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Mogol risponde alla vedova di Lucio Battisti

“Mi dispiace si possa anche soltanto immaginare che io mi sia inventato di aver fatto avere una lettera a Lucio nel periodo finale della sua malattia. Non so che motivo avrebbe potuto spingermi a raccontare una bugia"

Foto: Rino Petrosino\Mondadori Portfolio\Mondadori via Getty Images

“Mi dispiace si possa anche soltanto immaginare che io mi sia inventato di aver fatto avere una lettera a Lucio nel periodo finale della sua malattia. Non so che motivo avrebbe potuto spingermi a raccontare una bugia. Tra l’altro, fu un medico a rendere testimonianza della cosa, parlandone con una giornalista”. Mogol risponde alla lettera aperta di Grazia Letizia Veronese con un’intervista rilasciata a QN, in cui dice di non aver letto, “ma di essere stato informato sul contenuto”. Precisa anche che “sulle vertenze giudiziarie si sono espressi e si esprimeranno i magistrati” e che gli interessa invece dire la sua “su un paio di particolari”.

Il primo fa appunto riferimento un passaggio in cui la vedova di Lucio Battisti lo invitava “a non raccontare più la commovente storia della ‘lettera consegnata di nascosto a Lucio’, ora da un’infermiera, ora da un medico, ora da un non meglio identificato ‘professore’”.

Il secondo punto della replica riguarda il fatto che la lettera aperta di Veronese fosse indirizzata al ‘ragionier Giulio Rapetti, imprenditore, in arte Mogol, paroliere’: “Ecco, io ho sempre considerato una forma di mancanza di rispetto l’uso del termine paroliere per chi scrive versi destinati alle canzoni”, spiega Mogol. “E Lucio la pensava come me. Non l’ho fatto solo per la mia persona, ma per chiunque faccia o abbia fatto questa cosa. Paroliere è chi realizza lo schema delle parole crociate, cinque orizzontale tre lettere, sei verticale otto lettere. È come quando ad un giornalista si da’ del giornalaio, è un modo spregiativo di valutare il lavoro di una persona. È una questione di principio”.

Nell’intervista, a Mogol viene anche chiesto conto della fine del suo sodalizio con Battisti dopo l’album Una giornata uggiosa nel 1980: “Per la milionesima volta: non litigammo, non ci fu nulla di personale. Fu una questione economica. Io trovavo giusto che i diritti sulle canzoni fossero ripartiti paritariamente tra noi, nonostante la legge dicesse un’altra cosa. Lui inizialmente sembrava d’accordo, invece andò a casa e cambiò idea e ci separammo”.

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