Massive Attack: «La notizia non sono i Kneecap, ma il genocidio a Gaza» | Rolling Stone Italia
Guerre vere e culturali

Massive Attack: «La notizia non sono i Kneecap, ma il genocidio a Gaza»

La band difende il trio dopo le prese di posizione contro il governo di Israele. Pulp, Idles, Fontaines D.C. si schierano contro gli appelli dei conservatori per far rimuovere i rapper dai festival estivi

Massive Attack: «La notizia non sono i Kneecap, ma il genocidio a Gaza»

Robert Del Naja dal vivo nel 2019 coi Massive Attack

Foto: Jim Dyson/Getty Images

I Massive Attack hanno difeso i Kneecap dagli attacchi subiti negli Stati Uniti, dopo gli slogan contro Israele al Coachella, e in Inghilterra, dopo la diffusione di video di vecchi concerti in cui inneggiavano ad Hamas e Hezbollah e dicevano che «l’unico Tory buono è un Tory morto».

Dopo il messaggio del trio rap di Belfast, che ha chiesto scusa alle famiglie di Jo Cox e David Amess, parlamentari del Regno Unito assassinati, e ha detto di non avere mai sostenuto Hamas, né Hezbollah, i Massive Attack hanno detto la loro sui social, mentre in Inghilterra politici di destra chiedono la rimozione dei Kneecap dai cartelloni dei festival estivi come Glastonbury o TRNSMT.

«Se i politici di alto livello non riescono a trovare il tempo e le parole per condannare, per fare un esempio, l’assassinio di 15 operatori umanitari a Gaza o la fame imposta illegalmente alla popolazione civile e usata come arma, o ancora l’uccisione di migliaia di bambini da parte di uno Stato che possiede le armi di precisione più avanzate al mondo, quale peso dovremmo dare ai loro consigli sugli artisti da invitare a un festival?», scrivono i Massive.

«Come band che da oltre trent’anni prende pubblicamente posizione contro l’occupazione illegale, l’apartheid e l’uccisione impunita di migliaia di palestinesi, siamo consapevoli dei costi in termini di vite umane del silenzio dei politici e delle implicazioni economiche derivanti dall’esprimere pubblicamente solidarietà a un popolo oppresso».

In riferimento alle frasi dei Kneecap contro i politici, i Massive scrivono che «le parole contano» e che gli omicidi di Jo Cox e David Amess fanno capire «che non c’è spazio per leggerezza e irresponsabilità». Detto questo, «i politici e i giornalisti di destra che costruiscono dal nulla un’ondata di indignazione per le parole dette sul palco da una giovane band punk, mentre allo stesso tempo nascondono o addirittura ignorano un genocidio che sta avvenendo in questo esatto momento (e che comprende l’uccisione di un numero senza precedenti di giornalisti) hanno davvero il diritto di intimidire gli organizzatori dei festival per spingerli a compiere atti di censura politica? La notizia non sono i Kneecap. La notizia è Gaza. La notizia è il genocidio».

La notizia, continuano, sono «il silenzio, l’acquiescenza e il sostegno ai crimini contro l’umanità». Perciò il gruppo esprime «solidarietà agli artisti che hanno il coraggio di denunciare i crimini di guerra israeliani e la continua persecuzione e il massacro del popolo palestinese».

 

 
 
 
 
 
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Intanto, decine di artisti hanno sottoscritto una lettera della Heavenly Recordings sulla salvaguardia del diritto di espressione di fronte agli appelli di politici conservatori affinché i Kneecap vengano esclusi dai cartelloni dei festival estivi.

Sono una quarantina gli artisti (e non solo) che hanno firmato l’appello. Tra di essi, Pulp, Idles, Fontaines D.C., Paul Weller, Primal Scream, Pogues, Sleaford Mods, gli stessi Massive Attack.

«La settimana scorsa» si legge «si è assistito a un chiaro e concertato tentativo di censurare e, in ultima istanza, rimuovere i Kneecap dalla scena pubblica». Di fronte a tale tentativo, «sentiamo il dovere di esprimere la nostra opposizione a qualsiasi forma di repressione» della libertà di espressione degli artisti. E ancora: «In una democrazia, nessun politico e nessun partito dovrebbe avere il diritto di decidere chi può o non può esibirsi in concerti e festival di fronte a migliaia di persone».

Se si condividono o meno le idee dei Kneecap, scrivono alla Heavenly Recordings, «è irrilevante. È interesse fondamentale di ogni artista che ogni forma di espressione creativa sia protetta in una società che valorizza la cultura, e che questa campagna di interferenza venga condannata e ridicolizzata. È anche dovere delle figure che guidano l’industria musicale attivarsi per difendere la libertà di espressione artistica e non cercare di silenziare opinioni contrarie alle proprie».

 

 
 
 
 
 
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