Morgan: «Lo streaming è un abuso» | Rolling Stone Italia
Contro l’era dell’accesso

Morgan: «Lo streaming è un abuso»

Paghi la musica, ma non è tua. Ecco il monologo di ieri sera a ‘StraMorgan’ contro piattaforme e tecnocrati. «Avremmo dovuto cominciare a lottare più di dieci anni fa» per non trovarci ora «sottomessi, manipolati, passivi»

Morgan: «Lo streaming è un abuso»

Morgan nella quarta puntata di 'StraMorgan'

Foto: RaiPlay

Quasi nessuno per lo meno nel mondo della musica mainstream mette più in discussione il passaggio dall’era dello scambio e del possesso a quella dell’uso e dell’accesso, dal sistema basato sull’acquisto di CD e vinili a quello dell’ascolto in streaming, dalla musica come bene alla musica come servizio. Quasi nessuno. Ieri sera, Morgan ha dedicato alla questione una parte del più ampio monologo di apertura della quarta e ultima puntata di StraMorgan (che era su Lucio Battisti e David Bowie).

Dopo un’introduzione sulle canzoni come strumenti relazionali e presenze concrete nelle nostre vite, come «storia umana, sentimentale, culturale, sociale, famigliare», e prima della conclusione sulla necessità di assecondare la propensione dei ragazzi alle forme d’arte, Morgan si chiede: dove sono oggi le canzoni?

«Le canzoni sono il mio bagaglio culturale. E cos’è un bagaglio culturale? È una collezione di scelte accurate, archiviate, che sono disponibili all’uso. I sistemi odierni ci prendono tutto e lo chiamano condivisione, cioè sottrarre senza pagare. Compreso quello che paghiamo pure. Lo paghiamo e non ce lo danno. Loro però non pagano. La Siae non è riuscita a fare l’accordo con Meta. Loro non vogliono dare i diritti d’autore. Forti eh? Loro usano le nostre cose, diventano i potenti del mondo e non vogliono pagare».

«Da quando esiste l’archiviazione in rete, non si torna a casa con in mano l’oggetto. Dopo averlo pagato rimani a mani vuote. Hai una ricevuta che ti permette di utilizzarlo. Lo usi e torna nell’entropia, nella nuvola, dove io non posso entrare. Appartiene a un altro».

«Noto che anche persone intelligenti e colte non mettono in discussione questi aspetti coercitivi della tecnocrazia. Li accettano passivamente oppure con delle blande critiche, fino a trovarsi totalmente sottomessi, manipolati, passivi nell’arrendevole idea che il mondo va così. Quindi, il mondo va così, è lo standard, è incontestabile. Perché non c’è alternativa».

«Per tutti è normale quel che non è normale. Ovvero: che se io compro musica digitale non mi viene consegnato un file, ma un accesso a un luogo dove c’è il file. È esattamente come dire che compro una t-shirt, ma non me la danno. Lo tengono loro e io se voglio posso andare là, la metto, faccio un po’ di giri, mi specchio e poi torno a casa. Ma lo spirito critico che fine ha fatto? Sotterrato? Lo dico a chi vuole uscire da questo torpore: è un vero e proprio abuso. Qualcosa per cui avremmo dovuto lottare da più di dieci anni».

Altre notizie su:  Morgan