrato. Ecco, lì ci sono appese ancora le locandine di quel giorno. È l’occasione delle vita che passa sotto casa, è un turbinio che arriva e smuove tutto e poi sparisce… Forse è l’attesa la parte più importante. (Ride) Non a caso nella tradizione italiana ci sono tante canzoni che parlano di attesa di corridori che arrivano, quello che ho in tasca sempre è Paolo Conte nella sua Bartali, dove non arriva nessuno, c’è un uomo seduto su un paracarro ad attendere

Secondo te il Giro è qualcosa che ha più a che fare con il passato o con il presente?
Credo sia molto legato al nostro presente. Se l’Italia di Paolo Conte va tutta allegra al ritmo di marcetta, credo che l’Italia del nostro presente sia sempre immobile sulle sue posizioni, nonostante quello che sembra, che tutto si muove.

Se posso aggiungere, voglio ringraziare Davide Toffolo che è riuscito a sintetizzare tutte queste sensazioni in un’immagine che è ancora più ferma e immobile e immaginifica a modo suo. Non è neanche uscito di casa, è rimasto lì, perso dentro il suo visore, come vedi l’aggregazione se n’è andata anche quella.

E appunto, Davide, come hai approcciato questo lavoro?
Io sono appassionato del Giro e di Giovanni, in tutte le sue forme. Questa è stata la prima occasione di collaborazione e l’idea era quella di provare a trovare una chiave per raccontare qualcos’altro, visto che il racconto di Giovanni è tutto nella canzone, non ha bisogno di didascalia. Ho fatto un salto rispetto al brano, mi sono immaginato questo Giro d’Italia in 3D, oltre la televisione. E mi sono messo come protagonista, ho cercato di far capire che sono un grande atleta virtuale.

Quindi diventa una questione solitaria il Giro?
Per me il pomeriggio del Giro è davanti alla tv, sul divano, dalle elementari fino a oggi. Non in strada.

Sei uno che segue tanto il ciclismo?
Abbastanza, mi accendo sempre durante il Giro però sono un fan. Facendo il disegnatore, passo tanto tempo seduto, sono un recluso privilegiato, diciamo. E il Giro mi ha sempre dato questa possibilità di movimento immaginario, o con la radio o in tv.

Hai qualche ricordo?
Tantissimi, tutti legati a una mitologia famigliare. Sono anche nato accanto al Velodromo di Pordenone, dove tra gli anni Settanta e gli Ottanta, i ciclisti passavano tutti. Da lì ho capito che erano degli alieni, la loro fisicità è incredibile: tutta gambe con un corpo piccolissimo. Un ricordo emotivo fortissimo poi è anche la morte di Pantani, me lo ricordo benissimo, quando è arrivata la notizia devo dire che ho pianto. Effettivamente la violenza che c’è stata nei confronti di alcuni sportivi è una stata molto forte, è una grande responsabilità collettiva e amnche specifica molto alta. Non so se hai mai visto il monumento a Pantani che c’è questa pallina da gioco in spiaggia, incontrare lì Pantani quando ci passo davanti in furgone in tour è sempre incredibile.

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