I Pink Floyd dal vivo sono migliorati solo quando hanno avuto l’opportunità di fare tour lunghi, girando il mondo per un anno e quindi perfezionandosi data dopo data. Ed è successo solo dopo che Roger Waters se n’è andato e l’attività live si è intensificata.
Lo dice Nick Mason parlando con Uncut del periodo di Wish You Were Here. A proposito del tour di quell’album, di cui ricorre il 50esimo anniversario e che a dicembre sarà ripubblicato in un nuovo mix curato da James Guthrie e con la aggiunta di demo e pezzi dal vivo, il batterista spiega che «tendevamo a fare nella prima metà del concerto i pezzi nuovi e nella seconda metà le hit. Spesso le esecuzioni dovevano essere sincronizzate coi video e quindi non c’era davvero la possibilità di improvvisare». Inoltre, «le tournée erano ancora brevi. La prima volta che siamo andati in tour per più di un anno è stato quando Roger se n’è andato».
Fare tournée più lunghe, dice Mason, ha migliorato la resa dal vivo della band. «Facevamo tre o quattro settimane di concerti, poi ci prendevamo una pausa e tornavamo a suonare per un altro mese. È stato solo quando abbiamo iniziato a fare tour che duravano un anno che siamo davvero migliorati. Prima dovevamo sbaraccare e tornare a casa proprio nel momento in cui cominciavamo a migliorare».
Il tour di Wish You Were Here, spiega Mason, è stato anche l’inizio della fase in cui i concerti dei Pink Floyd sono diventati sempre più elaborati dal punto di vista scenico. Dopo quel tour, ci sono stati altri due tour con Waters. In verità, quello di Animals è stato piuttosto lungo, è partito a gennaio 1977 dalla Germania occidentale e si è chiuso a luglio allo stadio di Montéal, col famoso episodio dello sputo di Waters, frustrato, a uno spettatore. La serie di show di The Wall è stata invece più breve e caratterizzata dalla residency in quattro sole città nel mondo, Los Angeles, Uniondale (nello Stato di New York), Londra (in due riprese, sia nel 1980, sia nel 1981) e Dortmund. Com’è noto, la band non ha portato in tour l’ultimo album con Waters, The Final Cut.
«Non ricordo se usavamo già i laser», dice il batterista a proposito della tournée legata all’album del 1975. «Stavamo cercando di sviluppare l’idea di light show di quando suonavano all’Ufo e al Middle Earth, coi film che diventavano sempre più elaborati. Nel bel mezzo di questa transizione dai palazzetti agli stadi, Roger stava iniziando a soffrire la distanza dal pubblico. Quando suoni in uno stadio, ti esibisci per le prime dieci file, mentre dietro c’è gente che si droga o gioca a frisbee».













