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Renato Zero: «Rosa Chemical non ha ancora un’identità artistica, ma non è colpa sua»

La voglia di esibirsi, l'esperienza a 'C'è posta per te', l'incomprensione con Alessandro Cattelan e il rapporto con Loredana Bertè: Zero si è raccontato durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo tour

Foto di Franco Origlia/Getty Images

Renato Zero ha deciso di continuare anche nel 2023 la serie di concerti iniziati con i sei monumentali del Circo Massimo che hanno totalizzato 100 mila spettatori e, durante la presentazione della nuova avventura che proseguirà nei palasport, è apparso in vena di raccontarsi ben oltre ai live che lo aspetteranno e che arriveranno in tutta Italia, con qualche distinguo sul quale ha spiegato le ragioni e in che modo vorrà recuperare.

Intanto, avvolto in uno splendido cappotto firmato Stella McCartney con toppe coloratissime che raffigurano dai Beatles a Hendrix, ha esordito illustrando la differenza che intercorre fra lui e Rosa Chemical (come prima con Achille Lauro). Una differenza che non è solo una questione di look o di provocazioni: «Frequentando i social vado scoprendo un numero di miei sosia impressionante. Ma ci deve essere l’opportunità di uscire da questi stratagemmi. L’originale è necessario, se però resta un episodio a sé stante. In passato avevamo una serie di collaboratori di altissimo livello che ci consigliavano. Loro hanno permesso a Renato Zero, Claudio Baglioni e altri di indossare una identità, per questo non è colpa di Rosa Chemical se non l’ha trovata, ma di chi ritiene ancora che la musica non sia così importante. Ma assolvo questi ragazzi». E ha specificato ancora meglio: «Non hanno preparazione per arrivare così presto su certi palchi. Io ho conosciuto carciofi, ravanelli, asparagi perché me li tiravano dalla platea. Sono stato anche ortolano…». Infatti, ha aggiunto, «dopo Il triangolo e Mi vendo, che erano elucubrazioni divertenti, il mio obiettivo è stato raggiungere Il cielo. Per questo i ragazzi devono essere più pronti prima di essere mandati allo sbaraglio».

È un Renato Zero che sembra in pace con sé stesso, ma che proprio per questo ha deciso di non fare più sconti o, meglio, «di uscire dall’omertà che fa così male». Anche perché, ha precisato: «Che bello arrivare a 70 anni per dire quel cazzo che voglio». E lo dirà eccome. Ha poi spiegato come mai, invece di Sanremo (dove era stato invitato), ha preferito essere ospite della contro-programmazione Mediaset a C’è posta per te: «Amadeus mi ha chiesto di andare al Festival, ma non sono andato. Ma non c’è da mettere in giro il solito virus dell’insinuazione. Venivo da una accoglienza straordinaria del Circo Massimo e andavo verso questo tour, onestamente non mi mancava da lavorare, ho pensato che l’appuntamento con Sanremo era rinviabile. Da Maria De Filippi è stata una ospitata non impegnativa. Da lei ti metti in tailleur e una scarpa lucida e sei a posto, mentre a Sanremo dovevo preparare il carro armato. Alla fine forse ero fuori posto, ma sono un professionista, non speculo, a volte lavoro gratis e a volte a pagamento. Come alcune amiche che conosco… comunque, se mi invitano il prossimo anno ci faccio un pensiero».

Il Festival, però, lo ha visto, e ha detto di essersi emozionato per l’esibizione di Gino Paoli: «I brani che ha cantato mi hanno fatto scendere una lacrima, è stato uno tsunami meraviglioso».

Prima di parlare del nuovo tour, ancora, ha risposto a molte domande dei giornalisti e non le ha mandate a dire a nessuno. Prima di tutto alla politica: «Mi spiace che gli ultimi sindaci romani abbiano rigettato Fonopoli (il suo grande progetto di cittadella della musica e delle arti, nda), perché sarebbe stata fondamentale per i ragazzi. Invece hanno sostenuto delle scatole vuote che non portano a niente. A me hanno chiuso la tenda, perché a Fonopoli volevano 25 mila metri commerciali e 5000 di parte artistica. Erano dei palazzinari che preferivano fare le nozze con i fichi secchi. Ma lo sappiamo, in Italia più la fai grossa e più emergi, se invece sei onesto… ».

«Il Covid è stato un blackout e abbiamo patito la mancanza di attenzione di chi avrebbe dovuto prendersi cura del nostro futuro. Abbiamo perso posti di lavoro perché hanno amministrato malamente e i politici si sono dimenticati delle persone, del valore di ciascuno di noi».

Sulla tv: «Abbiamo una televisione pilotata, dove hanno spento i neuroni, non possiamo permettere che facciano sempre di noi quello che vogliono».

Anche per questo non si è detto molto ottimista: «La democrazia langue, soffre di una anemia spaventevole. Oggi se avessi 18 anni avrei imbarazzo a scendere in piazza perché non troverei nessuno, sono tutti allo stadio». D’altronde, ammette, «sono orgoglioso di essere italiano e mi arrabbio quando ci umiliano e derubano. Dobbiamo credere in noi stessi, nel Paese».

Zero si è poi voluto togliere un sassolino dalla scarpa riguardo al progetto Atto di fede, un disco cui aveva allegato un volume con gli interventi di tanti personaggi ai quali aveva chiesto una riflessione. Ma tra i tanti gli ha fatto particolarmente male un rifiuto: «L’unico che si è astenuto e mi ha pure preso per il culo è Alessandro Cattelan, si vede che ha una coscienza talmente elevata che non poteva abbassarsi a questo. Mi ha ferito e voglio dirlo, perché ho la possibilità di parlare, non per interesse personale, ma per essere utile per quelli che verranno dopo di me». E sull’ambiente della musica: «Abbiamo tanti artisti che non stanno lavorando per colpa di impresari che si sono costruiti imperi nei quali si entra solo a determinate condizioni. Bisogna dirlo!».

Renato Zero ha poi detto che quello dell’artista «è un lavoro che ti crea tanta solitudine. A volte sono a casa solo e guardo fuori e mi piacerebbe uscire e parlare con qualcuno. Io non sono un cantante, mi sento un interprete della vita, dei disagi, dell’amicizia».

È arrivata naturalmente la domanda su Loredana Bertè e come sia il loro rapporto dopo anni di silenzi: «Loredana non ho mai smesso di amarla. Ma quando l’incomunicabilità è insormontabile la tolleranza prende il posto del dissapore. Da quando non la frequento è migliorata tantissimo. Ho notato che da quando non la difendo lo fa lei da sola molto bene e mi dicono che è migliorata anche come carattere. Si vede che dobbiamo continuare ad amarci a distanza. Ma non ci lasceremo mai, perché il cuore sa dove andare sempre».

Arrivando alla nuova tournée, invece, si intitola Zero a Zero – Una sfida in musica ed è in partenza da Firenze il 7 marzo e proseguirà a Conegliano, Torino, Mantova, Bologna, Pesaro, Milano, Livorno, Roma e fino a Eboli. Ma il cantautore ha promesso che, in un prossimo futuro, vorrà organizzare concerti anche più a sud e, per venire incontro alla carenza di strutture: «Sto pensando di esibirmi nelle piazze di Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna».

Il nuovo spettacolo, comunque, non avrà niente a che vedere con i live del Circo Massimo. Sarà invece un nuovo lavoro dove lui stesso ha curato «regia, costumi, palco, non perché non mi fidi, ma proprio non mi fido di nessuno», ha scherzato, ma non troppo.

E inserirà persino qualche inedito (uno è stato fatto ascoltare durante la conferenza stampa). Ma sarà poi il momento, arrivato a 72 anni, di fare i conti non solo con sé stesso, ma anche con il suo alter ego: «Ci sarà una sorpresa, con Renato e con Zero, il quale si lamenta sempre. Ma se non lo scritturavo io dov’era a quest’ora? Me lo sono portato appresso e mi deve tanto. È un ospite che ho avuto in casa per tanto tempo ed è arrivato il momento di chiedermi: devo sopportarlo ancora o posso farne a meno?».

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