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La seconda ondata di successo degli Skunk Anansie passa per Milano

La band di Brixton ha fatto detonare un Alcatraz tutto esaurito da tempo, ma da metà concerto in poi. Le gioie del nuovo album "Anarchytecture" e le vecchie bombe di "Post Orgasmic Chill"
Skunk Anansie, Skin fa crowd surfing sulla folla dell'Alcatraz di Milano - Foto Ikka Mirabelli

Skunk Anansie, Skin fa crowd surfing sulla folla dell'Alcatraz di Milano - Foto Ikka Mirabelli

All’interno di un Alcatraz sold out t già da parecchio tempo, Skin sta passeggiando sulle spalle del pubblico delle prime file. Siamo a metà concerto, e finalmente i problemi che ci hanno fatto sentire solo il basso di Cass Lewis per i primi sei brani si sono risolti: ora la voce dell’energetica signora di Brixton risuona forte e chiara per tutta la sala, permettendo anche ai fan abbastanza lontani da non riuscire a leggere il suo labiale di scatenarsi e cantare insieme a lei. Anche se a inizio concerto l’abbiamo sentita fin troppo (e non certo per colpa della band), la sezione ritmica di Cass (basso) e Mark (batteria) non fa una piega, ma, potente e sicura, tiene insieme ogni canzone a colpi di cassa e rullo, senza – cosa purtroppo abbastanza inconsueta per band di questi livelli – paura di andare fuori dal rigido seminato della “versione studio” del brano.

Dopo Charlie Big Potato, una manciata di brani d’annata che fanno felici i fan della prima ora (You’ll Follow Me Down, The Skank Head, Breathing…) e un paio di brani tratti dal nuovissimo disco Anarchytecture, testati in sede live questa sera per la primissima volta, un’istrionica e sicurissima Skin ringrazia il pubblico per ritirarsi prima dei bis (richiesti a gran voce): «grazie Milano, era tantissimo che non tornavamo in Italia. Se questo (indica la sala piena, le persone arrampicate sulle ringhiere per vedere meglio) è ancora possibile dopo quasi vent’anni è solo grazie a voi!» – lasciandosi (volutamente) sfuggire qualche “madonna” in italiano a mo’ di intercalare, fresca dell’esperienza a X Factor 2015, per lei sicuramente arricchente se non altro da un punto di vista linguistico.

Oltre alla fan base in sé forse dovrebbe proprio ringraziare il talent, sicuramente responsabile di tutte le nuovissime leve presenti questa sera: anche se non hanno, per ovvie ragioni anagrafiche, vissuto l’influenza delle prime hit della band, sono sicuramente la frangia di pubblico più scatenata: ragazzi che saltano e le urlano «Sei una grande!» e chiedono all’amico il titolo del brano appena eseguito.

Non manca ovviamente la fan base più affezionata e – passatemela – più anziana, che, a parte significative eccezioni non si è mai spinta per troppo tempo fino in transenna, godendosi la gran parte del concerto da metà sala con il partner stretto nella mano («San Valentino è appena passato», come ci ricorda Skin). Sul viso l’espressione di chi è di fronte ai propri eroi adolescenziali non certo per la prima volta.

Dopo un concerto di quasi due ore ed un esplosivo finale con Little Baby Swastikkka e Secretly eseguite dal centro della platea non possiamo che andare a casa contenti di aver partecipato a questo rito collettivo per celebrare la seconda ondata di successo della band di Brixton: una tenuta di palco ed un’energia che hanno saputo far dimenticare la non certo ottima resa sonora. Un successo meritatissimo.

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