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Neil Young, 72 anni in pillole

Quella del cowboy canadese è una carriera schizofrenica che ha ispirato tutti, da Nick Cave ai Sonic Youth. E che importa di qualche disco sbagliato

Foto Rob Crandall / Alamy / IPA

Nell’estate del 1960 un Neil Young adolescente imbracciava la sua prima chitarra elettrica. Non era il suo primo strumento musicale – a quanto pare un ukulele –, ma il più importante. Perché Neil Young non è solo uno dei grandi vecchi del folk, uno dei cantautori “morali” insieme a Dylan e Springsteen; è stato il primo a usare le chitarre distorte e cacofoniche in un modo che influenzerà musicisti di tutte le razze. E se qualcuno avesse dubbi, che si andasse a guardare la lista dei musicisti che hanno partecipato a The Bridge, il disco tributo pubblicato da Caroline Records nel 1989. Flaming Lips, Nick Cave, Pixies, Sonic Youth e Dinosaur Jr; artisti diversi ma accomunati dalla gratitudine verso questo vecchio canadese ingobbito, con il viso consumato dalle rughe e sempre nascosto da un cappello da cowboy.

È tante cose, Neil Young: ambientalista, distopico, nichilista, rocker. Oggi compie 72 anni, e qui sotto trovate alcuni dei momenti più iconici della sua carriera, attraverso gli album: gli inizi da poeta della frontiera, la trilogia oscura, la tragedia della droga, le sperimentazioni tecnologiche degli anni ’80 e la rinnovata passione politica.

Il cantautore della frontiera

Harvest è sicuramente il disco più riconoscibile della discografia di Young, il suo “classico” e la consacrazione nell’olimpo della musica mondiale. È un disco delicato e rurale, che nasconde al suo interno i contorni delle sue composizioni più spettrali, una su tutte la tragica Needle And The Damage Done.

Il rapporto con la droga

Dopo la morte per overdose del roadie Bruce Barry e di Danny Whitten dei Crazy Horse, Neil Young scrive i suoi dischi più oscuri. Il primo è l’ingannevole On the Beach, che si apre con la spensierata Walk On per poi sprofondare negli otto minuti angoscianti di Ambulance Blues. Un anno dopo esce Tonight’s the Night, il suo capolavoro: un atto d’accusa verso un’epoca intera e racconto autodistruttivo della fine dei sogni del rock. «Tonight’s the Night è un disco sull’overdose. Parla della vita, della droga e della morte», ha detto nella sua prima vera intervista per Rolling Stone, nel 1975. «L’abbiamo registrato per riempire un vuoto».

L’aggiornamento tecnologico

Gli anni ’80 sono l’occasione per un aggiornamento tecnologico, rappresentato perfettamente da Trans, il suo disco più strano e discusso dai fan. L’elettronica e i filtri vocali applicati alla sua voce danno ai brani una veste sintetica. Ascoltarlo oggi è strano, ma è l’album simbolo delle sperimentazioni di quel decennio, un passaggio affascinante della carriera di Young.

Il padrino del Grunge

Dopo le sperimentazioni degli anni ’80 Young torna in tour con i suoi Crazy Horse e, nel 1991, pubblica il suo disco live più impressionante. Ascoltare Weld con un impianto bello grosso è una prova fisica, una faticaccia. È un album esagerato e rumoroso, che trasforma tutti i pezzi del repertorio in maratone di distorsioni. Recuperatelo.

I passi falsi politici

Neil Young è sempre stato un cantautore politico, ma la sua scrittura funziona soprattutto quando trasforma i temi collettivi in dramma interiore. Forse è per questo che gli episodi più “direttamente politici” della sua discografia sono anche i meno riusciti. Monsanto Years, Fork in the Road e, soprattutto, l’ultimo singolo Children of Destiny, sono pieni di retorica, dimenticabili. Se c’è qualcuno a cui il ritorno della musica politica in america ha fatto male, questo è Neil Young. Ma glieli perdoniamo tutti i dischi sbagliati, perché il canadese è un’anima inquieta e sempre in movimento, e ci sorprenderà ancora.

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