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Nakhane: dal cristianesimo estremo ai gay club di Johannesburg

Provateci voi a essere omosessuali in una comunità credente e retrograda in un Paese (ancora) iper-razzista. “You Will Not Die” è il nuovo album (e la risposta) del cantautore sudafricano.

Nakhane, cantante, musicista e attore sudafricano di 30 anni, ha tutte le carte in regola per diventare the next big thing del panorama musicale mondiale. Ha i pezzi giusti, innanzitutto. Il suo nuovo album You Will Not Die esce venerdì 16 marzo ed è un insieme di rock, soul ed elettronica dove spuntano gli echi delle sue radici africane (il primo, Brave Confusion, è uscito nel 2013). Poi ha una storia da raccontare, anche di sofferenza, perché ha scoperto presto la sua omosessualità mentre viveva a Port Elizabeth, sulla costa meridionale del Sud Africa, in una famiglia dell’etnia xhosa rigidamente cristiana, come lo era lui stesso prima di decidere di dire addio per sempre a qualsiasi religione.

In più è nero in un Paese che non ha certo finito di fare i conti con il problema del razzismo e con l’eredità dell’apartheid. Ma, cosa più importante di tutte, Nakhane esprime una grande intensità che fa subito scattare i paragoni con artisti come Anohni, Benjamin Clementine e anche l’israeliano Asaf Avidan. L’unica raccomandazione da tenere ben in mente quando gli si parla è di non nominargli i suoi connazionali Die Antwoord.

Quando lo sentiamo al telefono si trova a Parigi per promozione (in Francia è già piuttosto amato, a Rennes ha ricevuto un premio al festival Trans Musicales), la sua voce squillante ogni tanto si alza di un semi-tono quando si agita per l’emozione.

Quanta musica c’era nella tua infanzia?
Moltissima, mia madre e mia zia mi hanno fatto ascoltare di tutto: dai musicisti tradizionali sudafricani a Marvin Gaye, i Manhattan Transfer e Nina Simone. Ho studiato la batteria al liceo e la chitarra. Ho iniziato con un insegnante per un paio di mesi e poi ho voluto continuare da solo. Non volevo certo diventare un chitarrista come Jimi Hendrix o Bob Dylan, il mio livello mi andava bene per strimpellare in un parco. Mi interessava maggiormente esprimere me stesso con la voce.

Hai raccontato di esserti sentito molto oppresso nella tua adolescenza comunque.
Sì, questo soprattutto per via della religione cristiana a cui appartenevo insieme alla mia famiglia. Da adolescente avevo capito di essere gay e mi sentivo estremamente in colpa, pensavo di essere un vero peccatore. Anche perché quando faccio qualcosa, mi ci dedico al 100%, quindi quando ero credente pregavo da mattina a sera e speravo di poter guarire un giorno dalla mia omosessualità. Quando l’ha scoperto la mia famiglia non l’ha presa bene per cui mi sono voluto allontanare e mi sono buttato in tutt’altro, come i club di musica techno per gay di Johannesburgh.

È stato uno shock?
Eccome! Lasciare la religione ti lascia un senso di vuoto e di vertigine pazzesco, ti senti proprio senza paracadute. Questo album nasce proprio da un buco nero profondissimo.

Questo cambiamento ha influenzato anche i suoni oltre alle parole dei testi?
Altroché! Ho sentito come molto più autentica la musica techno dei club gay piuttosto che tanti cantautori sudafricani che devono suonare per forza in acustico.

Il titolo del tuo lavoro You Will Not Die ha a che fare con la massima “ciò che non ti distrugge ti fortifica”?
Ovvio. Un giorno ti svegli al mattino e pensi: “Ok, non sono morto neanche stavolta, anzi sono ancora più forte. In più a un certo punto bisogna anche avere il coraggio di guardare la morte in faccia e dirle semplicemente una cosa: “Fuck you!”.

In alcuni tuoi video le scene d’amore tra due uomini (in uno recita Nakhane stesso, ndr) sono molto esplicite: l’hai fatto apposta per turbare la sensibilità dei benpensanti magari molto religiosi?
No, quelle persone semplicemente non mi interessano. Se pensano che i miei video siano pieni di peccato possono smettere di guardarli e basta!

Come ti sei trovato invece a recitare in un film? (Nakhane è tra gli attori protagonisti di The Wound, film di John Trengove, scelto per rappresentare il Sud Africa agli Oscar nel 2017, ndr)?
Male. Nel senso che non mi sento a mio agio, ho sempre paura e voglia di scappare quando mi lancio in qualche nuovo progetto artistico. Solo alla fine ero soddisfatto del risultato.

Se per descrivere la tua musica ti paragonano ad artisti come Anohni o Benjamin Clementine ti fa piacere o ti dà solo fastidio?
È un onore incredibile. Anohni è per me un modello, sia come persona che musicalmente parlando. Anche Benjamin Clementine è un artista superlativo, e poi è pure bellissimo di viso e di fisico.

Li hai mai incontrati?
Oh no, non ho mai visto nessun artista di persona. È come se fossi ancora un bimbo da quel punto di vista. Certo, se li dovessi conoscere urlerei come un pazzo “Yuhiiiiii” (e qui si trasforma in un treenne che vede il cartone del Trenino Thomas in televisione, ndr). Penso che se uno ha in mente di fare un complimento lo deve fare sempre: tutti possono avere delle brutte giornate e può solo far piacere!

Ora hai iniziato a viaggiare e magari andrai a suonare presto in qualche festival dove incontrerai tutti gli artisti che ti piacciono. Qual è la cosa più bella del Sud Africa, invece, per te?
La gente. È la più calda, sexy e viva del mondo.

E la più brutta?
Le persone che lavorano la terra, in genere sono quelle che non la possiedono mai.

Invece hai avuto a che fare con i tuoi connazionali Die Antwoord? (e mentre pronuncio il nome della geniale e controversa band di Città del Capo mi vengono in mente i loro testi piuttosto rudi e violenti, decisamente non in linea con le parole sofferte di Nakhane…)
Chi? Hai detto Die Antwoord? No, guarda non li conosco e non ci tengo proprio. Anzi per me sono proprio un po’ dei coglioni. Scusa, eh, senza offesa!

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