Perché non riusciremo mai a liberarci del reggaeton | Rolling Stone Italia
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Perché non riusciremo mai a liberarci del reggaeton

Da "Despacito" a Cardi B: il mondo latino e quello inglese sono impegnati nella creazione di un mercato globale

Un momento del Notting Hill Carnival. Foto: Chris J Ratcliffe/Getty Images For RedBull

Un momento del Notting Hill Carnival. Foto: Chris J Ratcliffe/Getty Images For RedBull

Nel 2017, due delle canzoni più popolari in America sono state bilingue: Despacito di Luis Fonsi e Daddy Yankee ha visto la collaborazione (richiesta da lui dopo aver sentito la canzone in un club) di Justin Bieber, mentre il missile da club di J Balvin Mi Gente ha guadagnato ancora più spinta grazie al cameo di Beyoncé. In entrambi i casi, i cantanti “ospiti” hanno riconosciuto la dominanza del pop latino, cantando loro stessi in spagnolo.

Questo è il nuovo paradigma per ogni artista di lingua inglese per sperare di avere una hit mondiale nell’era dello streaming. «Non puoi avere più una Numero Uno mondiale senza avere successo in Messica e Spagna e in altri Paesi che usano così tanto Spotify e YouTube», spiega Sebastian Krys, vincitore di cinque Grammy come produttore, che ha firmato i dischi di Shakira e Carlos Vives. «Prima, gli artisti e le etichette pensavano che questi mercati fossero di scarsa importanza. All’improvviso si sono resi conto che la musica latina viene consumata da molte più persone».

Ma non ci sono solo gli incentivi commerciali a spingere verso collaborazioni bilingue. La distanza tra il pop di lingua spagnola e il pop di lingua inglese è rapidamente diminuita negli ultimi anni. Da una parte, le stelle del pop di lingua inglese hanno iniziato a creare delle hit basandosi su pattern e ritmi derivati dal mondo latino. «La base di stampo reggaeton, che è chiamata dembow, è diventata sempre più popolare», spiega Horacio Rodriguez, VP of Marketing di Universal Music Latino. «La puoi sentire nelle canzoni di Justin Bieber o Rihanna».

Allo stesso tempo, i rapper di lingua spagnola, come Bad Bunny, hanno iniziato a creare canzoni con basi trap, derivate dal mondo rap americano. Questo tipo di hip hop latino ha portato a una sequela di hit – La Ocasión, Cuatro Babys, Sensualidad, Dime – ed è diventato così popolare che alcuni nomi storici della musica sudamericana hanno abbracciato il genere. Romeo Santos, stella della bachata ed ex Aventura, ha prodotto El Farsante, traccia dai ritmi trappeggianti, e anche il veterano della salsa Víctor Manuelle ha coinvolto Bad Bunny in un suo pezzo.

Questo interesse incrociato ha creato quello che Alejandro “Sky” Ramírez, producer di Balvin, definisce “un ponte” tra due mondi. La cantante colombiana Karol G si può trovare a suo agio nel pezzo reggaeton Sua Cara di Major Lazer, e una rapper come Nicki Minaj si può adattare facilmente alla hit di Farruko Krippy Kush.

Guardando le classifiche mondali degli ultimi mesi si trovano questi incroci dovunque. Demi Lovato e Fonsi duettano in Echame La Culpa, Bad Bunny si è unito a Future per Thinkin. Sofia Reyes partecipa a 1, 2, 3 di Jason Derulo.

Il fascino di queste collaborazioni spanglish è stata spinto ancora di più dal disco di Cardi B, Invasion of Privacy, uscito lo scorso aprile, che include pezzi come I Like It, in collaborazione con Balvin e Bad Bunny. La Atlantic Records ha richiesto l’aiuto dell’hitmaker reggaeton Marcos Masís per spingere ancora di più la traccia. E ha funzionato: I Like It è stata la canzone più ascoltata dell’album nella prima settimana dalla release, debuttando al numero 8 della Hot 100 di Billboard. «Ero con Boi-1da (il producer di Drake, ndt) e mi ha detto che stava iniziando una nuova traccia ispirato da I Like It, usando sample latini uniti a suoni trap».

«Nel futuro», conclude, «non ci saranno più divisioni tra inglese e latino. Non ci saranno più mercati diversi. Ci sarà solo un grande mercato globale».