Terza serata del Mawazine Festival, Marocco. Nel nome di Bob Marley | Rolling Stone Italia
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Terza serata del Mawazine Festival, Marocco. Nel nome di Bob Marley

I suoni reggae e R&B trionfano Sean Paul e i nigeriani P-Square. Il pubblico del secondo festival al mondo per partecipanti ondeggia come in Giamaica

Sean Paul e la sua crew a fine concerto, al Mawazine Festival, Rabat (Marocco). Foto © Sife El Amine

Sean Paul e la sua crew a fine concerto, al Mawazine Festival, Rabat (Marocco). Foto © Sife El Amine

Per leggere questo pezzo dovete avere almeno una catena d’oro al collo, se no non potete capire. La terza serata del Mawazine Festival, a Rabat (Marocco), è stata la serata del beat latino e dell’orgoglio tamarro. Preparatevi a muovere il bacino.

Sean Paul
In due parole: Danza Kuduro

Sean Paul e le vibrazioni positive al Mawazine Festival, Rabat (Marocco). Foto © Sife El Amine

Sean Paul e le vibrazioni positive al Mawazine Festival, Rabat (Marocco). Foto © Sife El Amine

La gente è più o meno la stessa che c’era, nei giorni precedenti, per Jennifer Lopez e Pharrell – si conferma il valore “scolastico” del festival: è gratis, si va lì per fare serata, si torna conoscendo un artista in più. Sean Paul sa il fatto suo: asciugamano bianco sulla spalla, mano sinistra che va su e giù e pedalare: basta un attimo e le due sponde dell’Atlantico si uniscono nel nome del tamarro. Macchine del fumo che sparano verso l’altro, nuvole di coriandoli ad ogni canzone, molte dediche per le «sexy ladies che suono qui stasera». Sean Paul procede dritto filato con il suo toaster reggae (quella cantilena salmodiante tipica del genere, una sorta di antenato del rap). Ci spiace per Pharrell, ma questa sera tutti ballano per tutta la scaletta. Scatta la gara tra i ragazzi a ballare a torso nudo, in alto, con i piedi sulle spalle degli amici. Siamo in pieno Latinoamericando, sembra di stare dentro a un’auto coi cerchi cromati, l’impianto stereo maggiorato e le casse che pompano. «Questo è un concerto reggae molto speciale», dice Sean Paul, che vince facile con una No Woman, No Cry.

P-Square
In due parole: serenata rap

I gemelli nigeriani P-Square. Foto Sabir El Mouakil

I gemelli nigeriani P-Square. Foto Sabir El Mouakil

I P-Square sono campioni mondiali di autotune. I due gemelli dell’R&B nigeriano (Peter e Paul Okoye) usano quest’effetto in qualunque canzone e le voci prendono quell’effetto straniante un po’ alla Eiffel 65. Sono diventati famosi vincendo un talent show nel loro paese, ma qui sono conosciuti solo per una canzone, il remix in arabo di un loro pezzo. Fanno un rap dalla cassa lenta, spesso finiscono nel reggae. Fanno persino un paio di lentoni infiniti. I due sono vestiti uguali e fanno le stesse mosse, come se fosse nuoto sincronizzato. Stimolano l’orgoglio africano («Siete africani come noi o no? Su le mani») dei numerosissimi presenti e anche loro vincono facile con un pezzo di Bob Marley, One Love. La famiglia Marley ringrazia.

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