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Perché Jimi Hendrix era il più grande di tutti

«Riusciva a fare gospel con la chitarra». Steve Vai, Joe Satriani e altri virtuosi raccontano il loro amore per Jimi

Perché Jimi Hendrix era il più grande di tutti

Jimi Hendrix fotografato da Baron Wolman, Caters - / IPA

Jimi Hendrix fotografato da Baron Wolman, Caters - / IPA

A quasi cinquant’anni dalla sua morte, Jimi Hendrix continua a ispirare legioni di chitarristi di tutto il mondo. Il modo avveniristico in cui usava il feedback e le distorsioni è stato imitato da tutti, ma nessuno è riuscito a padroneggiarlo sul serio. Negli anni passati dalla sua scomparsa, il mondo della musica non ha ancora visto un chitarrista capace di parlare la lingua delle sei corde come faceva lui. Oggi avrebbe compiuto 77 anni, e abbiamo pensato di lasciare la parola ad alcuni dei chitarristi più rispettati di oggi, così da ricordare ancora una volta l’uomo che ha cambiato per sempre la chitarra rock.

Joe Perry

Purple Haze è uscito quando avevo 16 o 17 anni. Mi ricordo di aver pensato: “Wow, adesso possiamo ascoltare cosa passano le radio su Marte”. La chitarra strillava dalle casse dello stereo come un mostro, incredibile. È capitato spesso nella storia della musica che arrivasse uno sconosciuto capace di proiettare nel futuro il modo di suonare la chitarra. Jimi Hendrix, invece, ha preso uno strumento in bianco e nero e l’ha riempito di colori. Penso spesso a una sua vecchia foto – credo facesse parte della band di King Curtis; indossava un completo scuro e non lo so, sembrava uno sfigato. Qualche anno dopo, a Monterey, avrebbe dato fuoco alla sua chitarra.

Joe Satriani

È ancora e sarà sempre il mio preferito. Ogni volta che ascolto la sua musica mi vengono i brividi. Ho deciso che avrei suonato tutta la vita dopo aver saputo della sua morte. Ero agli allenamenti di football, vestito con la divisa e tutto il resto, e uno dei ragazzi della squadra ha detto che questo Hendrix era appena morto. La notizia mi ha distrutto. Era una delle prime volte che mi sentivo davvero in lutto, i suoi dischi erano importanti per me, per la mia adolescenza, erano i miei piccoli salvatori, e non mi sembrava giusto che tutto fosse finito così in fretta. Mi sono tolto la divisa e ho detto all’allenatore che avrei smesso di allenarmi. Sono tornato a casa e ho riascoltato tutti i dischi, guardavo i suoi poster e mi sono detto: “Suonerò la chitarra sul serio”. Ho iniziato a prendere lezioni di chitarra da un tizio, una volta gli ho portato Purple Haze e gli ho chiesto di insegnarmi a suonare come faceva lui. Ha iniziato a suonare e la sua versione era orribile. Mi sono detto: “Non proverò mai a imitarlo. Non profanerò mai questa musica”. E ho mantenuto la promessa per anni, pensavo che suonare Jimi fosse un sacrilegio.

Steve Vai

Hendrix aveva un rapporto particolare con il suo strumento, era un’estensione del suo corpo, lo amava e ci faceva l’amore continuamente. Ha tirato fuori una serie di suoni irripetibili che sono stati seppelliti con lui. Io conosco molto bene la chitarra, posso sentire cosa faceva e sapere perfettamente come ci è riuscito – ma la vera domanda è: come ha fatto a pensarlo? Dove ha trovato il coraggio per provarci davvero? Ci sono tanti musicisti che hanno migliorato la tecnica dello strumento, che l’hanno portato in luoghi diversi, ma nessuno, nessuno, avrà lo stesso impatto sulla gente di Jimi Hendrix.

Nuno Bettencourt


È lui che ha reso cool la chitarra e i chitarristi. Ascoltare Eddie Van Halen e poi Hendrix mi ha fatto capire quanto è stata grande la sua influenza. Lui faceva tutti quei suoni con solo l’amplificatore – i Beatles sperimentavano con i loro piccoli twang, ma poi è arrivato Hendrix e la chitarra urlava e strillava sommersa dal feedback. Alla gente sembrava di avere di fronte Satana, capisci? Come ha fatto a trovare quei suoni? Chi gli ha spiegato come fare?

Steve Stevens

Mi ricordo di averlo visto al Dick Cavett Show, ero ancora un bambino. Non ha suonato nulla dal vivo – hanno mostrato qualche video -, ha solo risposto a qualche domanda. Cavett voleva parlare del suo periodo nell’esercito, e gli ha chiesto della sua performance dell’inno americano, all’epoca la gente era indignata da quello che aveva fatto. E Hendrix ha provato a spiegare che per lui era una celebrazione, non una parodia. Faccio il chitarrista, e mi è capitato un’infinità di volte di sentire sue vecchie registrazioni inedite. Per me le migliori erano quelle dove suonava pulito, con un approccio più vicino alla forma canzone. Insomma, era pazzesco in tutto quello che faceva, ma sono innamorato di quei giri di accordi. Il modo di suonare di Hendrix era molto più pericoloso di quello degli altri: ascoltarlo significava essere investiti da una personalità tridimensionale. Riuscivi a scappare, ad affogare nel mondo che creava con lo strumento. Dai, è riuscito a fare gospel con la chitarra! Noi altri stiamo solo mangiando gli avanzi del suo piatto.

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