Con Gli occhi del musicista, Enrico Ruggeri prova a mettere mano a una delle fratture più radicate del nostro immaginario televisivo: quella tra cultura “alta” e intrattenimento “basso”. Lui, durante la presentazione di oggi negli Studio M1 di Via Mecenate a Milano, la definisce una distorsione: «Noi cerchiamo di superare la spaccatura per cui, da un lato c’è il divertimento, che dev’essere di bassa lega, e dall’altro la cultura, che dev’essere polverosa, noiosa e impegnativa». E racconta l’ambizione del programma: «La televisione ha due aggettivi che sono in contraddizione: “largo” e “alto”. Nel vocabolario non lo sono. Nella tv, però, “largo” piace a tutti e dev’essere basso, “alto” è nobile e quindi farà bassi ascolti. Noi vogliamo dimostrare che ci si può divertire dando dignità alla canzone».
Il programma partirà dal 13 gennaio su Rai 2, in seconda serata, per cinque puntate. E per Ruggeri il problema non è la musica, ma il modo in cui viene raccontata: «La musica italiana è viva e vegeta, ma molto probabilmente è soltanto lontana dagli algoritmi e dalle major costrette a passare un certo tipo di musica», dice. E fa qualche esempio: «Ci sono tanti talenti, cantautori e cantautrici con diversi album alle spalle e mai invitati in programmi top. O giovani dei talent che cercano una strada più profonda. Noi ci vogliamo divertire, ma ribadendo certe battaglie culturali con il sorriso sulle labbra».
Al suo fianco, da questa terza stagione, l’attrice Alice De André e il comico Vincenzo Albano. Ma la scelta di condurre un programma così, in pieno gennaio, ha comportato anche una rinuncia simbolica importante per Ruggeri, quella di Sanremo. Lo spiegato in modo diretto: «Chi va a Sanremo non deve apparire in televisione dai primi giorni di gennaio, quindi era incompatibile con il programma. A luglio-agosto si comincia a pensare al Festival. Il cantante, di solito, inizia a dire dov’è Carlo Conti, lo inseguo al mare, fingo di sapere come sta il figlio e gli faccio sentire la canzone? Invece io dovevo scegliere e ho scelto di fare questo programma. Quindi non ho mandato nessun pezzo».
A fare da sfondo c’è anche una riflessione sul Paese a cui il programma si rivolge. Ruggeri descrive l’Italia come «un paese esasperato, o meglio: dove i toni sono esasperati. Un paese di tifoserie e nervoso, però con una base di poesia e una gran voglia di contenuti». Così il punto non è negare le tensioni, ma proporre un antidoto: «Siamo qui per comunicare che si può riflettere senza l’astio dei social. Hanno molti vantaggi, ma c’è un rovescio della medaglia pesante. Che chiunque può insultare chiunque. Anche l’ultimo angolo di umanità ha l’illusione di mandare al diavolo Vasco, Pausini, Meloni, Schlein e il Papa. Non è così, per cui inaspriscono solo gli animi. Noi facciamo musica e sorridiamo».













