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Siamo stati al Kappa FuturFestival e se potessimo ci torneremmo anche domani

A parte il caldo e qualche inconveniente, il festival torinese di elettronica è stato come ce lo immaginavamo: un grande momento di aggregazione e condivisione
Il nostro report del primo giorno di Kappa. Foto: Simone Arena

Il nostro report del primo giorno di Kappa. Foto: Simone Arena

Cosa avrà ospitato, un tempo, l’immenso capannone sotto cui si riuniscono orde di assetati di cassa? A giudicare dalla distanza dal fiume Dora, un’acciaieria. Fatto sta che mentre siamo in coda per accedere all’area del Kappa le domande si sprecano.

Forse è anche colpa dell’afa, che sembra scaldare più del normale le teste di certi energumeni.
Non siamo di certo gente che giudica come ti vesti, che musica ascolti (anche noi eravamo lì per Marcel Dettmann e i Siriusmodeselektor) o quanti metri quadrati di tatuaggi Maori ricoprono il tuo corpo palestrato, però i cori da stadio e gli schiaffi che volano sono scene a cui non vorremmo mai assistere. Specie a un evento di aggregazione culturale. Episodi isolati per fortuna, e prontamente soffocati da un eccellente apparato organizzativo.

Dicevamo, il motivo primo per cui eravamo al primo giorno del Kappa FuturFestival era il live dei Siriusmodeselektor. Non c’è un motivo ben preciso, a parte che sono bestie rare da osservare (specie Siriusmo), suonano live, i set sono dinamici in tutto e per tutto e i bassi sono quelli modello Modeselektor. Grassi e prepotenti.

Non facciamo troppo gli schizzinosi, però. Non c’era proprio nessuno di valido oltre ai tre berlinesi citati sopra? Ovvio che sì, a cominciare da Seth Troxler e le sue marce inesorabili o Ben Klock e Marcel Dettmann, dritti e veloci come treni a levitazione magnetica. Ma la vera salvezza nell’attesa della grande esibizione delle 23 è stato l’House Stage nel prato di fianco al capannone.

Qui, all’ombra degli alberi, si è rifugiato chiunque cercasse un po’ di groove in mezzo alla techno più spietata. E quale migliore riparo se non le braccia paffute di Tony Humphries, quelle muscolose e lampadate di David Morales o quelle palliducce ma sincere di Louie Vega?
Dalle 6 di sera fino a fine evento, i tre Kings of House hanno dettato legge nello stage con un DJ set a sei mani. Classici house, garage, tribal: roba da far venire le LACRIME. Le ore sono letteralmente volate, fino a quando per magia sono arrivate le 23.

Nel Main Stage i Tale Of Us hanno appena dato sfogo alle macchine con un set violentissimo. La disparità tra i BPM della fine dei ToU e l’inizio dei Siriusmodeselektor (più sui 100, contro i 130 del duo italiano) crea qualche malumore. Qualcuno fischia e se ne va tutto imbronciato a ballare sotto altri palchi. Ma i Modeselektor prendono la situazione in mano, cominciando a interagire con il pubblico, che nel giro di mezz’ora si duplica/triplica fino a riempire per intero il capannone.

L’abilità comunque è stata tutta nel crescendo della selezione, dai remix e classici siriusmiani (come Einmal in der Woche Schreien) alle bombe meno note dei Modeselektor tipo I’m Not Into Twerk, I’m Into Kraftwerk. Da sotto il palco si nota nitidamente sul viso di Gernot l’espressione da “Volevate la cassa? Adesso ve la do io!”, poi parte Black Block. Chiunque dubitasse dei Siriusmodeselektor se ne è andato via dal Kappa a bocca asciutta.

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