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Qual è il migliore pezzo di Liberato?

Quando si parla di Liberato, ci sono sempre troppe domande e poche risposte. Ma per questa domanda in particolare possiamo fare per conto nostro.
Foto di Glauco Canalis. Fonte: Twitter

Foto di Glauco Canalis. Fonte: Twitter

Liberato è il tipico argomento di conversazione su cui le domande si sprecano e le risposte, quelle vere, mancano sempre. Chi è? È davvero napoletano? Aveva una band prima? Cosa è successo davvero quel 9 maggio? Quesiti che Liberato e il suo entourage vogliono mantenere irrisolti. Non è difficile capire perché, se pensiamo all’aura di mistero e fascino attorno a tutto ciò che abbiamo sotto occhi e orecchie ma non riusciamo a identificare.

C’è però una domanda a cui possiamo tranquillamente rispondere, anche perché per fortuna non serve chiedere a Liberato: Qual è il suo pezzo migliore? Siccome qui a Rolling possiamo vantarci (ma non lo facciamo) di averlo scoperto e di essere gli unici ad averlo intervistato, forse nessuno si offenderà se mettiamo in ordine di bellezza i suoi sei singoli, dal meno entusiasmante a quello che preferiamo in assoluto.

PS. Piccola precisazione. Qui in redazione siamo tutti fan, quindi nessuno se la prenda se cerchiamo il proverbiale pelo nell’uovo in sei pezzi che onestamente rimangono figli del progetto pop più interessante degli ultimi 10 anni di questo Paese.

6. ME STAJE APPENNENN’ AMÒ

ME STAJE APPENNENN’ AMÒ è l’unico esperimento dance di Liberato, esperimento che non è riuscito proprio del tutto. Il napoletano è una lingua magnifica, che ha bisogno di aria così da mostrare al meglio le vocali e i saliscendi di intonazione: non proprio il terreno migliore per una garage/UK bass un po’ Disclosure e un po’ Julio Bashmore. Liberato sta meglio da solo su ritmi lenti, non sepolto sotto tonnellate di hi hat e i colpi di cassa in quarti. C’è da dire che il video invece è uno dei più commoventi mai firmati da Francesco Lettieri. La testimonianza di una trans che ha fatto la scelta coraggiosa di non nascondere mai la sua natura, anche a costo di mettersi contro famiglia e amici.

5. INTOSTREET

Liberato è così, non si fa vivo per mesi interi e poi nel giro di 24 ore, tra il 2 e il 3 maggio appena passati, escono ben due video. Il primo di questi due in ordine cronologico è stato INTOSTREET, che insieme a JE TE VOGLIO BENE ASSAJE vuole fare da sequel al più grande successo del cantante, cioè TU T’E SCURDAT’ ‘E ME. Stessi protagonisti per il video, stesso arrangiamento trappeggiante che raddoppia di ritmo sul crescendo e si dimezza sul ritornello. Succede però che, dei tre pezzi inevitabilmente collegati, INTOSTREET è il meno fantasioso. Si apre con un bellissimo arpeggio ma si risolve in un arrangiamento un po’ scarno, che pare quasi una versione demo di TU T’E SCURDAT’ ‘E ME ma con “Pecché m’hê miso ‘int’ô street? Ciente lacrime ‘ncòpp”a ‘stu beat” al posto di un più incisivo “Te port’ addo’ vuo’ tu ‘Nu miezz’ pacchettin’ It’s me and you”.

4. GAIOLA PORTAFORTUNA

L’isoletta di Gaiola è un piccolo paradiso di fronte a Posillipo. L’accesso all’area di fronte all’isola è limitato a un centinaio di persone per volta. Quasi tutti turisti, perché negli anni fra la gente del posto si è diffusa la diceria che l’isola fosse maledetta. Una teoria condivisibile, visto che negli ultimi 100 anni sono successe cose abbastanza spiacevoli ai vari proprietari dell’isola. Dagli Agnelli a Paul Getty, che si è visto sequestrare il figlio dalla ‘Ndrangheta (ed è appena uscita una serie al riguardo con anche un Marinelli nel cast). C’è da apprezzare quindi il gesto di Liberatodi far cadere questo velo di sfiga attorno a un’isola bellissima chiamando GAIOLA PORTAFORTUNA un singolo. Peccato però che lo faccia, almeno nel titolo, in italiano, quindi perdendo un po’ di napoletanità. Anche il video comunque si vuole distaccare un po’ dalle solite ambientazioni lettieriane. A fare da protagonista è una comunità centramericana (molto spesso spuntano fuori bandiere portoricane), cosa che spiega la scelta degli steel pan, pe tipiche percussioni d’acciaio caraibiche sul ritornello, e in generale il ritmo reggaetoneggiante.

3. JE TE VOGLIO BENE ASSAJE

Je te voglio bene assaje è il titolo di una canzone della tradizione popolare napoletana, scritta verso metà Ottocento e poi reinterpretata da vari nomi illustri, Roberto Murolo su tutti. Come già successo nei suoi brani, Liberato attinge a due mani dalla canzone napoletana per farne qualcosa di attuale. E poi, accostare le parole “high” e “why” per fare rima con “assaje” funziona così bene che quasi non distingui fra napoletano e inglese.

2. 9 MAGGIO

È iniziato tutto con una mail anonima. “Lui è Liberato, viene da Napoli e vuole rimanere anonimo. Volete in anteprima il suo primo video?” Il video era quello di 9 MAGGIO, uno scorcio nascosto di Napoli catturato dal punto di vista di una ragazzina. Gira in scooter (per quanto non siamo sicuri abbia l’età per farlo), balla e canta un testo di una malinconia meravigliosa. “Nove maggio m’hê scurdat’ / T’hanno visto ca’ turnavi ‘nziem’ a ‘n’at’ / Nun me siente, nun me pienz’/ Tengo ‘o core ca’ nun può purtà pacienz'” Il topos dell’amore tormentato, imprescindibile nella canzone napoletana, per la prima volta finisce su un arrangiamento un po’ trap e un po’ dub. E, cosa ancor più straordinaria, ci sta benissimo. Va da sé che alla famosa mail anonima abbiamo risposto “OK, facciamolo subito”.

1. TU T’E SCURDAT’ ‘E ME

TU T’E SCURDAT’ ‘E ME è il vero capolavoro di Liberato. Vuoi perché coincide con il capolavoro video di Lettieri, vuoi per il pezzo in sé, i numeri su Spotify ci dicono che il secondo singolo della storia di Liberato batte tutti gli altri di parecchio. È qui che per la prima volta Liberato si serve delle vocine alzate di tono fino all’impossibile per fare da loop sul ritornello come dei Chipmunks in versione partenopea. Ed è impossibile anche in questo caso scindere il pezzo dal suo video, che mette in scena il classico amore fra lo scugnizz’ di strada, casinista e spaccone, e la ragazza di buona famiglia, bella e abituata a ben altre compagnie. Tutto attorno, Lettieri regala istantanee di una Napoli che faranno sorridere chi ci abita e forse faranno scendere una lacrimuccia a chiunque ci sia mai stato. Ma è la voce di Liberato il vero fulcro di tutto: a tratti tremula, satura della rabbia e disperazione che ti prende quando realizzi di essere stato preso per il culo/dimenticato dall’unica persona che ti interessa al mondo. I respiri fra un verso e l’altro si fanno sempre più affannosi man mano che sale il crescendo di clap e percussioni, che si risolve in un colpo di basso e di synth ariosi che ti permettono di riempire di nuovo i polmoni e magari ballare senza pensarci su. Come quando finalmente dimentichi la persona che ti ha dimenticato.

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