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Paul McCartney e il segreto del successo con i Beatles

Intervistato da Jarvis Cocker davanti agli studenti dell'istituto da lui fondato, Sir Macca ha dispensato alcune perle di saggezza irrinunciabili per chiunque voglia fare musica.

Questa mattina Paul McCartney ha tenuto un Q&A insieme a Jarvis Cocker presso il Liverpool Institute of Performing Arts (LIPA), l’istituto fondato dallo stesso Macca nel 1996.

L’ex Beatles ha condiviso con gli studenti la sua esperienza nel music business, raccontando come le tecniche di registrazione old school siano ancora le migliori, perché i musicisti dovrebbero tornare a incidere concept album e, soprattutto, il motivo per cui la toilette è il luogo migliore in cui comporre.

Ecco le pillole di saggezza firmate Paul McCartney.

I vecchi tempi in studio con John

Alla domanda di Cocker riguardo la possibilità che le nuove tecnologie abbiano cambiato il processo di composizione, McCartney ha risposto affermativamente, aggiungendo tuttavia come l’apporto della tecnologia sia stato per lui “negativo” mentre i metodi old school di registrazione rimangono i migliori: «Credo che la tecnologia abbia avuto un impatto negativo sulla composizione, ora è possibile scrivere ovunque e in qualunque momento, basta avere un telefono e all’improvviso ci si ritrova con migliaia di bozze e migliaia di progetti incompiuti. Non credo sia un buon metodo. Quando tutto ciò non esisteva, una volta iniziata una canzone la si finiva».

Macca ha poi ricordato i giorni in cui registrava insieme a John Lennon, spiegando come i vecchi metodi di registrazione obbligassero i due artisti a finire rapidamente le canzoni, senza che nuove idee interrompessero il flusso di lavoro: «Il processo usato da me e John era molto semplice, ci sedevamo con un’idea per una canzone, continuando a lavorare finché non l’avevamo finita e a quel punto avevi fra le mani un intero brano che credo sia meglio di avere tante bozze che magari verranno riprese mesi dopo, alla disperata ricerca di ritrovare l’ispirazione originale. Non credo che quello moderno sia un buon metodo, è troppo facile buttare giù idee».

Se devi registrare, fallo dal vivo

Per l’ex Beatles la registrazione deve essere il più vicino possibile all’incisione originale, con il minor numero di effetti possibile, in modo da catturare l’essenza del suono che sarà poi l’ossatura su cui costruire un album. Tecnica che ha usato anche per il suo ultimo lavoro, Egypt Station, in uscita il prossimo 7 settembre. «Ho registrato i brani con la band, alla vecchia maniera. Su qualche parte abbiamo fatto un po’ di overdub e qualche ritocco, certo, ma c’è qualcosa che viene fuori in tutti i nuovi brani, la spontaneità. Ciò che mi ricorda sempre il motivo per cui devo registrare in questo modo sono i vecchi album dei Beatles. Se li ascolti suonano freschi, dritti in faccia… e quello era lo spirito della band che finiva dentro il disco. Non ci perdevamo in cazzeggio».

«Arrivammo da Liverpool, firmammo un contratto per Sir George Martin e ci fu subito spiegato cosa volessero da noi, erano tutti uomini adulti mentre noi eravamo appena ventenni, non avevamo idea di cosa significasse lavorare in studio… tra le 10 e le 10:30 eravamo pronti, tutti accordati, poi entrava il produttore e iniziavamo la sessione di registrazione. Da quel momento avevamo un’ora e mezza per portare a termine il brano. Non abbiamo mai pensato di essere sotto pressione, perché non conoscevamo nessun altro metodo di lavoro… Si faceva in quel modo e poi si passava a un’altra canzone».

L’importanza di non sapere

Descrivendo la sua educazione, McCartney ha raccontato che i corsi di musica nella sua scuola non erano proprio il massimo. Il suo insegnante metteva su un disco e lasciava la classe, con gli studenti che subito iniziavano a fumare e a fare festa finché il professore non tornava in classe.

Nessuno dei Beatles possedeva una formazione musicale, e lo stesso era per le band che negli anni ’60 fecero parte della cosiddetta British Invasion. Il risultato, ha detto Macca, furono canzoni divenute memorabili.

«Imparammo tutto a orecchio. non sapevamo assolutamente come si scrive, né tantomeno come si registra… ma dovevamo comporre brani che rimanessero in testa…decidemmo che se una canzone non rimaneva in testa a noi, come avrebbe fatto l’altra gente a ricordarsela?». «Nessuno dei gruppi della British Invasion sapeva scrivere musica, era come se non ne avessimo bisogno».

Il luogo magico? La toilette

Trovare un posto in cui cercare ispirazione è sempre un’ardua impresa ma McCartney trovò una soluzione ideale. Durante il format Carpool Karaoke registrato per il programma di James Corden, Paul è tornato nei luoghi della sua infanzia e nella casa in cui è cresciuto raccontando come la toilette fosse il luogo adatto per scrivere i primi capolavori, condividendo anche alcuni consigli su come scrivere canzoni migliori.

«Andrei in un posto molto tranquillo, come una toilette isolata o dentro un’armadio, perché scrivere canzoni è imbarazzante. Non vuoi farlo davanti ad altra gente, perché vuoi tenere per te i tuoi errori».

«Inizia a suonare con un paio di accordi che ti piacciono, scegli il ritmo e il tempo giusto e poi inizia a cantarci sopra e vedi cosa viene fuori. Penso che il più del lavoro sia attenersi a questo schema, perché spesso capita che dal secondo verso o ritornello esca qualcosa di grosso e a quel punto si può tornare alla prima strofa e adattarla. Il testo poi lo scrivo durante il processo di composizione e anche qui spesso capita che la seconda strofa sia migliore, a quel punto la cambio con la prima e procedo da lì».

Kendrick, Kanye e Christine

Così come Paul ha rivelato che la maggior parte della musica contemporanea la ascolta in radio mentre guida, Macca ha anche dato alcuni consigli sugli artisti moderni che più trova interessanti. Kendrick Lamar, Kanye West e Christine and the Queens fanno parte del suo personale podio. McCartney ha anche raccontato che fu Dark Twisted Fantasy di Kanye West a spingere l’ex Beatle a lavorare insieme a Yeezy.

«Tuttavia credo che al momento il disco con più tiro sia quello di Christine and the Queens. Suona un pò come una fregatura di Michael Jackson, ma non importa, ha davvero molto tiro».

Impossibile competere con Taylor Swift

Stando a quanto detto da Macca, le star di oggi compongono gli album come una raccolta di hit commerciali. Per il suo ultimo disco, invece, Sir Paul ha deciso di ritornare al concept album, perché l’ascolto trasmetta “una sensazione” e un’esperienza che non sia quella di una manciata di singoli messi insieme. E la ragione del ritorno al concept è perché non può competere con Taylor Swift.

«Al giorno d’oggi ci sono le grandi star come Beyoncé, Taylor Swift, Kendrick… le prime due in particolare fanno album che sono una collezione di singoli. Sono tutte hit di grande successo ma un disco così non scorrerà mai come facevano i lavori dei Pink Floyd o dei Beatles».

«Per cui ho pensato bene che non posso competere con la roba di Taylor Swift, che oltretutto ha anche delle gambe più belle delle mie, anche se di poco. Ho pensato quindi che io devo soltanto fare ciò che chiamavamo concept album, un disco che puoi ascoltare dall’inizio alla fine, con le tracce che si legano l’una all’altra, che portano da qualche parte. Ed è sostanzialmente ciò che ho fatto nel mio ultimo lavoro».

In principio fu la tromba

L’educazione musicale di Paul McCartney si è basata soprattutto sull’ascoltare gli altri – che fosse suo padre mentre suonava il pianoforte nella casa di Liverpool o sul bus della scuola con George Harrison a condividere gli accordi appena imparati.

«Mio padre era un ottimo pianista amatoriale, e ho preso tantissimo dal modo in cui suonava. Quando invecchiando non riuscì più a suonare il pianoforte per colpa dell’artrite, io finii per diventare il tizio che suona tutte le vecchie canzoni.. e questo fu un modo in cui io imparai la musica. L’altro aspetto fondamentale della mia crescita fu quando mio padre mi regalò una tromba per il mio compleanno… lui non voleva insegnarmi. Pensava che avrei dovuto imparare “come si deve”, ci provai, ma odiavo imparare “come si deve”».

«La mania della chitarra arrivò dopo, con lo skiffle, con il folk, con quei generi che andavano di moda e per cui tutti corsero a comprare una chitarra, quindi chiesi a mio padre se potevo cambiare la tromba con una chitarra e finii per averne una. Si facevano un sacco di amici con la chitarra, tutti ne avevano una, e fu così che conobbi George, imparando gli accordi l’uno dall’altro, e lo stesso accadde con John».

«La cosa grandiosa fu che, un paio di anni dopo, se io e John suonavamo una canzone ai ragazzi, George sapeva immediatamente cosa fare ed era come se sapesse già il brano. Credo che questo sia davvero il segreto di come sono nate le nostre canzoni».

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