Rolling Stone Italia

Roma è molto più che una casa per Carl Brave e Franco126

Il ritorno trionfale della coppia di Bomba Dischi.

Non è mai stata una data come le altre, Roma, per Carl Brave e Franco126. Non si tratta di un banale “giocare in casa”, di una questione di radici, no: è proprio che, per una serie di intrecci, i loro live romani sono sempre coincisi con gli snodi cruciali del loro percorso.

La prima vera volta, a maggio dello scorso anno in un locale minuscolo a Ostiense: soffitto basso, impianto debole per i fan già in delirio coronarico, il disco appena uscito e loro a sconfiggere il naturale impaccio pezzo dopo pezzo. La seconda, da headliner al Roma Brucia in estate, che solo un romano sa davvero cosa voglia dire prendersi quel festival, mentre erano ancora in bilico fra lo status di band cult e quello, ingombrante, di fenomeno generazionale. Le ultime a febbraio, con l’isteria da sold-out e le quattro consecutive all’Atlantico: numeri da star affermate.

Non poteva essere un concerto come tanti, quindi, neanche quello di ieri al Rock in Roma. Lo si è capito dagli ospiti, dai visual (cazzo i visual) e dai maxischermi, dal fatto che in cartellone due giorni prima ci fosse Post Malone e una settimana dopo i Chemical Brothers. L’ho capito a mie spese quando – nonostante fossi arrivato con la proverbiale ora d’anticipo perché, oh, mica sono stronzo – mi sono ritrovato in fondo alla platea, diviso dal palco da migliaia di fan lì dalla mattina, disperso insieme ad altri chissaquantimila nella distesa dell’Ippodromo delle Capannelle.

Ripensando a quella sera di maggio di un anno fa (quanti saremmo stati, 400?), mi accorgo che di acqua (e di traguardi, e di trionfi) sotto i ponti ne è passata tantissima. Eppure, da quando si spengono le luci e parte “Solo guai” – instant classic che si tramanda da sola -, realizzo che da allora, in realtà, non è cambiato poi molto.

Il live in sé, certo, ampiamente rodato e alla prima assoluta di fronte a cotanta platea, è maturato: più corposo (due ore piene), senza le sbavature di cui ogni tanto prima; loro sono più chirurgici, più sicuri nel domare un pubblico che in passato era sembrato quasi prendersi la scena, mentre anche gli arrangiamenti suonano solidi e compatti, fra fiati a go-go, chitarre mai così morbide e addirittura uno xilofono desaparecido. Eppure, nonostante questo, tutto è ancora caciarone come la prima volta, tanto che non fanno mai mancare il cazzeggio – memorabile, in questo senso, la sigaretta scroccata dalla prima fila. Soprattutto, lo spettacolo è ancora coinvolgente e genuino, sempre con quel pizzico di vivida ingenuità a far invidia. Carlo talvolta è più scenico, Franco fa il lavoro sporco, ma nessuno è la “spalla” dell’altro e l’intesa è vera e micidiale, mentre il pubblico, dalla sua, scandisce ogni parola, cristallizza e consacra per sempre queste storie di scazzi e “prese bene” nate sui gradini di Trastevere e da due estati nella testa di tutti.

A rendere regale l’occasione è arrivata poi tutta la sfilza di ospiti di rito intervenuti, più o meno a sorpresa, nelle inedite parentesi soliste dei Nostri. Così, se Franco ha condiviso il suo ritaglio con la LoveGang dei “fratelli” Ketama126, Pretty Solero e Drone126, Carlo ha optato per parte del roster di Notti Brave, fra Emis Killa, Frah Quintale e Giorgio Poi, per la più naturale esecuzione delle varie Camel blu, Bretelle e Chapeau. Tutti passaggi di spessore, certo – specie per il peso dei nomi in ballo -, ma che comunque hanno fatto da semplice corredo ad uno spettacolo che, per sua stessa natura, si esaltava nel vedere Carlo e Franco insieme sul palco, uniti e inscindibili. Ovvio allora che le ospitate più intense abbiano coinciso proprio con i momenti in cui i due erano entrambi in scena: Federica Abbate in La cuenta, Coez nel delirio generale di Barceloneta e sua maestà Noyz Narcos in Borotalco, per un trait d’union generazionale a tre voci evocato con soddisfazione proprio dallo stesso Emanuele.

Così, quando alla fine dello show è partito l’altro classicone Sempre in due, seguito a ruota dall’onda d’urto del trionfo di Pellaria, pellaria c’è andato davvero tutto. Anche i dubbi sulle reali doti dal vivo dei due, anche lo scetticismo sulla loro importanza nel panorama musicale nostrano. Più che un concerto, quello di ieri è stato un sogno di mezza estate: la celebrazione di due ragazzi partiti dai gradini di Trastevere e arrivati fin qui, che ora sono più uniti che mai e non hanno intenzione di cambiare di una virgola. Bella rega’.

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