«Se parli sei licenziata»: le roadie raccontano gli abusi subiti | Rolling Stone Italia
News Musica

«Se parli sei licenziata»: le roadie raccontano gli abusi subiti

L’inglese Guardian ha raccolto un po’ di storie. «Veniamo da una cultura secondo la quale le uniche donne ammesse nel backstage sono quelle disposte a mettersi in ginocchio»

«Se parli sei licenziata»: le roadie raccontano gli abusi subiti

Foto: Seabass Creatives/Unsplash

Megan Keogh, coordinatrice di produzione americana, ha raccontato d’essere stata trascinata sul tour bus dall’autista. Quando ha raccontato l’esperienza all’assistente tour manager si è sentita dire che «sono cose che accadono, ma se parli licenzieranno te e non lui». Tempo fa la fonica Chez Stock ha raccontato che, mentre era in tournée con loro, i Killers offrivano un extra a chi trovava ragazze da portare alla band ed essere stata invitata a fare sesso con una ragazza ubriaca che si trovava nel backstage (il gruppo ha smentito e ha aperto un’inchiesta interna).

Sono solo due episodi raccontati in un articolo del Guardian dedicato agli abusi non sono verbali a cui sono sottoposte le lavoratrici della musica che si trovano in tour con band e altri lavoratori per lo più di sesso maschile. Fra i vari casi, è citato quello di Laura Nagtegaal, donna trans tour manager olandese di band hard & heavy. Quando fai parte della crew di un tour, racconta, non è raro «che la gente si approfitti di te, che ti abusi, che ti sottopaghi, che ti faccia lavorare più del dovuto, che ti metta alla prova fisicamente e mentalmente e che poi ti metta da parte se osi parlare». E che tu riceva commenti transfobici.

Gli abusi non sono una novità. Nella celebre biografia dei Led Zeppelin Il martello degli dei è raccontato un episodio avvenuto alla giornalista di Life Ellen Sander alla fine del secondo tour americano del gruppo. Entrata nello stanzino del backstage in cui stavano gli Zeppelin per ringraziarli per averla ospitata, «due membri del gruppo mi hanno attaccata, urlando e strappandomi i vestiti, completamente fuori di senno… Il primo era Bonzo (il batterista John Bonham, ndr), seguito da un paio d’altri. Dopo di che, non sono riuscita a vedere più di tanto. Improvvisamente avevo addosso tutte quelle mani e tutti quei ragazzi. Avevo i vestiti per metà strappati, erano completamente impazziti. Ero terrorizzata dall’idea di essere violentata». È stata salvata dal manager Peter Grant che ha sollevato di peso Bonham.

Le cose sono in parte cambiate, ma le persone intervistate dal giornalista del Guardian parlano di un’atmosfera lavorativa tossica: commenti e azioni inappropriati da parte di band e crew, lavori ottenuti solo per avere attorno «ragazze hot», richieste di piccoli servigi non previsti quali preparare bevande o massaggiare piedi. «Ci sono uomini che essendo in tour da cinquant’anni» dice Megan Keogh «sono cresciuti in una cultura per la quale le uniche donne ammesse nel backstage sono quelle disposte a mettersi in ginocchio».