«Ho pregato con Bono al telefono», gli Eagles of Death Metal raccontano i giorni dopo il Bataclan | Rolling Stone Italia
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«Ho pregato con Bono al telefono», gli Eagles of Death Metal raccontano i giorni dopo il Bataclan

«Il lato positivo è che adesso le mie palle sono ancora più grosse» Jesse Hughes è pronto a ripartire in tournée con la band. Riprogrammate anche le 3 date in italia

Gli Eagles of Death Metal di fronte al memoriale del Bataclan. Foto David Wolff - Patrick / Getty Images

Gli Eagles of Death Metal di fronte al memoriale del Bataclan. Foto David Wolff - Patrick / Getty Images

I tragici fatti del Bataclan hanno segnato il destino degli Eagles of Death Metal, la band di Jesse Hughes e Josh Homme, che ha ricevuto un picco di triste notorietà. L’attacco che ha colpito la Francia intera, uccidendo anche alcuni membri dello staff del gruppo, ha lasciato un segno indelebile su di loro. Ma l’affetto della gente e la partecipazione degli altri artisti sono riusciti a far risollevare l’umore della band. Che è riuscita persino a tornare su un palco, a Parigi, a meno di un mese di distanza. Grazie, in particolare, al supporto di Bono e degli U2.

Gli U2 hanno fatto di tutto per essere certi che dentro di noi non si fosse rotto niente

«Bono sa che sono cristiano, e sa anche che sono un mammone. Il giorno successivo è arrivato un corriere con un telefono e un messaggio allegato: “Questo è da parte di Bono. Assicurati di chiamare tua mamma”. Ho pensato che fosse incredibile. Sono riuscito a parlare per la prima volta con mia madre, al di fuori da una stazione di polizia, e per me quello ha significato tutto. Poi Bono mi ha chiamato, avevo bisogno di consigli. Pensavo che la persona migliore a cui chiedere consigli è qualcuno che è stato fianco a fianco con i leader mondiali. E lui si è messo a pregare con me. Mi ha tenuto la testa libera. Non sapevo come sarei riuscito a tornare su un palco di nuovo», ha detto Jesse Hughes.

Il ritorno c’è stato, il 7 dicembre, a Parigi, grazie ancora agli U2, che hanno ceduto il loro palco alla band di Hughes. «We love you so good. We hope you know this. Thank you, Paris. We will never give up rocking & rolling», ha detto Hughes durante il concerto. Non l’ha mostrato quella notte, ma oggi ammette di aver avuto paura a tornare sul palco. Ma appena finito, è stato felice di averlo fatto. «Gli U2 hanno fatto di tutto per essere certi che dentro di noi non si fosse rotto niente. Non dovevano lasciarci il palco per chiudere il loro concerto. Ma l’hanno fatto. Si sono presi cura di noi completamente. Sono stati genuini, sinceri. So che sembra stucchevole, ma mi sento per sempre legato alla Francia ora. La reazione dell’intero Paese è stata eccezionale».

I fiori crescono dalla merda

Un grosso supporto sta arrivando anche dal progetto benefico Play It Forward, con 13 artisti coinvolti per realizzare una cover di I Love You All the Time. «È bello vedere come ognuno prenda qualcosa della canzone e la faccia sua.
La versione di Florence con i Maccabees ha qualcosa di celtico. Matt Cameron (batterista dei Pearl Jam e dei Soundgarden, ndt) ha fatto una versione quasi elettronica, futuristica. E poi, onestamente, quella di Ed Harcourt è commovente. Splendida, bellissima», dice Homme commentando le versioni dell’iniziativa Play It Forward. «I fiori crescono dalla merda, e questa è una situazione di merda. Ho capito l’importanza delle arti e della musica, sono capaci di muovere le persone velocemente, di unirle. È un raro momento di condivisione», prosegue.

Jesse Hughes vuole avere l’ultima parola, lasciandosi andare come solo lui sa fare. «Non è nella mia natura far vincere i cattivi. Non mi piacciono i bulli, amo la mia gente, quindi non vedo l’ora di tornare in tour. Il lato positivo è che adesso le mie palle sono ancora più grosse, che vuol dire che sono pronto a dimostrarvelo vedere più di prima, ve lo assicuro!»

Il tour degli Eagles of Death Metal, dopo la sospensione, è stato riprogrammato, con tre date in Italia a febbraio.

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