Sono innamorato, sono in fiamme: parla Graham Nash | Rolling Stone Italia
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Sono innamorato, sono in fiamme: parla Graham Nash

In occasione del suo settantacinquesimo compleanno, vi riproponiamo la chiacchierata che abbiamo fatto qualche tempo fa con il più tranquillo (apparantemente) del supergruppo Crosby, Still & Nash. E tanti auguri

Sono innamorato, sono in fiamme: parla Graham Nash

La grande saga della West Coast apparentemente non è finita. Se quello reputato il più tranquillo del supergruppo Crosby, Still & Nash manda platealmente all’inferno (eufemismo) l’amico di una vita, poi lascia la moglie sposata 38 anni fa per una che 38 anni fa non era nemmeno nata, poi pubblica un album 14 anni dopo l’ultimo, significa che c’è materiale per un’altra stagione della serie che appassiona l’America da quel giorno a Woodstock. Ma partiamo da lì.

Chi ti segue da tanti anni avrà una sensazione strana anche solo nel vedere la copertina di This path tonight, con te che ti inoltri intirizzito in una selva oscura mentre infuria la neve. Dai pure le spalle a chi guarda.
Non è il Graham Nash di Songs for Beginners, no. Né quello seduto su quel famoso divano, su CSN: è Graham Nash a 74 anni, in una tempesta di neve a Woodstock. Dove non ero mai stato in vita mia.

Eh?
Sì, perché il festival chiamato Woodstock si tenne a Bethel – così in tutti questi anni mi è rimasta la curiosità di sapere com’era davvero Woodstock. Posto affascinante, un piccolo villaggio dove tra l’altro abitano parecchi musicisti. Stavo camminando e il mio nuovo amore, Amy Grantham, mi ha fatto questa foto. Io e il mio partner musicale Shane Fontayne abbiamo pensato che fosse la copertina perfetta per il viaggio emozionale che This path tonight doveva essere, un’immagine che riassumesse quello che sentivo in quel momento. Non giriamoci intorno, a 74 anni ci vuole coraggio per cambiare la propria vita.

A sinistra, la copertina di "Crosby, Still & Nash" del 1969, a destra la copertina dell'ultimo disco solista di Graham Nash "This Path Tonight"

A sinistra, la copertina di “Crosby, Still & Nash” del 1969, a destra la copertina dell’ultimo disco solista di Graham Nash “This Path Tonight”



Coraggio e follia?
Sono innamorato, sono in fiamme. Ripeto, a 74 anni non è una scelta facile. La gente normalmente alla mia età dice: “Non vivrò molto ancora, quindi mi accontenterò”. Non fa per me. Sono innamorato e guarda caso creo continuamente, non solo musica ma anche pittura, collezionismo, scultura, foto.

Quindi è come quando 50 anni fa dall’inghilterra andasti in America, lasciando la tua prima moglie per Joni Mitchell, giusto?
Ed è stata la decisione che ha cambiato completamente la mia vita.

I giudizi della gente non ti hanno mai scalfito?
Nessuno è mai venuto a dirmi “Che stronzo che sei”. Qualcuno scuote la testa, ma parecchi vengono da me, mi danno una pacca sulla spalla e dicono “Vai così, Graham”.

Il disco sembra diviso tra brani tormentati e pezzi più sereni, forse più simili a quelli che sono stati il tuo marchio di fabbrica.
Questo album è stata un’esperienza urgente, venti canzoni composte in un mese, e registrate in otto giorni – alcune, in una sola sessione come si faceva tanti anni fa.

A proposito di non girarci intorno: è vero che c’è sempre stato un elemento di soap opera hippie nella tua storia e in quella di CSN&Y, con le relazioni con Joni Mitchell, Rita Coolidge, eccetera, ma a volte risulta strano che uno dei musicisti più impegnati politicamente si metta in condizione di parlare della sua vita privata sia ai media che ai fan, nelle canzoni.
Per tutta la vita ho cercato di esprimere i miei sentimenti con le canzoni, le foto, la pittura, tutto quello che facevo. Penso di aver risparmiato milioni in conti in psichiatra, perché il mio modo di fare arte implica parlare con me stesso costantemente, tirar fuori le cose. Per scrivere una canzone devo prima sentire qualcosa molto profondamente, che sia amore, o rabbia per qualcosa che succede in America.

CSNY - Our House (1974)

Crosby, Still, Nash & Young in un’esibizione dal vivo di Our House, 1974. Il brano viene da Déjà Vu, album del 1970

E quante delle tue canzoni degli anni ’60 o ’70 sono rimaste con te? In quali vedi una verità ancora oggi?
Praticamente in tutte. A partire da Our house, che scrissi per Joni Mitchell, sino a quelle che fanno parte di questo disco. C’è parte della mia anima in ogni canzone… Tanti anni fa scrissi un pezzo intitolato Glass and steel, dedicata a Dave Crosby, proprio in questo albergo di Milano.
(breve silenzio) (per la prima volta, Nash, che di persona è molto più un martello di quello che le istorie della West Coast hanno tramandato, sembra vagamente vulnerabile)

INTERMEZZO
Prima dell’intervista, ci è stata fatta gentile richiesta di non fare domande sull’inaspettato pubblico sfogo con cui Nash, qualche settimana fa, ha dichiarato di non voler più avere a che fare con David Crosby: “Gli ho parato il culo per tutta la vita, non voglio più saperne di lui”. Quindi, niente domande. Però vale la pena accennare che Glass and steel si riferiva al periodo più buio dell’amico, perso nell’abisso del crack e in problemi di natura penale. Il brano diceva: “It’s hard to understand just where you’ve gone. Still I hope you find the strength to carry on. The trick is trying to balance all the pleasure and the pains”. Scusate l’interruzione. Riprendiamo con Graham Nash.

Per l’album ti sei appoggiato a Shane Fontayne. La cosa interessante è che lui è un musicista che lavora con nomi enormi, ma non è famoso. Mi chiedo se questo giochi una parte nella vostra collaborazione, visto anche che tu hai passato anni in un supergruppo in cui eri quello che, dicono tutti, teneva insieme tre fra le rockstar più umorali della loro epoca.
Il mio rapporto con Shane in effetti è molto particolare, è come guardare in uno specchio: è inglese, ha il mio background – in effetti, mi vide in concerto con gli Hollies nel 1964 quando aveva 12 anni, ed è un musicista brillante che ha suonato con Sting, Bruce Springsteen, Crosby, Stills, Nash & Young, e mi ha chiesto di produrre il disco. Mi sono fidato completamente di lui. E faremo il tour insieme, lui e io. Insieme parliamo molto di musica, di incidenti della vita. Ma non del nostro passato.

Strano che tu dica così, c’è un brano nell’album che si chiama Golden days, in cui…
Parlo della band in cui stavo. Molti penseranno che si tratta di Crosby, Still, Nash & Young ma mi riferisco alla mia prima band, gli Hollies, e racconto dei giorni difficili dopo la guerra, e i golden days non sono il passato, ma l’epoca attuale. Perché non c’è paragone. Anche se è ovvio che abbiamo problemi con terrorismo e ambiente, con la politica americana. Che è un punto dolente: non ho mai visto una scena politica così impazzita… Donald Trump!!! Il fatto stesso che abbia la possibilità di diventare presidente è inconcepibile. Sarebbe terribile per tutto il pianeta.

The Hollies - Bus Stop (Top Of The Pops - June 1966)

Gli Hollies, prima band di Graham Nash, partecipa al programma Top of the Pop con il brano Bus Stop nel 1966. Due anni dopo Nash lascia la band per trasferirsi in America e creare un supergruppo con David Crosby e Stephen Stills.

Pensavi che l’elezione di Obama avrebbe rappresentato l’ingresso definitivo degli Stati Uniti nell’età adulta?
Sì, pensavo che il futuro sarebbe stato molto migliore. Quello che sta succedendo è che Trump ha scoperto cosa fa davvero paura alla gente. E dà alle persone un nemico. Guarda cosa ha fatto: chiama i messicani stupratori, vuole impedire a ogni musulmano di entrare in America, deportare undici milioni di lavoratori clandestini… Voglio dire, tanto per cominciare, come le TROVI, undici milioni di persone? E poi cosa fai coi bambini nati legalmente qui? Gli porti via i genitori?

Io la butto lì: il momento in cui Obama è stato eletto era precedente al boom dei social network.
Lo so. Internet può essere usata per il bene e per il male, i social possono essere efficaci nello smascherare una bugia, ma anche per diffonderla. Hanno aspetti democratici ed egualitari, perché non sai mai se ti sta rispondendo un bianco, un nero, un ebreo, un latino o un asiatico. Ma gli estremismi che fomenta favoriscono un personaggio come Trump. La cosa per me terrificante è che ho visto diventare presidente Reagan, e anche se era una marionetta, aveva gente capace attorno a lui. Poi Bush, un completo idiota, che aveva gente brillante attorno. Trump non ha vicino nessuno e non ascolta nessuno. Pensa di sapere tutto. Per questo la situazione è molto, molto pericolosa. Spero non diventi mai presidente ma c’è una piccola percentuale. Io sostengo Bernie Sanders.

Se Sanders non sarà il candidato democratico, voterò Clinton, perché non voterò mai Rubio, Cruz o Trump.

Perché non Hillary Clinton?
Penso che Sanders sia più simile a tutti noi. Penso che intuisca la distruzione della middle class, i milioni di posti di lavoro finiti e spostati in Cina e India; parla delle ingiustizie nella distribuzione del benessere economico, è uno di noi. Bill e Hillary Clinton negli ultimi 15 anni hanno guadagnato 153 milioni di dollari (il dato è stato reso pubblico dalla CNN a febbraio, molti dei soldi provengono da conferenze organizzate da megabanche come Goldman Sachs e UBS, NdR). Tu pensi che qualcuno ti dia un milione e poi non si aspetti niente in cambio? Non credo proprio. Ma se Sanders non sarà il candidato democratico, voterò Clinton, perché non voterò mai Rubio, Cruz o Trump.

Quanto sei ancora inglese?
Parecchio. Ero un ragazzo della working class di Manchester, ed è là che ho avuto successo con gli Hollies, ma l’America mi ha dato la parte decisiva della mia vita. Amo quel Paese, ma non smetterò mai di essere inglese. Penso che sia inglese il mio senso di giustizia e la mia curiosità, voglio conoscere, esplorare. Se ci pensi, gli inglesi sono usciti dalla loro isola per prendersi il mondo, ma anche per scoprirlo. Gli americani il mondo se lo sono preso quasi senza muoversi.

Beh, durante l’ultima guerra c’erano molti americani qui.
Vero. Ma non è un popolo che gira volentieri, vero? Molti più russi e inglesi, in questo albergo. Ma sarà il freddo. Comunque meglio che Parigi e Birmingham e Berlino dove sono stato i giorni scorsi. Però da voi è strano, per essere marzo, no?

Già. In compenso a dicembre e gennaio pareva primavera.
Ero a Natale a New York, c’erano venti gradi. (pausa, mi guarda e avvicina la faccia con aria complice). Con questo abbiamo sistemato la domanda sull’emergenza climatica, vero?

Sì, lasciamo tutto implicito… Riportiamo la cosa alla musica, casomai. Ecco, in che momento è la musica?
Tante persone mi chiedono: Graham, dove sono oggi le band che si ribellano? Perché nessuno dice niente? Non è vero. Sul sito di Neil Young vengono postate ogni giorno canzoni di protesta e ce ne sono più di tremila. Lui dà loro una possibilità perché i media non lo fanno, le persone che possiedono i media planetari le puoi contare su due mani, e quello che vogliono è che tu stia tranquillo, non agiti le acque… Non turbare lo status quo, stai a testa bassa, sii una pecora, compra altre scarpe intanto che ti sfruttiamo. Voi qui dovreste saperlo meglio di tutti, sono stati i Romani a inventare panem et circenses. Un po’ di cibo e un po’ di distrazione mentre vi truffiamo. E sta succedendo in tutto il mondo, le corporation hanno preso il mondo.

David Crosby e Graham Nash suonano alla manifestazione Occupy Wall Street nel 2011

David Crosby e Graham Nash suonano alla manifestazione Occupy Wall Street nel 2011, foto David Shankbone

Tu eri a New York durante i giorni di Occupy Wall Street. Oggi pensi che sia stata un’iniziativa che ha funzionato?
Quello fu un momento in cui si voleva creare consapevolezza su come funzionano le corporation, quanto siano affamate di denaro e come controllano il mondo. Siccome è stato fatto proprio a New York e proprio a Wall Street naturalmente c’è stata molta attenzione. Allora hanno provato a portarla in politica. Gli esponenti di quel movimento stanno entrando in politica per cambiare le cose. Così anche se Occupy non è nella mente della gente oggi, sta ancora cercando di influenzare le persone.

(a questo punto, si ferma davanti a noi una donna sui 40 anni, diretta verso l’uscita dell’albergo. “Sono danese, vivo in Inghilterra. Volevo ringraziarti per tutte le canzoni che avete fatto e la battaglie che avete combattuto, ne sono stata molto ispirata”.
Graham Nash allarga le braccia, fa una specie di inchino da seduto)

…Succede spesso?
Continuamente. La gente vuole dare indietro, ringraziarci per quello che abbiamo dato. Siamo fortunati.

Non sei mai stanco di essere al centro di questa fantasia?
No, non mi stanco: è parte della mia vita. Che ci posso fare?

C’è qualcosa che non ti è mai piaciuto?
Non mi piace parlare tanto di me stesso.

Cosa? Ma dici davvero? Hai fatto un sacco di canzoni su te stesso e per parlarmi dell’ultimo disco hai anche fatto esplicitamente il nome della tua nuova compagna.
Vero.

E… Beh, dopo avermi detto così spontaneamente tante cose di te e detto che lo hai sempre fatto nelle tue canzoni, mi vieni a dire che la cosa non ti piace? Non c’è una contraddizione?
Certo. E quindi?

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